Un distretto industriale italiano a Samorin, in
Slovacchia
Un modello di riferimento per
l’internazionalizzazione delle PMI; un progetto innovativo che esporta
il modello del distretto industriale italiano. Eccellere ha intervistato
Roberto Zuccato, Presidente di Confindustria Vicenza, per conoscere la
realtà e le potenzialità del distretto della meccatronica di Samorin.
di
Christian Piccardo
Roberto Zuccato
Presidente di Confindustria Vicenza |
Con più di 2300 imprese associate – oltre il 90% delle quali
PMI al di sotto dei cento dipendenti – Confindustria Vicenza rappresenta una
delle maggiori organizzazioni territoriali di Confindustria. Nel 2003
l’Associazione sottoscrive un Protocollo d’intesa con il Comune di Samorin,
in Slovacchia, per creare un parco industriale e tecnologico destinato alle
aziende vicentine del settore meccanico ed elettronico. Viene così acquisito
un terreno industriale, nasce il Consorzio delle imprese vicentine per lo
sviluppo della Repubblica Slovacca e si sviluppano i primi insediamenti: lo
scorso 29 ottobre è inaugurato un centro servizi per l’assistenza
finanziaria alle imprese partecipanti e la promozione di attività di
formazione.
Si tratta di un progetto innovativo che esporta il modello del distretto
industriale attraverso un accordo tra un’associazione imprenditoriale
italiana e un Comune dell’Est europeo.
Eccellere ha intervistato Roberto Zuccato - Presidente e AD di Ares
Line e Presidente di Confindustria Vicenza - per conoscere la realtà e le
potenzialità del distretto della meccatronica di Samorin.
Presidente Zuccato, quali sono stati i principali motivi
che hanno portato alla scelta della Slovacchia e alla nascita del distretto
di Samorin?
La capacità di stare sui mercati di tutto il mondo dipende
sempre più dalla capacità delle aziende che esportano di collocare le loro
produzioni e i loro servizi alla clientela sui mercati strategici, uno dei
quali, forse il più interessante, è quello delle economie emergenti
dell’Europa Centro Orientale. Parliamo di una sfida che le piccole e medie
imprese, la parte preponderante del nostro tessuto produttivo, fanno fatica
a raccogliere muovendosi da sole.
L’azione di accompagnamento dell’Associazione è dunque un presupposto
essenziale, non solo per aiutare le imprese a risolvere i tanti problemi
proposti da un insediamento produttivo all’estero, ma anche e soprattutto
per ricreare all’estero l’ambiente del distretto produttivo tipico del Nord
Est, un ambiente fatto di collaborazioni produttive, di servizi dedicati,
senza il quale la piccola impresa avrebbe delle difficoltà aggiuntive e
forse insormontabili.
La scelta della Slovacchia è il frutto di un’indagine preventiva, molto
accurata, con l’obiettivo principale di creare un distretto della
meccatronica in un paese capace di coniugare vantaggi diversi: la vicinanza
geografica (Samorin è vicina alla capitale Bratislava e all’aeroporto di
Vienna), la presenza di manodopera specializzata e con una cultura
industriale forte nella meccanica; il posizionamento strategico nel cuore
dell’Europa che più sta crescendo; un clima favorevole agli affari e privo
di rischi politici, con una fiscalità semplificata e una forte propensione
della politica locale ad aiutare gli investimenti esteri.
Quali sono le dimensioni del parco industriale e qual è
il profilo delle aziende italiane del distretto? Si tratta di sole aziende
vicentine?
Il Parco si è sviluppato su una superficie complessiva di
120 mila metri quadri che non esauriscono tuttavia gli effetti indotti dal
progetto, se consideriamo le numerose aziende che grazie ad esso hanno
trovato collocazione ai loro progetti anche nelle aree vicine. Una delle
novità principali del progetto è stata la sua apertura all’intero sistema
industriale italiano, con un duplice obiettivo: creare i presupposti di
quella filiera produttiva che ci eravamo proposti e indicare al sistema
Italia una via da percorrere per una sempre più fattiva assistenza alle PMI
italiane desiderose di internazionalizzarsi.
D’altra parte è cosa nota che il sistema industriale italiano ha nella sua
frammentazione e nella sua scarsa capacità di investire all’estero i
principali elementi di debolezza, elementi che rischiano alla lunga di
intaccare la sua tradizionale vitalità esportativa.
Il nostro messaggio è stato positivamente recepito, non solo per la
partecipazione al progetto di 4 aziende non vicentine ma anche per la
richiesta, venuta da Confindustria, di rappresentare gli interessi
dell’industria italiana interessata alla Slovacchia.
Pochi mesi fa è stato inaugurato, all’interno del parco
industriale di Samorin, un centro servizi: di cosa si tratta?
