Home | News | Eventi | Community | Cerca Lavoro | Convenzioni | Collabora | DB Aziende  

Imprese di Successo

Imprese di successo

Attualità

Comunicazione

Marketing

Gestione Strategica

Tecnologia

Gestione Risorse Umane

Management

Formazione

Mercati Internazionali

Lifestyle

Imprese di successo

Capitani d'impresa

Recensioni

Business Papers

Sondaggi

Links

Iscriviti alla Newsletter

Email:

IN EVIDENZA

Brand Storytelling Awards 2012

Employer Branding Review

Net1news

  Follow eccellere on Twitter

PARTNERS

FrancoAngeli

IDC

Egea

 

 

Harmont & Blaine: da vent’anni cambiamo con coerenza

Domenico Menniti, amministratore delegato di H&B, spiega che il successo del bassotto è stare sempre in mezzo alla gente. Anche se ultimamente è in atto un profondo riposizionamento del brand.

di Enrico Ratto


Domenico Menniti,
Amministratore Delegato di
Harmont & Blaine

Nel 1987 Harmont & Blaine inizia a produrre guanti in pelle, poi passa alle cravatte, quindi all’abbigliamento mare fino ad essere riconosciuto oggi come un marchio per tutte le stagioni. Il segreto del successo è sapersi adattare e saper superare le crisi, che sembrano rimbalzare ogni volta di fronte alla tenacia dell’azienda napoletana. L’amministratore delegato e fondatore, Domenico Menniti, spiega ad Eccellere i passi della crescita di questa realtà tutta italiana che oggi fattura 45 milioni l’anno e sta crescendo soprattutto all’estero. Il segreto? “Sapere quando è il momento di salire in cattedra” spiega Menniti “ma sapere anche quando bisogna dialogare come se ci conoscessimo da sempre…”

E’ per questo, Signor Menniti, che Harmont & Blaine è il simbolo di una sfida continua, un’azienda che non si è mai seduta sugli allori? Nemmeno ora che è un brand riconosciuto e forte nel settore dell’abbigliamento maschile sembra abbia intenzione di fermarsi…

Siamo nati nel 1988 sotto il nome di PDM srl, tre soci, un’impresa specializzata nella produzione di guanti in pelle. Siamo nati sotto la legge 44 sull’imprenditoria giovanile, una legge molto criticata ma che ha saputo dare molto a chi aveva voglia di intraprendere un progetto. Produciamo guanti in pelle dall’89 al ’93, e in questo periodo succedono le seguenti cose: prima Guerra del Golfo, assalto all’Achille Lauro, attentati a Fiumicino. Il nostro principale mercato era quello americano, e agli americani viene sconsigliato di venire a fare acquisti nell’area del mediterraneo. Sul fronte interno, scoppia tangentopoli.

Niente male per una start up…

A questo aggiunga il fatto che nell’inverno del ’92 e ’93 si registrano le temperature più alte. Il fatturato scende del 50% in un anno per tutto il settore della guanteria, che era composto da un centinaio di aziende. Allora pensiamo che sia meglio cambiare settore: iniziamo a produrre cravatte di altissima qualità, nasce la Harmont, a cui aggiungiamo Blaine, nome che da molti viene giudicato impronunciabile. A questo aggiungiamo il simbolo del bassotto, che ci rappresenta in quanto cane dalle sembianze non proprio belle, e quindi molto abile nel trovare altri punti di forza…

Certo. E con le cravatte è andata meglio?

Stava andando tutto bene, finché nel 1994 Armani e Versace, in coro, pronunciano la seguente frase: la cravatta è morta. Vede, ora ridiamo, ma negli anni ’90 abbiamo riso meno. Boccheggiavamo. Iniziamo quindi a lavorare ad una linea di abbigliamento intimo, Papero Giallo, che oggi in pochi ricordano. Riusciamo a mettere la camicia da notte a Maurizio Costanzo e a Fiorello, nella prima edizione di Buona Domenica. Questo ci ha consentito di superare una grande crisi. Peccato che due anni dopo arrivano i telefonini…

Cosa significa?

Che il regalo era “il telefonino”. Papero Giallo, che era il tipico regalo di Natale, non ha più ragione di esistere: gli italiani regalano esclusivamente telefonini. Nel 1995 inventiamo così la prima collezione di boxer da mare dove il colore è il protagonista. Colorati e divertenti, i nostri boxer da mare sono così. Era l’epoca dei tre colori: grigio, nero e marrone. I grandi stilisti lavorano solo su questi colori, noi puntiamo sul colore.

E’ questo il momento in cui iniziate a specializzarvi sul mare?

Esatto. Lavoriamo sui teli di spugna, t-shirt… però avevamo sempre un prodotto mono-stagionale, che ci consentiva di vendere solo in primavera ed estate. Pensiamo così alla camicia. Giochiamo sempre sui tessuti, sul colore. La camicia col bassotto diventa un must.

