Nestlé multibeverage? Una questione di gusto.
Il lancio internazionale del prodotto
Nescafé Dolce Gusto è l’occasione per parlare con Marco Travaglia,
Direttore Generale Divisione Alimentari Nestlé, di caffé, di modelli di
business legati al multibeverage, e di quando un’azienda debba investire
in ricerca quando sa che solo il 2% dei propri prodotti arriveranno
sugli scaffali.
di Enrico
Ratto
Marco Travaglia, Direttore Generale Divisione
Alimentari Nestlé |
Quale è la quota di mercato di Nestlé, in particolare parliamo del
settore caffé, in Italia e nel mondo?
Per quanto riguarda il caffé, Nestlé nel mondo copre il 23% del mercato.
Diciamo che è il produttore numero uno nel mondo grazie ai marchi Nespresso
e Nescafé. Inoltre, Nestlé è il più grande attore economico per quanto
riguarda l’acquisto delle materie prime. Restringendo il campo al
multibeverage, è un segmento che è cresciuto molto negli ultimi 15 anni. Per
quanto riguarda il solo marchio Nespresso in Italia è leader con una quota
superiore al 50%. Abbiamo un punto di forza: le macchine a capsula, ovvero
il sistema single-serve, che rispondono ad esigenze di praticità e riduzione
degli sprechi.
Sono esigenze del pubblico, quindi. E Nestlé si confronta sempre più
spesso con il pubblico consumer. Questo atteggiamento, a quale modello di
business corrisponde?
Nespresso risponde ad un pubblico privato, non aziendale, e il suo è un
modello quasi interamente business to consumer: ogni anno vengono vendute
circa 500-600 mila nuove macchine. Abbiamo poi deciso, nel tempo, di
affiancare a Nespresso un nuovo modello di business: il marchio Nescafé, che
in Italia significa soprattutto caffé solubile. Oggi, infatti, stiamo
lanciando sul mercato Nestcafé Dolce Gusto. Questa volta puntiamo su un
sistema multibeverage il cui “core” è ovviamente il caffé, ma che permette
di fare anche cappuccini, cioccolata e in futuro sarà adattabile anche
all’orzo e al thè.
Lanciare un nuovo prodotto, per un Gruppo come Nestlé, significa
coinvolgere molti attori del mercato. Quali sono i principali interlocutori
legati al lancio di Nestcafé Dolce Gusto?
Innanzitutto gli accordi tra il produttore, ovvero Nestlé, e la grande
distribuzione. Se prendiamo Nestcafé Dolce Gusto, una delle sue peculiarità
è il fatto di essere in vendita soprattutto nella GDO: macchine e capsule si
troveranno negli ipermercati, nei negozi ad alta frequentazione. Questo
comporta tutto un genere di accordi e di test preventivi sul prodotto, in
quanto la grande distribuzione richiede molto spesso garanzie di risultato
prima di portare il prodotto sullo scaffale, e questo è uno dei temi su cui
ci sarà sempre negoziazione tra produttore e distributore.
Inoltre, il lancio di questo prodotto avviene su più paesi
contemporaneamente…
Che cosa vi dicono gli studi di fattibilità sul successo o meno nei
singoli paesi?
Il nord Europa è sicuramente più ricettivo, in quanto culturalmente
abituato al caffé solubile. Il sud Europa ha comunque la cultura della
macchina del caffé casalinga e paesi come Francia e Spagna sono anch’essi
abituati al solubile. L’Italia è invece più legata alla moka e all’espresso,
ma questo per noi si traduce in quote maggiori di mercato da colmare.
Sicuramente, raggiunto l’obiettivo principale, che per il mercato italiano
era quello di “fare un ottimo caffé”, contiamo di poter ottenere risultati
eccellenti anche qui.
In quali ambiti interviene Nestlé nella filiera produttiva del
prodotto caffé?
Quando parliamo di caffé, parliamo di altissima qualità, di conseguenza
Nestlé ha interesse ad intervenire su tutta la filiera: dalla coltivazione
alla produzione. Poniamo attenzione quindi alla qualità della vita dei
coltivatori, cerchiamo di introdurre sempre nuovi metodi per ottimizzare la
raccolta e per garantire rese migliori. Poi, ovviamente, interveniamo in
tutto il processo di pura lavorazione e produzione del caffé, con i nostri
stabilimenti nel mondo.
