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Audit e Compliance: quanto sono utili al management?

Il forum di Business International, tenuto a Milano lo scorso 26 settembre, ha affrontato il tema della funzione di controllo interno per le aziende. Si tratta di funzioni realmente indipendenti? E una media azienda italiana, se le può permettere?

di Enrico Ratto
 

Le piccole dimensioni delle aziende italiane sicuramente non aiutano a fare chiarezza su temi come Audit e Compliance.
E’ questo che emerge dal Forum organizzato da Business International il 26 settembre 2007 a Milano dal titolo “Audit, Compliance & Corporale Governance”.
Relatori di rilievo, come spesso succede per gli eventi firmati Business International. Tra questi: il Professor Bruno Assumma dell’Università di Napoli Federico II, Antonio Sanna, direttore Compliance di Telecom Italia, Elena Figus, nel gruppo Audit di Indesit, Ornella Perfetti, Responsabile Controllo Interno del Gruppo Eni, Maraca Marcandalli di American Express e numerosi altri.

L’introduzione al dibattito del Professor Assumma, tra i massimi esperti in Italia di legislazione inerente l’impresa sui temi della responsabilità, del controllo interno e dei rapporti tra controllore e management, mette in luce le difficoltà incontrate negli ultimi anni dal legislatore, e che ovviamente si riflettono in difficoltà dell’impresa stessa, nel mettere a fuoco una casistica chiara in cui il gruppo di controllo interno dell’azienda può e deve intervenire. Argomenti finanziari? Produzione? Conflitto di interesse del management?
Ma soprattutto, la difficoltà sta nel creare, nel tessuto imprenditoriale italiano, un gruppo di lavoro realmente indipendente che controlli l’operato dell’azienda stessa. E’ un problema di dimensioni. “Il 96% delle aziende italiane conta meno di 15 unità lavorative” ha spiegato il professor Assumma “per cui l’attuazione pratica dei modelli di controllo interno proposti dal legislatore è stata negli anni appannaggio delle grandi aziende, coloro che possono dedicare risorse indipendenti al controllo dell’attività”.

Grandi aziende come Telecom, che ha creato per la Compliance una struttura esterna alle singole aziende, ma ovviamente interna alla holding, sulla cui mission il dibattito è perennemente aperto. Ovvero: la Compliance vive per controllare l’operato dell’azienda ex post, oppure può intervenire anche nelle scelte quotidiane, nelle problematiche strategiche, nel lavoro del management? Antonio Sanna ha così spiegato questo punto “Telecom è stata una delle prime aziende in Italia a parlare di Compliance. Da sempre ci siamo chiesti se la struttura dovesse essere solo una funzione di controllo, o se potesse anche affiancare il management. La risposta non c’è, o per lo meno ad oggi non è definitiva. Probabilmente si viene a capo di questo nodo se si considerano Audit e Compliance due mestieri differenti, con diverse mission e diverse radici”.
L’una, meccanismo di controllo con l’obiettivo, per lo meno delle aziende quotate, di fornire trasparenza agli investitori, l’altra una struttura di affiancamento al vertice – che spesso risponde direttamente al CEO – in grado di guidare l’azienda verso le scelte migliori per l’azienda stessa e per gli stakeholders.


Ma ancora una volta le dimensioni della tipica azienda italiana rappresentano un ostacolo, o per lo meno limitano il reale sviluppo di queste competenze. Un’azienda come Indesit, Gruppo Merloni, ha destinato all’Audit 10 persone, contro le 75 di Telecom.
Come spiegato da Elena Figus, tutte riportano direttamente all’amministratore delegato e lavorano a stretto contatto con il direttore finanziario del gruppo, oltre che con l’ufficio legale. “Certo, il mestiere che facevo quattro anni fa era totalmente differente” spiega Elena Figus “Era un’epoca pre-Parmalat, pre-Cirio, pre-legge 262 e legge 231”. In altre parole, oggi l’Audit è una funzione che ottempera in larga misura agli obblighi imposti da Consob (o dagli altri organismi di controllo, se l’azienda è quotata su più Borse), e questo crea internamente alcuni problemi con le spinte propulsive date dal marketing, e dal management in genere.


Per concludere, infatti, oltre che una separazione di funzioni tra Audit e Compliance – dove i relatori si sono spinti ad affermare che la Compliance dovrebbe comunque mantenere una indipendenza intellettuale, al di là dell’indipendenza formale del gruppo di lavoro, cosa molto auspicabile ma forse difficile da mettere in pratica guardando proprio agli esempi di cattiva gestione finanziaria citati dalla Dottoressa Figus - il problema emerso è proprio la difficoltà di interazione tra management e gruppi di controllo. “Ogni intervento dell’Audit, è necessariamente uno strozzamento al business” conclude infatti Antonio Sanna. E in un momento di ripresa difficile, forse molti non se lo possono permettere.

 

06-Ott-2007

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