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Formazione manageriale, leva per crescere

L’attuale scenario competitivo, caratterizzato da una spiccata discontinuità, impone alle organizzazioni che vogliono crescere un ripensamento della formazione manageriale, leva necessaria per costruire e trasmettere le nuove competenze indispensabili al business.

di Giuseppe Fumagalli

Lo scenario industriale

Le scelte operate oggi da molte aziende puntano a crescere, pur se in presenza di condizioni esterne sempre più difficili: concettualmente, l’operazione può essere vista come il tentativo di riattivare una fase di crescita nel ciclo di vita dell’impresa attraverso un nuovo percorso di sviluppo, prima che gli elementi di discontinuità presenti nel mercato aggravino la fase di maturità indebolendo l’organizzazione. Il processo coinvolge anche la cultura d’impresa, che può essere vista come il filo conduttore lungo il quale si snoda la vita di una organizzazione.
I manager si trovano così a dover fronteggiare situazioni contraddittorie, che rappresentano gli elementi di discontinuità generale del mercato: “l’economia della conoscenza” impone l’introduzione della materia prima “informazione” nei processi produttivi, cambiamento epocale che costringe a ripensare completamente il business.

I dilemmi che il manager deve oggi affrontare possono essere così sintetizzati:

Queste apparenti contraddizioni vanno superate attraverso una logica di sintesi, intesa come l’unione degli opposti, che richiede la capacità di gestire il paradosso, in cui due tesi contrapposte possono essere vere entrambe.
Queste problematiche, che si collegano ai concetti di “fenomeni caotici e casuali”, portano a considerare come superato quell’approccio del management classico dove tutto è ordine ed equilibrio. Il modello fondato sulla semplificazione e sulla scomponibilità, in linea generale non costituisce più un principio di intelligibilità del sistema, con un conseguente passaggio dal determinismo ad una sorta di indeterminismo, e, per tornare al problema, dalla continuità alla discontinuità.
La sfida diventa quella di continuare il processo di crescita di una azienda pur in presenza di crescenti difficoltà di business e di mercato, dove le leve sono diventare più veloci, avere le persone migliori, focalizzare l’attenzione sui processi connessi all’economia della conoscenza, e rafforzare una strategia ispirata ai principi della Responsabilità Sociale d’Impresa.
Tutto questo porta alla considerazione che non è più possibile interpretare il futuro come una continuazione del passato.

Le ricadute sulla formazione manageriale

Questo quadro ha forti ricadute anche sulla formazione manageriale: le scuole manageriali tradizionali sono ancora molto focalizzate sugli aspetti hard, e la gestione aziendale è ancora fortemente connotata dagli aspetti “contabili” e dal focus sull’efficienza. Occorre invece creare nel manager quella forma mentis necessaria a gestire i paradossi tipici della nuova “era” in cui le aziende sono entrate, ed in particolare l’esigenza di vedersi proiettati in termini di “discontinuità manageriale”.
Il processo e le criticità delineate richiedono quindi una attenzione particolare su una serie di temi e di problematiche che vengono affrontate nella formazione manageriale; in particolare quella rivolta ai neo-dirigenti, che si trovano nella condizione, disagiata ma privilegiata, di affrontare i problemi operativi connessi alla traduzione delle sfide poste alla società, in una fase di “costruzione” dell’identità manageriale dove tutto, o quasi, è ancora possibile.

I possibili temi da sviluppare sono, in linea generale, quelli dello sviluppo del “pensiero laterale” e della capacità di gestire il paradosso. Per favorire la riattivazione di una “fase di crescita” nel ciclo di vita dell’azienda, occorre inoltre che il manager, in un’ottica di sviluppo personale e di potenziamento del sé, sappia gestire la capacità e la predisposizione ad apprendere, pur in presenza di una sistematizzazioni del sapere aziendale nel campo del knowledge management; la “tolleranza” verso nuove idee, per favorire e premiare un pensiero in grado di uscire dagli schemi tradizionali; e infine la capacità di gestire il possibile aumento di conflitti che questa “tolleranza” può comportare.
Sul piano dello sviluppo dell’organizzazione, il manager deve venire supportato nel processo di rafforzamento della consapevolezza della identità di ruolo, attraverso lo sviluppo del senso di appartenenza e dell’identità aziendale. A questo va affiancata la capacità di concentrarsi sulla valorizzazione del potenziale umano a disposizione piuttosto che sui soli obiettivi assegnati e sulle attività gestite: sfida questa particolarmente critica, in relazione alla crescente competitività che le aziende dovranno affrontare sui mercati e alla criticità di saperla vincere attraverso innovazione e nuove competenze manageriali.

Una bella sfida, per le direzioni risorse umane: che devono trovare un “equilibrio” e un approccio integrato e coerente tra le diverse aree specialistiche interne che sono coinvolte.

20-Apr-2008

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