La nuova economia della conoscenza sta 
	alterando i parametri dell’economia classica e le regole del gioco del 
	contesto in cui opera l’impresa. Una rivoluzione che spiazza e disorienta i 
	manager e le organizzazioni stesse. Eccellere ne parla con Franco 
	D’Egidio, Amministratore Delegato di Summit. 
    di 
	Nicolò Occhipinti
	La situazione ambientale in cui operano oggi le organizzazioni ha 
	raggiunto un grado di complessità che non ha paragoni col passato. Ci 
	troviamo di fronte a una realtà dove dominano la non linearità, la 
	discontinuità e i mutamenti avvengono con un’accelerazione vertiginosa.
	Le continue fusioni e acquisizioni costringono le società coinvolte ad 
	affrontare radicali trasformazioni sia sul piano culturale, sia su quello 
	organizzativo. Le persone non sono più in grado di comprendere tali 
	trasformazioni, che superano la capacità di adattamento degli individui e 
	delle organizzazioni stesse. Tra i manager si diffonde la sensazione che la 
	situazione stia sfuggendo al controllo. 
	Vi è quindi la necessità di un ripensamento profondo del modo di 
	concepire l’organizzazione di oggi. Innanzitutto, serve considerare 
	l’organizzazione come un vero e proprio sistema vivente, e non più 
	come un sistema cibernetico: alle istruzioni si dovranno sostituire gli 
	stimoli e le iniziative motivanti. L’attenzione dovrà essere spostata su tre 
	fattori di creazione del valore, spesso trascurati: le persone, la 
	conoscenza e le relazioni. 
	Da ciò si comprende che la dimensione attinente all’apprendimento delle 
	organizzazioni diviene l’asse portante dell’organizzazione stessa. In 
	pratica, bisogna essere consapevoli che il bene più importante per 
	un’organizzazione è ciò che ne assicura la sostenibilità competitiva: il suo
	capitale intellettuale.
	“Purtroppo, molti manager sanno appena che tale patrimonio esiste. Forse 
	alcuni sono consapevoli della sua preziosità ma non hanno idea di come 
	misurarlo, utilizzarlo e soprattutto accrescerlo”, spiega ad Eccellere
	Franco D’Egidio, Amministratore Delegato di
	Summit, società di 
	consulenza ed education leader in Italia nella gestione dei processi di 
	cambiamento della cultura aziendale e della misurazione del capitale 
	intellettuale.
	In un suo recente libro, “La nuova bussola del manager” edito da EtasLab, 
	utilizza una metafora per illustrare le radici del vantaggio competitivo: 
	nell’attuale scenario di mercato, un vero e proprio mare in burrasca, le 
	aziende devono dotarsi di nave, mappa, traguardo, bussola e GPS idonei per 
	intraprendere il proprio viaggio. Può spiegarci brevemente il significato di 
	questa metafora?
	
		
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			 Franco d'Egidio
 Amministratore Delegato di Summit
 | 
	
	Il significato della metafora è strettamente correlato alla complessità 
	ambientale. Un ambiente fluido in costante mutamento. In tale contesto il 
	management e le persone sono totalmente disorientate, da qui la necessità di 
	dotarli di strumenti di orientamento e di costante misurazione dei risultati 
	conseguiti. Nella fattispecie, la misurazione dello sviluppo del proprio 
	capitale intellettuale che trova uno stretto legame con la realizzazione del 
	progetto d’impresa, la Vision, consente di passare da una gestione di norma 
	reattiva a una proattiva. Una gestione quindi in grado di anticipare gli 
	eventi e saper intervenire in giusto anticipo. 
 
	Per sopravvivere, le aziende devono oggi accettare l’ineluttabilità 
	del cambiamento. Eppure in molti casi le aziende esitano a cambiare di 
	fronte alle nuove minacce del mercato. Quanto incide in questo, secondo lei, 
	il cultural lock-in, cioè l’inabilità a cambiare la cultura 
	organizzativa? 
	Incide in modo rilevante. Infatti le organizzazioni, che non 
	dimentichiamo sono fatte da persone, sono condizionate da assunti e 
	convinzioni profonde, da modelli mentali che determinano una vera e propria 
	sclerosi organizzativa. 
	Leadership ed employeeship: che ruolo hanno nel processo di 
	cambiamento?
	Sono due leve fondamentali sui cui agire per ispirare e guidare il 
	cambiamento. Incidentalmente il cambiamento non si gestisce e non si impone.
	