Si tratta del centro direzionale del Parco e di gestione dei
servizi comuni: la formazione, la mensa, la logistica per il management
temporaneamente distaccato dalle aziende a Samorin. Sarà anche un costante
punto di riferimento per tutto il sistema confindustriale e per le aziende
italiane interessate alla Slovacchia, offrendo un ventaglio di servizi che
gestiremo in stretto contatto con le istituzioni locali che si occupano di
impresa: la Camera di Commercio Italo-Slovacca, le Camere di Commercio
nazionali, la Confindustria Slovacca e il sistema creditizio locale. Le
ipotesi allo studio sono tante e alcune sono già in fase avanzata di
sperimentazione, come ad esempio il coordinamento che stiamo prestando alle
aziende che vogliano condividere i servizi di trasporto dei loro prodotti.
Ci preoccuperemo anche di creare in Slovacchia quello che con successo
abbiamo già sperimentato a Vicenza, ad esempio consorziando la domanda di
energia elettrica e di gas, per favorire le economie di scala e la
competitività delle imprese che vi aderiranno.
In un progetto di questo tipo il rapporto con le
istituzioni locali è fondamentale: come valutare, da questo punto di vista,
l’esperienza di Samorin?
Sul piano locale il giudizio non può che essere positivo. Il
sindaco e il consiglio comunale di Samorin hanno fatto del loro meglio per
aiutarci. Qualche riserva va espressa sul tema del supporto finanziario:
abbiamo constatato che la politica è molto attenta alle iniziative di grande
impatto mediatico, quelle delle grosse multinazionali che movimentano molti
denari ed effetti occupazionali rilevanti e immediati, mentre per le PMI c’è
minore attenzione, sebbene sia evidente che si radicano maggiormente sul
territorio e tendono a rimanerci a creare un’effettiva e durevole cultura
imprenditoriale”.
A Samorin un gruppo di PMI ha creato un consorzio per
raggiungere una massa critica adeguata ad un progetto ambizioso, un
risultato fuori portata per una singola piccola o media azienda: siamo in
presenza di un nuovo modello di riferimento per l’internazionalizzazione
delle PMI italiane?
Sì, e non è un caso che dopo Samorin anche le nostre
autorità di governo guardino con molto interesse alla nascita di distretti
industriali in grado di ospitare filiere e distretti produttivi del Made in
Italy. Penso ad esempio ai progetti di Lipetsk o Ekaterimburg, dedicati alla
Russia e a quelli che sono allo studio in India”.
Quali sono i prossimi progetti internazionali di
Confindustria Vicenza?
Dobbiamo consolidare sia la Slovacchia che la Tunisia, altro
mercato su cui operiamo su mandato di Confindustria e dove esistono elementi
molto favorevoli ai processi di internazionalizzazione produttiva delle
nostre PMI. Ci stiamo poi muovendo su tanti altri mercati, in stretta
collaborazione con tutte le associazioni territoriali italiane dove il
manifatturiero ha una leadership importante, il cosiddetto ‘Club dei 15’ di
cui coordiniamo il tavolo internazionale. Fra le cose che stiamo
condividendo c’è un progetto dedicato al Vietnam, paese che sarà in futuro
quello che ha rappresentato la Cina negli ultimi 20 anni. Ma, più in
generale, contiamo di progettare quello che le nostre aziende ci chiederanno
di fare, così come abbiamo fatto con Samorin.
Il 2007 ha segnato un record per diversi settori
dell’export italiano; tuttavia, per lo stesso anno, il rapporto Movimprese
di Unioncamere segnala che il numero delle imprese italiane è salito dello
0,75%, il valore più basso degli ultimi cinque anni. Quale 2008 prevede per
le aziende italiane?
I dati ci fanno pensare a un processo di riorganizzazione e
di ristrutturazione del nostro sistema che è tuttora in corso. La vitalità
dell’export, molto superiore alle attese, nasce dalla capacità delle nostre
imprese di fare massa critica e di riorganizzare le loro produzioni puntando
sulla qualità, l’innovazione e i prodotti a più alto valore aggiunto. Non a
caso le migliori perfomance esportative sono concentrate nel settore della
media impresa. Ci sono tuttavia anche molte nubi all’orizzonte: i pericoli
di recessione internazionale, la costante crescita dei costi dell’energia e
il valore sempre più basso del dollaro che tanto ci penalizza verso molti
mercati strategici. E non possiamo dimenticare che un’economia industriale
importante come la nostra non può vivere di solo export; dobbiamo
rivitalizzare anche la domanda interna, creando un ambiente più competitivo
per le imprese e, così facendo, vedremo tornare a crescere anche il numero
delle imprese, in modo più rilevante.
11-Mag-2008
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