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Ancora troppi vincoli per i professionisti italiani
In Italia attualmente esistono oltre venti ordini e collegi professionali. Il nostro Paese, secondo la Commissione UE, è, a livello europeo, il paese con il più alto tasso di protezione (superiore anche a Germania, Francia e Spagna) nelle categorie professionali di notaio, avvocato, contabile, farmacista, architetto e ingegnere.
di Rosvanna Lattarulo
Un tasso eccessivo che ostacola l’efficienza, la qualità dei servizi e la competitività dell’intero “Sistema Paese” con vincoli che non sempre rispondono - lo ha spesso rilevato anche l’Antitrust - alle specifiche esigenze di tutela proprie delle prestazioni riguardanti diritti civili costituzionalmente protetti.
Da uno studio comparato delle legislazioni vigenti nei paesi membri dell’Unione europea nel 2003, è emerso che esistono livelli di regolamentazione molto diversi tra loro.
Le restrizioni maggiori sono presenti in tutte le professioni in Italia, Austria, e Germania; Belgio, Francia e Spagna occupano una posizione intermedia, mentre Irlanda, Regno Unito e Danimarca, hanno regimi liberali (ad eccezione dei farmacisti nei paesi nordici).
E là dove la protezione degli ordini è più bassa, come nei paesi europei più liberali (Regno Unito, Danimarca e Olanda), non vi sono segnali di malfunzionamento dei mercati. Anzi la maggior libertà nelle professioni produce una maggiore ricchezza complessiva.
I vincoli che gli ordini professionali impongono ai loro affiliati riguardano 4 ambiti: prezzi, pubblicità, requisiti d’accesso e struttura aziendale.
Il vincolo della fissazione delle tariffe minime, ad esempio, provoca una spinta dei prezzi verso l’alto. Non è un caso che, in Italia, si sono registrati aumenti maggiori di quelli che si sono verificati, nello stesso arco di tempo, in Francia o Germania.
La fissazione di una tariffa minima per l’erogazione di un servizio non garantisce sempre l’alta qualità del servizio erogato. Se dunque i vincoli posti al funzionamento di questo settore impongono al sistema Italia dei costi ai quali non corrisponde un vantaggio per la collettività, perché si continua a tenerli in vita?
L’Unione Europea ha invitato tutti gli stati membri ad una riforma degli ordini professionali e ad una maggiore liberalizzazione di:
- prezzi;
- pubblicità;
- requisiti di accesso;
- struttura aziendale.
Alcuni stati, accogliendo l’invito dell’Ue, hanno avviato un processo di riforma. Gli stati che hanno compiuto i maggiori progressi sono stati la Danimarca, i Paesi Bassi e il Regno Unito, paesi in cui la regolamentazione delle professioni era già bassa.
Non mancano segnali positivi anche nei paesi in cui le restrizioni sono maggiori: 1/3 degli Stati Membri è impegnato in attività di revisione degli ordini professionali con piccole riforme che riguardano i requisiti di accesso.
Sta finalmente prendendo piede la consapevolezza che questo processo è fondamentale per dare nuovo slancio all’economia europea.
Ma siamo solo all’inizio: ad ostacolare questo processo sono essenzialmente il peso della tradizione e i retaggi culturali.
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8.4.2006
Nicolò
Occhipinti
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