Il Product Placement: da pubblicità occulta a
comunicazione di qualità
Una leva di marketing di qualità, che deve essere integrata
all'interno di una strategia di comunicazione in funzione degli obiettivi
aziendali, con la consapevolezza dei suoi processi ideativi e con competenze
specifiche.
di Salvatore Floridia
Si
è conclusa il 29 Giugno la prima edizione del “Product Placement & Location
Festival”, che ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di
imprenditori, agenzie di comunicazione e produttori indipendenti, impegnati
nell'approfondire le tematiche dei workshop legate al Product Placement.
Product Placement letteralmente significa "presentazione di prodotti" e
si riferisce al fenomeno per cui determinati prodotti e/o servizi
identificati con i loro segni commerciali compaiono in un contesto che di
per sé non è pubblicitario, bensì di intrattenimento audiovisivo oppure
editoriale.
Il quadro normativo italiano considera e disciplina il fenomeno nella sua
configurazione di pubblicità camuffata perché produrrebbe un inganno nel
pubblico dei consumatori, facendo loro credere che non sia pubblicizzato ciò
che invece lo è. Ma è evidente che questo rischio può verificarsi soltanto
laddove non vi sia alcun nesso fra le esigenze narrative e la presentazione
dei prodotti e/o dei servizi oppure il nesso sia solo quello dettato da una
logica puramente commerciale.
Oggi il Product Placement rappresenta l'incontro fra una "domanda"
originata da esigenze di rappresentazione artistica ed una "offerta" di
prodotti e/o servizi presenti nel mercato. La selezione di prodotti e/o di
servizi è frutto di una nuova professionalità, e cioè della capacità di
cogliere opportunità commerciali da esigenze di produzione artistica e di
intrattenimento. Il Product Placement, è quindi una nuova leva di
comunicazione che deve essere gestita, all’interno di una strategia
aziendale, con la consapevolezza dei suoi processi ideativi e con competenze
specifiche nella traduzione degli obiettivi di marketing all’interno
dell’azienda. Il mercato è rappresentato da pochi operatori qualificati,
agenzie che, ognuno con specifiche peculiarità, facilitano il rapporto tra
Azienda e Produzione Audiovisiva e gestiscono l’operatività con le case di
produzione.
La difficoltà maggiore per le agenzie è rappresentata dalla formulazione
di contratti o accordi con le Aziende. L’agenzia può procedere in tre modi:
facendo un’analisi dalle esigenze narrative dei film in produzione (analisi
delle sceneggiature) per poi proporre al mercato Aziende progetti di “inserimento”;
affiancando il Cliente Azienda, ricevendo un Brief e un Budget e un fee
annuale, per la ricerca delle opportunità di Comunicazione all’interno di
Produzioni audiovisive in linea con gli obiettivi aziendali; procedendo con
una tentata vendita incentrata sulla necessità di abbassare i costi di
produzione soprattutto attraverso il cambio merci.
Questa terza “metodologia”, tipicamente utilizzata direttamente dalle
produzioni audio video in una ottica di “saving”, mette in luce che il
Product Placement non è certo un’invenzione recente, perchè antica è la
pratica di “barattare” merce contro visibilità.
Oggi parliamo di Product Placement come novità, perché cominciano a
comparire figure professionali capaci di gestire il processo in maniera
pianificabile, e a regolamentare il “flusso di soldi” in un modo più
trasparente. Una necessità, tenuto conto dei cospicui investimenti in azioni
di Product Placement, in crescita negli ultimi anni.
In base ad una ricerca Aegis Media, basata sul fatturato presunto ponderato
sul dichiarato, nel 2004 si contavano 30 aziende che hanno investito nel
Product Placement per 10 film, con una cifra totale annua di euro 800.000,
mentre nel 2007 con 86 aziende che hanno investito per 26 film la somma
annua di 6.300.000 euro.
Gli USA trattano il cinema come una vera e propria industria, un
approccio che favorisce molto lo sfruttamento del Product Placement come
leva di Marketing, basti pensare a 007 con Aston Martin, Sex and The City ,
un vero e proprio consorzio di beni di lusso, o il pallone Wilson
addirittura co-protagonista in Cast Away .
In Italia il cinema è “un’opera culturale”, indipendentemente dalla levatura
della sceneggiatura, un ambiente meno incline al PP., anche se sempre meno
ostile alla partecipazione delle aziende.
Una tendenza, che ci “teletrasporta” dalla pubblicità occulta delle
sigarette degli anni 80 a produzioni come: “Come tu mi vuoi” (Campari,
Richmond, Gucci), o “Lezioni di cioccolato” (Perugina, Lines, Oust, San
Pellegrino, Matta Jeans), o ancora “Natale in Crociera” (Costa Crociere,
Calzedonia, Acer, Radio Montecarlo).
Esistono esempi come “Amore Bugie e Calcetto” che vede un interessante P.P.
di Radio Italia, moto ben studiato e ben realizzato, e addirittura degli
esempi di Naming Placement
come il prossimo P.P. di Crodino , “L’ultimo Crodino”, che verrà presentato
al prossimo Festival a Venezia.
I dati riferiti al P.P. Sono calibrati sul mercato “Cinema”, perché le
produzioni televisive (in attesa dell’adeguamento della normativa Europea)
sono ancora costrette a un mercato sommerso e in riferimento ad “Iniziative
Speciali” , che rendono difficili, nel complesso, procedere con valutazioni
economiche precise. Non è quindi possibile in questo caso ricevere dati
precisi di redemption ed essere confortati anticipatamente sui risultati di
comunicazione, in relazione agli investimenti.
Per questa ragione è necessaria una figura interna all’azienda, che si
occupi di inquadrare questo tipo di attività in una strategia complessa, che
affianca e completa gli obiettivi di comunicazione “tradizionali” come
copertura e frequenza utilizzando strumenti qualitativi e non quantitativi.
L’agenzia “giusta” avrà il compito di garantire il trattamento e la qualità
dell’inserimento.
Per incrementare l'esistenza di figure aziendali capaci di ricevere e
valutare le offerte di visibilità e tradurle in opportunità “commerciali”,
stanno entrando sul mercato Master dedicati ai Marketing Manager delle
aziende e ai planner delle agenzie Media. In particolare, è necessaria
un’integrazione armonica con tutte le altre discipline di comunicazione per
costruire strategie efficaci anche in termini di copertura e frequenza.
Il Product Placement è più che mai un esercizio di posizionamento strategico,
capace di grandi risultati in termini qualitativi e adatto a strategie di
differenziazione rispetto alla concorrenza in un “ambiente” non affollato e
con un grado di attenzione/ricordo rispetto alla comunicazione “classica”
impressionante. E' importante ricordare che la qualità e la creatività non
sono da considerarsi “optionals”, perché sono in grado di fare la differenza
tra un grande successo e l’esposizione a critiche impietose. L’opera filmica
resta un patrimonio di tutti e va trattata con grande attenzione proprio
perché i confini tra comunicazione aziendale e spettacolo si fondono. Non è
mai stata tanto vera, come in questo caso, l’affermazione: “Un buono
spettacolo è buona comunicazione”.
29-Lug-2008
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