Su quali assi perseguite lo sviluppo?
Il nostro primo asse di sviluppo è la ricerca della qualità, il secondo
l’innovazione continua. Nestlé ha la possibilità di investire moltissimo
nella ricerca di nuovi prodotti, di nuovi trend di mercato, e abbiamo visto
che introdurre sul mercato un prodotto dalle caratteristiche banali, prive
di una reason why ben definita, non paga. Abbiamo prodotti storici come
Nesquik, che continua ad essere leader nonostante siano stato lanciato nella
metà degli anni ’70: abbiamo saputo come adeguarlo alle nuove esigenze del
pubblico, per esempio sotto il profilo nutrizionale.
Come arriva un prodotto nuovo sul mercato? Quali sono le fasi di test
e di lancio?
Tutto nasce dall’osservazione del consumatore, dobbiamo capire i
desiderata del pubblico. Da qui si parte con le intuizioni: per esempio la
garanzia del risultato costante, il sapore, il risparmio del tempo la
mattina. Sono intuizioni legate alle richieste del pubblico. Cerchiamo poi
di tradurre tutto questo nel mercato del caffé. A questo punto sviluppiamo i
prototipi, ovvero passiamo alla concettualizzazione industriale della
macchina e del prodotto. Poi si fanno i test: moltissime prove su campioni
di pubblico, suddivisi per target età, cultura, area geografica… Se i numeri
confortano le nostre idee, arriviamo allo sviluppo esecutivo, dove sono
necessarie grandi capacità di investimento.
Quanti prodotti arrivano realmente sul mercato?
A leggerlo, il tasso di fallimento è impressionante: solo il 2% dei
nostri prodotti testati arriva sul mercato e ha un significativo successo
nei 24 mesi successivi al lancio. Solo un’azienda con alta capacità di
investimento potrebbe permettersi questo genere di ricerca. Inoltre, il
tasso di rotazione annuale è del 25%, questo significa che ogni anno il 25%
dei prodotti cambia la propria natura, o viene ritirato dal mercato. La
realtà, comunque, è che è sempre più difficile ottenere una vera e propria
ricerca sul consumatore finale, al di là dei campioni. Questo per gli alti
costi che ha la distribuzione, e per le garanzie che ogni prodotto deve dare
per arrivare sullo scaffale.
Come proteggete la vostra ricerca?
Brevettiamo moltissimo. Nestcafé Dolce Gusto è un prodotto iper blindato
sotto il profilo della produzione, della miscela, della ricetta, del
packaging, dei principi attivi…
Quali sono i numeri, per il 2007, della divisione beverage del Gruppo?
E quali sono le prospettive per il 2008?
La divisione beverage chiuderà il 2007 con una crescita del 5-6%, e tutto
il business sta avendo risultati ottimi.
Che vantaggio ha il multibeverage, la sintesi di più prodotti in uno
solo?
Per il consumatore ha un vantaggio in termini di praticità e una qualità
costante nel tempo: la macchina viene utilizzata spesso, in modo costante.
E per il produttore? Attiva economie di scala? C’è un valore aggiunto
molto elevato sui singoli prodotti?
Sì, anche se non sappiamo se uno più uno farà tre, cioè non sappiamo
esattamente quale sarà il valore aggiunto al sistema che racchiude un thè
più un caffé sintetizzati nella stessa macchina. Sicuramente la possibilità
di dotare la famiglia di un’unica macchina, rappresenta un valore in più
rispetto ai singoli elettrodomestici.
In quale direzione si sta muovendo il mercato alimentare?
I due grossi trend sono: ritorno alla naturalità e scienza applicata alla
buona nutrizione. Sono trend quasi opposti, da una parte la natura,
dall’altra la scienza. Ma entrambi rispondono alla medesima esigenza di
estrema attenzione all’alimentazione, molto più che in passato. Infatti,
recentemente Nestlé ha sviluppato una joint venture con l’Oreal per lo
studio degli effetti della nutrizione sulla pelle. E sotto il profilo del
marketing, si assiste anche qui ad una polarizzazione: l’alto di gamma da
una parte, unito al massimo risparmio su altri prodotti.
11-Nov-2007
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