Apple, la fabbrica dei sogni
Un tuffo nella cultura e nella storia
dell'azienda di Cupertino che, in poco più di trenta anni, ha
radicalmente cambiato il modo di pensare e vivere la tecnologia
informatica.
di
Paolo Di Michele
Apple è universalmente nota per l'innovatività e la semplicità delle
soluzioni tecniche adottate, la cura maniacale del sobrio ed ergonomico
design e l'estrema facilità d'uso dei suoi prodotti. Eccellere ha
intervistato Antonio Dini, giornalista e saggista autore del libro "Emozione
Apple", per ripercorrere con lui le tappe che hanno portato questa impresa a
diventare un caso da manuale dell'industria informatica e non solo.
Leggendo il suo ultimo libro "Emozione Apple" ci è sembrato di
cogliere una grande passione per questa impresa da parte sua Quando e perché
ha deciso di raccontarla?
Scrivere
questo libro è stato l'incontro di passioni e pulsioni diverse. Da un lato,
come utente Mac coinvolto dalla fine degli anni Novanta nella comunità Mac
italiana, c'era il desiderio di restituire con qualcosa di utile e tangibile
il sentimento di fratellanza che per tutti questi anni ho sperimentato
incontrando di persona o virtualmente individui straordinari. Da un altro,
come giornalista che si occupa di tecnologie ed innovazione viaggiando a
partire dal 2001 negli Usa e nel resto del mondo, ho all'improvviso capito
che avevo anche un privilegio straordinario rispetto ai miei colleghi
italiani: aver incontrato di persona e intervistato praticamente tutte le
fonti di questa epopea spettacolare (e molte altre). Infine, l'esperienza
soggettiva che mi ha fatto conoscere Apple negli anni - partecipando a quasi
tutti i keynote di Steve Jobs e provando o possedendo la maggior parte dei
prodotti e delle tecnologie realizzate da Apple - mi ha dato la speranza di
potermi muovere su un terreno che conoscevo e conosco bene. Ovverosia, di
poter raccontare con cognizione di causa e senza eccessiva superficialità i
passaggi fondamentali di una storia e soprattutto il loro significato,
almeno secondo me. La vera difficoltà è stata, visto che esistono altri
libri su Apple spesso scritti da giornalisti di straordinario talento e
capacità di esecuzione, di trovare una strada che fosse davvero mia.
Le vicende che hanno segnato la storia dell'azienda di Cupertino sono
davvero particolari. Secondo lei si tratta di un caso unico? Irripetibile?
In generale, qualsiasi storia di azienda è sempre molto particolare.
Apple ha avuto la fortuna e la determinazione necessaria per essere sia un
percursore che ancora oggi un innovatore oltre che leader. Non credo ci
siano molte altre aziende che possono vantare una storia così ricca di
passaggi diversi, anche se ovviamente ci sono molte altre aziende che hanno
avuto un successo molto maggiore in termini economici o di mercato.
L'unicità di Apple è a mio avviso anche e soprattutto nella capacità che ha
avuto l'azienda di cogliere una serie di transizioni e dargli forma e spinta
in determinate direzioni. Dal personal computer alla musica sino
all'estetica e alla convergenza in mobilità. Da questo punto di vista, non
credo che l'esperienza di Apple sia ripetibile: casomai è superabile.
Qual è il vero valore aggiunto della marca Apple?
La marca Apple e il suo famoso logo della mela morsicata sono tra i
simboli più famosi al mondo dell'economia planetaria. Penso che i valori che
esprimono (creatività, positività, raffinatezza, potenza, tra gli altri)
costituiscano anche una specie di manifesto dell'evoluzione della
tecnologia. Da fattore di nicchia rispetto alla vita delle persone a
elemento centrale di cambiamento che è in corso in questo momento storico.
In un certo senso, la rivoluzione digitale sarà il motivo per cui verrà più
studiato e ricordato l'arco delle nostre vite, secondo molti tra i quali il
giornalista di Newsweek Steven Levy. Beh, il valore aggiunto del brand Apple
è probabilmente questo: riassume ed esemplifica il cambiamento che sta
avvenendo nella nostra realtà.
Steve Jobs è entrato a buon diritto tra i personaggi-mito del nostro
tempo. Lo contraddistingue in particolare un aurea quasi "messianica". A suo
parere è più genio, visionario, motivatore o "disvelatore di bisogni
latenti"?
La figura di Jobs è alquanto complessa e a tratti contraddittoria.
Personalmente lo vedo come uno straordinario sciamano, capace di svelare e
interpretare per il suo popolo la magia che appartiene a un ordine superiore
di cose, in questo caso il mondo digitale. Dandogli anche forma, proprio
come fanno gli sciamani quando incarnano e rendono comprensibili i fenomeni
più alieni dalla comprensione umana. Jobs ha di sicuro capacità manageriali,
di marketing, di visione del mercato e di carisma non comuni agli
amministratori delegati delle grandi aziende. E uno stile tutto suo.
Il "padre-padrone" Jobs si pone il problema della successione? E'
consapevole, visti i precedenti, che la fine della inusuale simbiosi tra lui
e l'azienda, causerà probabilmente un lento ma inesorabile declino di quest'ultima?
