Thailandia: non solo massaggi e vacanze,
arrivano le Eco cars
Provate a chiedere a qualcuno cosa viene in
mente quando pensa alla Thailandia: le risposte sono il relax e le
bianche spiagge di Phuket. Ma i ben informati conoscono un profilo di
Business molto accattivante e alla TATA, primaria azienda
automobilistica indiana, questo lo sanno.
di
Roberta Ronda
La
Tigre Asiatica ruggisce più forte che mai. I dati economici confermano il
forte ottimismo generale grazie ad un aumento del PIL del 6% nel primo
trimestre 2008 (rispetto al 4,8 dello stesso periodo del 2007) oltre a un
sistema giuridico efficiente e favorevole agli investimenti stranieri.
La Thailandia è un Paese che sta prendendo sempre più coscienza di sé: non
solo la sua posizione centrale, ma anche lo sviluppo di tutte le
infrastrutture e il sostegno dei Free Trade Agreements - gli accordi di
libero scambio – la rendono una delle prossime potenze asiatiche oltre agli
ormai conosciuti nomi di Cina e India.
Il peso politico nello scenario mondiale sembra poco
rilevante agli occhi dei media. Eppure qualcosa sembra abbia iniziato a
muoversi. Il Paese del sorriso sembra voler mostrare gli artigli: non più
massaggi o vacanze, ma un’economia in rapido sviluppo che concentra le
proprie importazioni in macchinari e materie prime. É come l’onda che si
ritira sul bagnasciuga prima di esplodere in tutta violenza: i forti
investimenti industriali si trasformeranno poi in un aumento esponenziale
dell’economia. E il 2008 vuole attestarsi come l’anno degli investimenti
interni e stranieri.
Già alcuni segnali sono significativi: l’elevato numero di abitanti e il
relativo tasso di scolarizzazione che si attesta al 96%. Da qui un’immagine
dei Thailandesi come di un popolo che costruisce e che è capace di fare e
soprattutto di spendere: il mercato è in forte crescita ed è supportato da
una forte propensione al consumo. Anche il PIL si attesta tra i più alti del
Sud Est Asiatico e secondo la World Bank è al 15° posto per i migliori
ambienti per fare affari secondo la ricerca “Ease of Doing Business”.
A seguito dell’ultimo colpo di stato il popolo ha votato
alle ultime elezioni per Samak Sundaravej, un seguace del magnate Thaksin
Shinawatra, arrestato per corruzione ed a breve processato dalla Corte
Suprema. Il nuovo primo Ministro continua a perseguire il modello di
sviluppo del predecessore che vuole far diventare la Thailandia prima un
partner industriale affidabile per i Paesi industrializzati, poi una potenza
economica di rilievo mondiale.
La nuova classe politica ha puntato sullo sviluppo dell’Agro-industriale (la
Thailandia è un paese particolarmente fertile, al punto tale di essere
l’unico stato che in un periodo di crisi del prezzo dei cereali può
permettersi di esportare riso) e sull’Automotive, settore che rappresenta il
12% del PIL e che registra una crescita del 5,5% nel 2007. Gli altri sforzi
di competitività si rivolgono ai settori delle infrastrutture, dell’energia
e dei servizi.
Già trent’anni fa i Giapponesi hanno iniziato ad insediare le prime officine
e le prime sedi per la produzione delle automobili delle case nipponiche.
Spontaneamente negli anni si è sviluppato l’indotto nelle aree vicine a
queste aziende, fino ad organizzarsi nei grandi spazi industriali con
tecnologie d’avanguardia e altamente competitive. La forza è stata inoltre
quella di non creare un brand automobilistico ma di agevolare fiscalmente
gli investimenti: Honda, Toyota e Mitsubishi sono i primi esempi di aziende
Giapponesi che hanno saputo essere lungimiranti e colto ancora in partenza
le occasioni legate a questo territorio. In anni più recenti hanno fatto il
loro ingresso anche le Case Europee e non meno importante (e più vicina in
termini temporali) l’indiana TATA.
La capacità produttiva si attesta a più di 1.500.000 unità all’anno. Molti
di questi prodotti sono rivolti al mercato interno che continua a registrare
una rapida crescita. Il benessere generale permette ora al popolo
thailandese di comprarsi un’automobile, dopo aver utilizzato per anni le due
ruote. Un segno del passaggio da una prima fase di motorizzazione ad una più
all’avanguardia (un percorso che ha lo stesso profumo del mirabolante
sviluppo che ha caratterizzato il Dopoguerra Italiano).
Il settore thailandese dell’Automotive, basato sull’assemblaggio di
autoveicoli di marche straniere e sulla produzione di componenti di
ricambio, rappresenta una forte voce nel PIL e nell’Export (la Thailandia è
il più grande produttore mondiale di pick up). Tuttavia molte sono le
componenti che non vengono ancora prodotte in loco in quantità sufficiente
(motori diesel, sistemi di iniezione, cambi e differenziali, ecc.).
I parchi industriali di Hemaraj e Amata contano almeno 1.100 società di
piccole e medie dimensioni impegnate nella sub-fornitura con un numero
totale di addetti di tutto il comparto Automotive che arriva a più di
217.000 lavoratori. Molte le similitudini tra i nostri due Paesi per quanto
riguarda il tessuto economico: le aziende sono di piccole dimensioni e con
il classico schema che vede al comando i proprietari e i loro eredi.
Un’importante caratteristica che aumenta la facilità di fare business, al
contrario delle difficile trattative delle Aziende di Stato Cinesi.
Altre opportunità del settore rientrano in ambito ECO cars.
La tematica ecologica, un must tra le aziende ora che ne è stato individuato
il potenziale economico, trova proprio in questo indotto i progetti più
interessanti e con ottime possibilità di riuscita. Il settore delle auto
alimentate a gas ed elettricamente sta già rilevando dei tassi di crescita
del 30% nell’arco degli ultimi 5 anni. Le stazioni di rifornimento per
l’alimentazione delle ECO cars aumenterà quasi del 600% nel giro di quattro
anni (ad oggi gli impianti di costruzione sono circa un centinaio).
Il BOI, Agenzia Governativa del Ministero dell’Industria Thailandese, è sul
piede di guerra per accaparrarsi capitali stranieri sempre maggiori offrendo
agevolazioni fiscali decisamente interessanti. Le imprese straniere possono
usufruire fino ad 8 anni di esenzione dalle tasse, riduzione o esenzioni dei
tassi sulle importazioni dei macchinari e ulteriori agevolazioni sulla
possibilità di far arrivare tecnici ed esperti. Gli incentivi offerti
servono a perseguire gli intenti del Governo di rendere omogeneo lo sviluppo
del Paese (le aree più lontane da Bangkok sono quelle che ancora vivono
unicamente del settore primario) e per renderlo competitivo ai capitali e al
know-how delle aziende straniere.
Se lo sviluppo straordinario ma irrazionale della Cina inizia a far vedere
le proprie lacune, la Thailandia a breve vedrà i frutti della strategia di
chi ha preferito restare nell’ombra e costruire le fondamenta più solide.
20-Lug-2008
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