Essere Made in Italy. Essere i più amati dagli
italiani.
Il Gruppo Scavolini parla italiano,
comunica l’italianità e vanta una produzione esclusivamente italiana.
Eccellere ha intervistato Valter Scavolini, fondatore e presidente
dell’azienda marchigiana, il quale spiega come possono convivere business
e rigore imprenditoriale.
di Enrico Ratto
Valter
Scavolini
Fondatore e Presidente del
Gruppo Scavolini
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Scavolini ha sempre guardato
all’italianità come un punto d’orgoglio, prima ancora che il Made in Italy
diventasse quel valore che, se ben comunicato, era in grado di generare
business. Anche durante gli anni ’80, quando la concorrenza orientale del
“basso costo” non era ancora un problema, Scavolini era già “la cucina più
amata dagli italiani”. Scavolini ha sempre parlato italiano agli italiani.
Il gruppo è nato nel 1961 a Pesaro, nel 2005 ha fatturato 179 milioni di
Euro, e oggi guarda all’estero come ad un’opportunità, soprattutto nel
segmento alto, nel mercato del lusso.
Signor Scavolini, può tracciare in pochi punti i cambiamenti che
sono stati apportati alla comunicazione di Scavolini in 45 anni di
storia?
Scavolini ha iniziato a fare comunicazione nel 1975. Inizialmente abbiamo
sponsorizzato la squadra locale di basket, veicolo immediato per parlare ai
nostri rivenditori. Allo stesso tempo abbiamo iniziato a fare pubblicità in
televisione, utilizzavamo un cuoco sotto forma di cartone animato. Nel 1984
è arrivato il primo testimonial: Raffaella Carrà, nel momento migliore della
sua carriera. Era lei la più amata dagli italiani. Dopo tre anni abbiamo
scelto Lorella Cuccarini, nostra testimonial per diciassette anni. La
Cuccarini ha sempre avuto un’immagine pulita, acqua e sapone. E le nostre
cucine vengono acquistate dagli uomini ma devono prima di tutto piacere alle
donne: quel testimonial ha rappresentato per diciassette anni le nostre
donne.
Oggi avete scelto di non avere testimonial…
Da un anno non abbiamo più testimonial. Abbiamo valutato che il marchio è
riconoscibile e può reggersi anche senza testimonial.
Esiste un legame tra la politica aziendale rigorosamente italiana e la
comunicazione di Scavolini, anch’essa fortemente italiana nell’uso delle
parole, nello stile?
Sicuramente oggi anche l’acquirente italiano guarda da dove viene il
prodotto. Essere italiani non è solo un vantaggio competitivo nel mercato
estero, ma lo è anche in Italia. Ognuno di noi acquista più volentieri
prodotti italiani. Per quanto riguarda l’estero, noi cerchiamo di far leva
su tutto ciò che significa storicamente essere italiani: ricerca del design,
elevata qualità, fornitura di servizi aggiuntivi. Con i mercati dell’est o
della Cina non saremo mai competitivi sui prodotti di basso costo, ma
vinceremo solo sui prodotti di immagine.
E
la scelta aziendale di non delocalizzare a che cosa è legata?
Non delocalizziamo perché sono convinto che se tutti quanti facessimo
uno sforzo per continuare a produrre in Italia, si potrebbero superare molti
dei problemi dell’impresa italiana. E’ chiaro che l’apertura all’estero può
esserci, per esempio attraverso filiali commerciali, sedi di rappresentanza,
ma non con la produzione. Noi industriali dovremmo prima di tutto fare il
nostro dovere qui in Italia.
Torniamo alla comunicazione Scavolini. Anche in una collocazione più
alta del marchio, la televisione resta sempre il mezzo privilegiato?
La tv è sempre il primo mezzo per qualsiasi campagna. Ovviamente la tv è più
importante per comunicare il marchio che il prodotto.
Oltre alla televisione, come è suddiviso il budget di Scavolini?
Utilizziamo praticamente tutti i mezzi, a 360 gradi. Dalla televisione, alle
sponsorizzazioni, alla stampa, al web, ai cataloghi per i rivenditori. Circa
il 30% del budget è destinato alla televisione, un altro 30% alla stampa. Il
resto viene spalmato su tutti gli altri mezzi.
Se dovesse individuare un solo grande merito di Scavolini, quale
citerebbe?
Non esiste un solo punto di forza. Oggi non si vince più la concorrenza su
un solo fronte, si devono mettere insieme una serie di valori. Non puoi fare
pubblicità senza avere il prodotto, così come non puoi avere ottimi prodotti
senza dare il servizio.
Da qualche anno Scavolini ha una Fondazione. Anche il gruppo
marchigiano guarda con interesse al connubio impresa – cultura?
Da tempo siamo impegnati e sensibili sul nostro territorio. Ma a
differenza di altri progetti come Illy che si impegnano molto sul legame tra
impresa e cultura, la nostra Fondazione non opera su scala nazionale,
lavoriamo a progetti dell’area di Pesaro e delle Marche.
20-Ottobre-2006
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