Il tema della successione, o come è stato presentato dalla stampa
americana "il piano B", è emerso con tinte drammatiche quattro anni fa
quando Steve Jobs ha comunicato ufficialmente di aver avuto un tumore che ha
superato con una operazione andata a buon fine. Ancora oggi l'attenzione
sulla sua salute è intensa, al punto di ricordare il lavoro di
interpretazione estetica dei kremlinologi che cercavano di capire dalle foto
dei segretari del Pcus il loro stato di salute e quindi le evoluzioni dell'Urss
durante la guerra fredda. Sicuramente il tema della successione è stato
affrontato, perché fa parte della cultura aziendale americana di prendere in
considerazione tutte le eventualità (e delle aziende della Silicon Valley
ancora di più). Steve Jobs è il brand più "potente" della galassia Apple:
più potente di Mac, di iPod e di iPhone. La sua dipartita dalla guida
dell'azienda avrebbe un riscontro negativo sia nell'immediato (calo
sostanziale del valore azionario) che nel futuro dell'azienda. Temo sia una
questione aperta e non risolvibile se non guardando quali saranno le scelte
in concreto che verranno fatte.
Apple a differenza di quasi tutti i suoi concorrenti continua a
puntare fortemente sul connubio hardware-software. E' una delle sue storiche
peculiarità. Potrebbe diventare in futuro una sua debolezza? Resisterà alla
tentazione di concentrarsi solo sui servizi?
Apple è una azienda "vecchia scuola", per quanto riguarda l'informatica.
Come IBM e a differenza di Microsoft, produce hardware e il software e i
servizi sono complementari e funzionali alla sua offerta principale. In
questo senso, Apple lavora ai software (come il sistema operativo e le
applicazioni) e ai servizi (come iTunes store e come il nuovo MobileMe) per
rendere più appetibile, ricca e funzionale l'offerta di prodotti materiali.
Non credo che vi sarà una svolta nei servizi di Apple o un allontanamente
dall'hardware. Tuttavia, oggi più di ieri e domani ancora più di oggi, il
software e i servizi giocheranno un ruolo sempre maggiore per stimolare
l'acquisto di prodotti hardware e definire lo "stile di vita digitale" al
quale Apple lavora da tre decenni.
E' stato appena presentato l'iPhone 3G che verrà commercializzato
anche in Italia. Apple ha deciso di non imporre più la revenue sharing e di
abbassare considerevolmente i prezzi. Che stia cercando di imporre ritmi
insostenibili alla concorrenza per spartirsi poi la torta con pochi altri
player?
Nessuna azienda del mercato tecnologico vuole essere seconda o favorire
la crescita dei suoi avversari in modo tale che possano concentrarsi su
aspetti particolari del mercato che loro non toccano. Questa ritengo sia una
certezza incontestabile. Quello che a mio avviso sta facendo è cercare di
far nascere una piattaforma paragonabile a quella di un sistema operativo in
ambito personal computer. Cioè, un sistema circondato da un ecosistema di
sviluppatori che realizzino i software complementari capaci di sfruttare e
arricchire al massimo le potenzialità del prodotto e attrarre in pianta
stabile il più ampio numero possibile di utenti. L'obiettivo è sempre il
100% del mercato reale e il 100% di quello potenziale. Apple in questa
chiave ha, con un discreto esercizio di pragmatismo, cambiato strategia.
Adesso punta a fare i grandi volumi con prezzi più bassi, calcolando che i
margini inferiori vengano compensati dalle dimensioni delle vendite e
comunque siano giustificati dalla necessità di "fare il mercato", cioè
conquistare le quote di mercato necessarie a buttare fuori i concorrenti.
Sarà divertente vedere come andrà a finire.
E' molto probabile che iPhone sia il primo di una serie di prodotti
che rivoluzioneranno il portafoglio prodotti Apple, e non solo. In che
direzione si andrà a suo parere?
Le direzioni sono a quanto pare due. Nuovi e sempre più performanti Mac,
cioè personal computer basati sul set di metafore stabilite dalle interfacce
grafiche a partire dagli anni ottanta (mouse, finestre, icone) senza grandi
cambiamenti nella sostanza da un lato, dall'altro una serie di nuovi
apparecchi "post-Pc", innovativi nelle interfacce più naturali e capaci di
svolgere funzioni concentrate sulla mobilità ma non solo (si pensi a come
potrebbe evolvere Apple Tv), che faranno da transizione verso un futuro
abbastanza remoto di "computer invisibili" con cui interagire parlando e
muovendosi. In questo senso la biforcazione della scelta di Apple è
radicalmente differente dall'approccio che invece pare voler seguire
Microsoft, che ha intenzione di unificare la modalità d'uso di apparecchi "post-Pc"
e di computer: Windows 7, che potrebbe uscire tra un paio d'anni visto il
fallimento di Vista, dovrebbe infatti incorporare le tecnologie touch e
multitouch che oggi sono presenti ad esempio sull'iPhone.
L'Italia è la patria degli Armani, Pininfarina, Renzo Piano, ecc.
tuttavia non abbiamo mai avuto una figura alla Jonathan Ive, il padre del
design Apple da iMac in poi. Perché secondo lei? E' solo un caso o piuttosto
il riflesso della mancanza di una vera cultura industriale del nostro paese?
Figure di designer ne abbiamo a bizzeffe. Quello che ci manca è da un
lato il settore industriale adatto (non fabbrichiamo più Personal computer e
non abbiamo mai avuto - singolarmente perché siamo uno dei principali
mercati al mondo - un'industria produttrice di telefoni cellulari italiani
degna di questo nome) e dall'altro la cultura del design industriale che
esprime Jonathan Ive come simbolo di Apple. Ma questo secondo aspetto è meno
grave, visto che alla fine Apple è l'unica ad esprimere la capacità di
lavorare su principi costantemente innovativi sia nell'ideazione che nella
realizzazione e nell'esperienza finale del prodotto.
Emozione Apple
Fabbricare sogni nel XXI secolo
di Dini Antonio
Ed. Il Sole 24 Ore
pp. 195
Anno 2007
EAN: 9788883638725
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21-Giu-2008
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