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      | La gestione delle diversità: quando l’etica 
		favorisce lo sviluppo del businessHuman Assets Italy 2008 affronta il tema 
		della diversità in azienda e della gestione del tempo nel “work and life 
		balance”. Molti punti di vista e interessanti case histories da parte 
		dei direttori HR di Pirelli, Tod’s, L’Oreal, Pfizer. di 
		Enrico Ratto 
		 La 
		gestione della diversità degli uomini e delle donne che lavorano in 
		azienda. Intorno a questo tema si è svolta la due giorni di
		Human Assets 
		Italy organizzata il 28 e 29 febbraio 2008 a Montecarlo da Naseba. Primo giorno di lavori dedicato esclusivamente al “diversity management” 
		(moderato da Giordano Fatali di HR Community) e con interventi di 
		Roberto Zecchino di Bosh Italia, Adolfo Martini di L’Oreal Italia, 
		Vittorio Biagioni di Pirelli e Alberto Bernadr di PPfizer Global 
		Manufactoring. Settori diversi, esigenze differenti, diverse strade 
		intraprese per mettere in relazione quelli che sono emersi essere i nodi 
		intorno al quale si gioca la partita del diversity manager: personale 
		dello stesso stabilimento, personale operante in stabilimenti e Paesi 
		diversi, una stessa filosofia aziendale da condividere come un frame 
		all’interno del quale muoversi. Il manager delle diversità che, da come 
		emerge nelle case history aziendali, è comunque spesso un personaggio 
		che in Italia ricopre altri ruoli. Ma quale è il mestiere del diversity 
		manager? “Attenzione alla multiculturalità e alla diversità con azioni 
		prima di tutto di comunicazione, poi procedurali, formative, di 
		sviluppo” spiega Vittorio Biagioni di Pirelli, presente in 160 Paesi nel 
		mondo in un settore, come quello industriale, sicuramente più difficile 
		da differenziare rispetto al settore dei servizi o commerciale (Pirelli 
		è un’azienda che non lavora per il Paese in cui produce, ciò significa 
		rispettare degli standard di produzione internazionali, gestire una 
		connessione tra i vari stabilimenti, e amministrare forniture e commesse 
		tra gli stabilimenti nei diversi Paesi). “La gestione della diversità è 
		da interpretare in una logica di business” continua Biagioni “non di 
		etichetta, né di mode. La diversità significa sviluppo, crescita. In 
		realtà si parla sempre più spesso di inclusion, piuttosto che di 
		diversity”. L’inclusione delle diverse culture in azienda, spesso 
		apportano notevoli vantaggi in quei settori – o uffici – in cui è 
		richiesto uno sforzo creativo maggiore.
 “A Parigi, L’Oreal ha una stanza chiamata Stanza del Confronto” spiega 
		Adolfo Martini, Direttore Risorse Umane L’Oreal Italia “E’ un po’ il 
		simbolo dei nuovi brainstorming, delle riunioni un cui mi presento con 
		un’idea, la difendo, provo anche degli shock culturali, il tutto per 
		ottenere un risultato migliore”. Inclusione sembra essere un termine 
		molto diffuso anche in Pfizer, settore farmaceutico, colosso da 
		centomila dipendenti nel mondo: il brano scelto da quest’azienda per il 
		clip è “One”, e la voce di Bono sposta l’attenzione dal business alle 
		immagini, reali, di un mondo imprenditoriale dove la diversità deve per 
		forza, per ragioni di condivisione di uno stesso futuro, essere tenuta 
		in considerazione come variabile da cui passa il successo o l’insuccesso 
		dell’azienda. “Il denaro non serve più per trattenere i talenti” spiega 
		Alberto Bernard, direttore risorse umane di Pfizer “Nella scala dei 
		valori, chi lavora è ormai spostato sull’autorealizzazione. Questo 
		significa che entreranno in gioco sempre più valori, e sempre meno 
		variabili economiche e materiali. La gestione della diverse culture 
		diventa fondamentale”.
 Anche la giornata dedicata al “work and life balance” in realtà tratta di 
	diversità. Se il problema è gestire il tempo – e i luoghi – delle persone 
	che lavorano in azienda, allora il problema sarà gestire le diverse esigenze 
	di queste persone. Per questo Nicoletta Bencivegni di Coop Adriatica parla 
	di “Orario a isole”, ovvero l’interrelazione tra diversi orari di diverse 
	persone raggruppate in “squadre”: ogni squadra può gestire autonomamente gli 
	orari di lavoro, condizione necessaria perché questo meccanismo funzioni è, 
	appunto, l’eterogeneità dei membri di ogni squadra (non tutti giovani, non 
	tutte donne, non tutte persone sposate). Antonella Padova di Tod’s parla di 
	work and work balance “visto che in azienda bisogna restare” spiega Padova 
	“tanto vale strutturare l’azienda. Non si tratta di scegliere quando andare 
	a lavorare, non si tratta di trovare flessibilità di orari, visto che Tod’s 
	è un’azienda dove la maggior parte del lavoro viene svolto da gruppi di 
	lavoro, per cui la presenza fisica è fondamentale”. Per questo l’equilibrio 
	tra la vita privata e la vita lavorativa non può essere sempre stimolato 
	dall’azienda. “La soluzione l’abbiamo trovata facendo un passo indietro, a 
	monte: assumiamo persone già equilibrate, che sappiano già gestire il loro 
	bilanciamento del tempo” conclude Antonella Padova.  Gestione del tempo e gestione delle diversità. Due concetti che non 
	sempre possono essere formalizzati, ma che derivano dai “buoni esempi” e 
	dalla pratica quotidiana del management, più che dai codici della struttura 
	aziendale. Per questo, provocatoriamente, c’è chi ritiene poco utile un 
	diversity manager in azienda, e preferirebbe che la gestione delle diversità 
	fosse prerogativa dello stesso direttore generale, del top management, fosse 
	stabilito a livello di etica d’impresa, non di operatività. (resta aperta la 
	domanda: e poi, chi gestisce la sua applicazione?). Sicuramente, le aziende 
	moderne devono tener conto di due tipi di contratto quando decidono di 
	assumere un collaboratore: uno formale e uno psicologico. Il primo si firma, 
	il secondo si costruisce giorno dopo giorno. 4-Mar-2008 
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