Sempre presenti: la parola d’ordine dei
protagonisti del Search Marketing
Il Search Marketing Forum di Business
International svela numeri e strategie delle maggiori aziende impegnate in
una gara continua sulla presenza nei motori di ricerca. Poca emozione ma
tanta misurabilità: una logica che convince tutti?
di Enrico
Ratto
Sono sempre meno allettanti i banner per le aziende, se confrontati con
una presenza ponderata sui motori di ricerca. Anche i grandi produttori
di beni di massa sembrano voler ottimizzare al massimo le risorse
virando verso una comunicazione più specifica, dedicata, ponderabile e
segmentata.
Questo
è ciò che emerge dal Search Marketing Forum 2007 organizzato da
Business International a Milano il 4 maggio 2007, dove ha partecipato
una platea di addetti ai lavori: uomini marketing di grandi aziende
italiane, pubblicitari, web master e responsabili e-business. A parlare,
colleghi di aziende considerate top spender nel mercato del “search”.
Ovvero, quel segmento della comunicazione via web che vede allocare budget
sul pay per click nei motori di ricerca, principalmente nei circuiti Google
e Yahoo.
Ma quanto budget destinano oggi le grandi aziende a questo segmento di
comunicazione? In media poco più dell’1,6% all’anno, dicono i dati,
un numero che cresce via via che il business dell’azienda si sviluppa
principalmente sul web.
Esempi? Ing Direct, Expedia.it, Lastminute.com. “Expedia
ha attivato una campagna di search marketing su circa 500 mila parole
chiave. Di queste, 5 generano il 50% del fatturato” spiega Stefano Ponari,
Search Marketing Manager dell’azienda specializzata nella vendita di
pacchetti di viaggio. E quanto spende il portale in search marketing, sul
totale del budget pubblicitario? “Circa il 60 – 70%” è la risposta.
Una cifra elevatissima, molto vicina ai numeri di un altro operatore del
settore turistico: Lastminute.com. “Il nostro problema è principalmente di
branding” spiega Edoardo Quaglia, online marketing manager dell’azienda
“nella pratica non esiste protezione del termine di ricerca, perché il
nostro brand è una parola di uso comune. Questo crea il problema dei
competitori, che appaiono sotto le nostre stesse keywords, e innescano un
gioco al rialzo del budget”.
Ma l’investimento economico non è l’unica voce per definire il successo
di una campagna di search marketing. “Esistono altri parametri per valutare
una campagna” continua Edoardo Quaglia “Benché questo genere di
comunicazione non apporti alcun valore emozionale, a differenza della
televisione, si può comunque fare un buon branding con la presenza costante
in testa ai link sponsorizzati, o attraverso l’inserimento dei nostri claim
come termini di ricerca”.
Ma il successo del prodotto non si costruisce solo attraverso campagne di
search engine marketing, e lo sa molto bene ING Direct, visto senza
l’apporto dei mezzi tradizionali “Conto Arancio” non avrebbe raggiunto la
brand awarness del 90% in meno di due anni. “Non potremmo mai dirottare
parte del nostro budget off-line sui motori di ricerca” dice Paolo
Giambertone web marketing manager dell’istituto bancario olandese “Oggi noi
allochiamo sui canali on line circa il 10% del nostro budget pubblicitario,
e parte di questo va sui motori di ricerca. Il motore di ricerca non è
propriamente uno strumento pubblicitario, è piuttosto un aiuto ulteriore
fornito al potenziale cliente, il quale però ci conosce già attraverso altri
media. E se non conosce noi in particolare, ha comunque l’esigenza di
confrontare prodotti dello stesso settore, di effettuare cioè una ricerca in
rete. Noi interveniamo solo sull’azione di scelta”.
Aziende, dunque, che vivono on line ma che non hanno in programma
l’abbandono della comunicazione off-line. D’altra parte, esistono altre
aziende come Adidas per le quali il canale della rete è l’unico
possibile per mettere a disposizione del cliente l’intera gamma dei
prodotti. Per questo motivo “Adidas ha visto crescere il proprio budget on
line dal 4% del 2006 al 10% del 2007” spiega Marco Bona, direttore marketing
Adidas Italia. Problema analogo per Luca Martines, web marketing manager di
Yoox, azienda anch’essa specializzata nel mercato dell’abbigliamento
che, a differenza di Adidas, opera esclusivamente on line. “Abbiamo 2000
designer, 6000 prodotti e 500.000 capi d’abbigliamento suddivisi per taglie
e tipologie. Solo attraverso un portalee potremmo proporci in tutto il mondo
con la medesima forza”.
Ma Yoox investe maggiormente in Google o in Yahoo? “Abbiamo notato che
Google fa molto volume di traffico, mentre da Yahoo arrivano i clienti più
selettivi e attenti, coloro che si fermano maggiormente sul sito. In media
l’attenzione dell’utente dura 3/4 secondi. Abbiamo poi inserito parole
chiave molto targhetizzate, soprattutto per paesi”.
La segmentazione per paesi vede d’accordo anche Costa Crociere, la
quale ha scelto anche l’immagine del sito a seconda degli usi e dei costumi
di ogni paese nel quale viene aperta l’home page. “Sì, lavoriamo sulle
immagini e sui termini, a seconda dei modelli di cultura” afferma Daniele
Mancini, direttore e-business della compagnia del Gruppo
Carnival. E investite denaro e
risorse solo nei link sponsorizzati? “Generalmente no. Prima di tutto
andiamo a lavorare laddove possiamo agire in maniera gratuita, solamente con
la nostra forza lavoro. Quindi, nella pratica, abbiamo ottimizzato ogni
nostro sito per essere primi sulla parte sinistra dello schermo, nella
ricerca classica. Nel 2006 siamo risultati sempre in testa alle ricerche di
tipo crocieristico, spendendo circa 450 mila Euro, poco più della media
dell’1,6% del budget”.
Cifre, comunque, che fino a pochi anni fa venivano destinate
esclusivamente ad attività di bannering, e che oggi si preferisce destinare
a qualcosa di più monitorabile, e soprattutto all’esigenza di esserci solo
se cercati dal potenziale cliente. Un mercato che ha fatto lavorare molto i
cosiddetti “search engine architect”, uomini il cui compito è ottimizzare i
siti in funzione di una maggiore reperibilità sui motori di ricerca.
“Ogni giorno, il nostro lavoro è stabilire una mediazione tra gradevolezza
del sito e ottimizzazione per i motori” spiega Enrico Altavilla, direttore
di motoricerca.info “Dobbiamo inserire all’interno di un testo
apparentemente pubblicitario o didascalico, alcune parole chiave per noi
molto utili. E’ inoltre obbligatorio evitare che il sito finisca in
qualsiasi black list dei motori, e cerchiamo di lavorare quindi solo sui
fattori interni al sito, come la migliore sistemazione delle pagine, e sui
fattori esterni, ovvero i link e il network connesso al sito stesso e, nel
reale, all’azienda”.
15-Mag-2007
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