	La leadership innovativa è in grado di far condividere il nuovo progetto, 
	conferendo significato profondo ad ogni attività. Questo fa sentire ogni 
	individuo non vittima o spettatore inerte, ma protagonista delle processo di 
	trasformazione. 
	Employeeship è l’altra leva che rende le persone capaci di assumere la 
	responsabilità e l’iniziativa rendendole altresì consapevoli che il 
	cambiamento non è una minaccia, ma la condizione necessaria per crescere.
	
	Rispetto al passato, che vantaggi hanno oggi le aziende “visionarie”, 
	caratterizzate cioè da una visione condivisa e guidate dai valori?
	Studi e ricerche rigorose hanno messo in evidenza che le aziende guidate 
	dai valori e da una visione sono di norma lungimiranti, vitali e quindi più 
	longeve. Non solo: le ricerche hanno messo in evidenza che la loro capacità 
	di produrre reddito è decisamente superiore all’aziende non ispirate da un 
	vero progetto e da principi guida. 
	Nel suo libro afferma che il capitale intellettuale rappresenta la 
	vera fonte di creazione di valore di ogni organizzazione, e spiega che esso 
	è formato da quattro componenti principali: il capitale umano, il capitale 
	di relazioni sociali, il capitale strutturale e il capitale relazionale. In 
	quale modo queste componenti contribuiscono a creare vantaggi competitivi?
	
	Oggi è stato ampiamente assodato che oltre l’80% del valore 
	è generato dagli elementi intangibili afferenti appunto il Capitale Umano, 
	il Capitale Relazionale e il Capitale Organizzativo. Il valore generato è 
	naturalmente frutto della maggior competitività di queste imprese. La loro 
	capacità di immaginare e di innovare è talmente elevata che consente ad 
	alcune di esse di sottrarsi idealmente alla concorrenza. Ne possiamo citare 
	alcune: Ikea, Google, Brembo, Intel, Goretex.
	Ci ha particolarmente colpito la sua interpretazione delle persone 
	all’interno del capitale umano come investitori di risorse, e non come 
	semplici risorse. In pratica, sono le persone a possedere e a decidere di 
	investire le proprie competenze, l’impegno e il tempo, valutandone il ROI. 
	Eppure molte aziende non prendono in dovuta considerazione le aspettative di 
	questi investitori...
	Una lungimirante politica di sviluppo delle persone e dei talenti deve 
	tenere costantemente presente che uno degli aspetti più motivanti è 
	correlabile alla creazione delle condizioni ideali che consentono alle 
	persone di investire sul proprio Capitale Intellettuale. Infatti, in un 
	ambiente altamente fluido e discontinuo, dove le certezze quali la sicurezza 
	del posto di lavoro sono completamente evaporate, i nuovi “professional” 
	trovano sicurezza e certezza dentro di sé, appunto facendo leva sul proprio 
	patrimonio di competenze che consente loro di affrontare situazioni 
	difficili, incerte e altamente competitive. 
	Che relazione esiste tra misurazione del capitale intellettuale e 
	bilancio sociale?
	La relazione che esiste tra Bilancio dell’Intangibile, Bilancio Sociale e 
	eventualmente il Bilancio Ambientale è quello di costruire un report di 
	grande respiro definito secondo le guidelines del GRI, Global Reporting 
	Initiative: il Bilancio di sostenibilità globale.
	E’ da pochi giorni in libreria un suo nuovo libro dal titolo “Il 
	valore dell’equipaggio” ed. EtasLab. In questo volume, si sofferma sugli 
	strumenti di misura del capitale intellettuale, riportando una serie di 
	esempi concreti. Quanto è importante la misurazione del capitale 
	intellettuale rispetto ai classici dati economico-finanziari al fine di 
	valutare la capacità di sopravvivenza futura delle organizzazioni?
	I dati relativi alla misurazione del capitale intellettuale e quindi 
	degli intangibili sta diventando un informazione cruciale per tutti gli 
	investitori e quindi per i mercati finanziari. Infatti, le informazioni che 
	scaturiscono dal bilancio economico finanziario sono per definizione a 
	consuntivo e dicono poco o niente circa la capacità di un impresa di 
	generare valore in prospettiva. Non è un caso che la borsa italiana abbia 
	commissionato a Summit e congiuntamente all’Aiaf, Associazione Italiana 
	Analisti Finanziari, una ricerca sul valore degli intangibili all’interno 
	del segmento STAR di Borsa Italiana.
      
	 
	26-Lug-2007