Si chiama TPS, Toyota Production System, ed
è il nuovo modello gestionale imposto all’attenzione del mondo dalla casa
automobilistica giapponese Toyota.
Un modello gestionale innovativo, che punta tutto sulla produzione.
di
Rosvanna Lattarulo
Nato ed affermatosi durante gli anni
90, quando molti manager dei paesi industrializzati hanno concentrato le
proprie energie sul settore finanziario per realizzare facili guadagni, il
Toyota Production System è nato per dare una risposta all’esigenza di
migliorare le performances aziendali. Questa nuova filosofia
aziendale, denominata “Monodzukuri” ed elaborata dall'ingegnere giapponese
Taiichi Ohno pone al centro la produzione, quale anello fondamentale per
soddisfare i clienti, attraverso un miglioramento continuo a tutto campo del
prodotto/servizio.
Obiettivo ambizioso, questo, che può esser raggiunto solo se lo perseguono
tutti gli anelli della catena produttiva, dai manager agli operai.
La valorizzazione delle risorse umane e delle proprie competenze e capacità
è ritenuto uno dei fattori cruciali per la buona riuscita di un’attività.
Pensiamo, ad esempio, al ruolo fondamentale che ricoprono, ad esempio, gli
operai. Sono loro ad avere l'ultima parola sul fronte della qualità.
Taiichi Ohno, racconta che gli operai, se lo ritengono opportuno, hanno
il potere straordinario di interrompere una catena di montaggio:
«controllano direttamente il processo, prendono in prima persona le
decisioni, così da risolvere il problema nel momento in cui sorge, non in
una fase successiva, quando ormai potrebbe essere troppo tardi».
«Più che una rivoluzione dei metodi di gestione giapponesi - chiarisce
Carlo Filippini, 75 anni, direttore dell'Isesao (Centre for East Asian
economic and social studies) della Bocconi – siamo di fronte ad
un'evoluzione, a un nuovo modo di considerare, in maniera unitaria, il
processo produttivo; un'ulteriore modifica al vecchio paradigma della
produzione manifatturiera. È probabile che, in questo caso, ci sia una
maggiore attenzione alla gestione del personale e alla valorizzazione del
capitale umano».
E i vantaggi che ne derivano sono molteplici ed evidenti: dal
contenimento dei costi all’accelerazione dei ritmi di pianificazione della
produzione, dal miglioramento della qualità alla riduzione della durata dei
processi fino alla maggiore affidabilità nelle consegne.
Un metodo che non passa inosservato. Soprattutto per chi occupa posizioni
manageriali di altissimo profilo. Sergio Marchionne, Amministratore Delegato
Fiat, ad esempio, racconta: «riconosciamo in maniera indiscutibile la
distanza tra noi e la Toyota quale miglior concorrente del settore, la
"macchina perfetta", il livello al quale dobbiamo e vogliamo arrivare. È un
modello industriale in cui non vengono fatti errori. In catena di montaggio
si deve arrivare allo zero per cento di sbagli».
Nel nostro Paese le aziende manifatturiere sono sensibili all'innovazione
e all'integrazione tra produzione e sviluppo di nuovi prodotti (con un
ricorso alla lean production e al just in time), al fine di raggiungere una
pianificazione della produzione più agile (da mensile si fa settimanale, con
ripercussioni sui «lead time»).
Ma far entrare il TPS nella vita di un’azienda non è semplice. Tanaka
Minoru, 54 anni, presidente della Jmac Europe Milano e consigliere della
Camera di Commercio e dell'Industria giapponese, è convinto che in Europa e
negli Stati Uniti il Tps non venga applicato nella maniera corretta, perché
un sistema di produzione a costo minimo è difficile da ottenere. E,
soprattutto, non lo si realizza nel giro di un mese o di un anno: «le fasi
dell'intervento sono connesse. Molte aziende partono dalla fine. E
l'intervento non produce effetti».
12-Lug-2007