E’ finita la crisi. Avete trovato il prodotto, ora si inizia a vendere…

Questo è il momento in cui Harmont & Blaine inizia un percorso virtuoso. I numeri sono ancora intorno ai 2 milioni e mezzo di fatturato, e ci avviciniamo al 2001. Arriva la crisi, che questa volta è per gli altri. Dai 2,5 milioni del 2001 arriviamo ai 45 del 2008, con incrementi del 30% l’anno e punte del 75%. In quei giorni del 2001 apriamo negozi monomarca che potessero dare sensazione all’offerta Harmont & Blaine. Oggi in Italia abbiamo 27 punti vendita monomarca, e altri 23 nel mondo. Stiamo aprendo a Mosca, Bucarest, Kuwait City…

Con quale criterio scegliete di inaugurare un punto vendita?

I punti vendita monomarca non devono per forza fare business, devono fare brand e dare sensazioni precise al cliente Harmont & Blaine. Abbiamo iniziato con il punto vendita di Capri, per arrivare a Portofino, Forte dei Marmi… tutto in stile Harmont & Blaine. Abbiamo poi sviluppato accordi molto interessanti, primo tra tutti quello con Rinascente. Quando Rinascente ha scelto la via del rilancio, ci hanno dato 20 metri quadrati nel negozio di Milano con l’impegno di fatturare 11 mila Euro a metro quadrato. Nel secondo anno i 20 metri quadrati hanno fatturato 778 mila Euro. Nei primi 6 mesi del 2008 il nostro tasso di crescita è stato del 45% nel negozio Rinascente di Milano, e oggi ci sono stati proposti 70 metri quadrati. Nel 2009, sulla scia di questo successo, apriremo il primo corner da Harrods.

Harmont & Blaine ha però consolidato il brand attraverso un abile uso dei testimonial, forse è una delle poche realtà italiane che è davvero riuscita ad utilizzare in modo efficace un testimonial…

Anche i testimonial hanno avuto le loro belle avventure. Nel 2006 Cannavaro non è ancora il campione del mondo, ma è uno dei tre juventini che quasi nessuno vorrebbe ai mondiali: con lui Lippi e Buffon. Noi abbiamo appena firmato per la nostra campagna. In poco tempo diventa campione del mondo, pallone d’oro, vince molto con il Real Madrid...

Avete intenzione di proseguire solo con la linea uomo, o ci sono altri progetti?

Nel 2006 abbiamo stretto un accordo con una piccola azienda napoletana per la linea bambino: Harmont & Blaine Junior. Era una piccola azienda, e oggi è tra i primi cinque marchi junior in Italia, fattura 8 milioni di cui il 5% all’estero. Con loro dovremo potenziare la quota estero.

E per quanto riguarda la linea femminile?

Siamo quasi pronti anche per la licenza della linea donna, ma è un argomento che dobbiamo affrontare con molto rispetto, così come abbiamo affrontato la linea bambino. Non vogliamo fare passi solo per aumentare di qualche euro il fatturato.

Come è posizionato il marchio Harmont & Blaine nel mercato dell’abbigliamento?

In questo momento ci stiamo riposizionando verso l’alto. In base a questa strategia lasceremo sul campo italiano cinque milioni di fatturato, ma che ci permetteranno di vivere più a lungo domani. Purtroppo dobbiamo rinunciare a quella fetta di mercato più bassa, perché comunque l’italiano medio non sta affrontando un buon periodo, e quindi crediamo che lo perderemmo comunque. Dobbiamo andare a prendere quella fascia di mercato che è in condizione di acquistare un nostro prodotto, ovunque esso sia. E’ per questo che stiamo crescendo all’estero, nei paesi emergenti. Dobbiamo iniziare ad essere riconosciuti come “non per tutti”. Il nostro prossimo testimonial sarà Alessandro Gassman.

Vi aspetta solo la quotazione, insomma, magari con l’obiettivo di investire all’estero…

Vede, le gare si vincono ai box, non in pista. E noi stiamo appunto attrezzando i box. Il primo bilancio certificato sarà quello del 2007, il secondo quello del 2008. Ciò significa che nel primo semestre del 2010 saremo pronti per la quotazione. Questo non significa quotarsi, significa essere pronti. Personalmente non voglio lasciare nemmeno un euro su un mercato finanziario così instabile per colpa d’altri. Oggi l’azienda ha un cash flow che ci permette di fare investimenti a nostro carico con tranquillità, a fine 2008 apriremo a Istanbul autofinanziandoci. E per quanto riguarda i fondi, in questo momento non siamo disponibili ad allargare la società ai fondi d’investimento: avremmo obiettivi diversi, loro tendono a monetizzare, noi ad allargare gli orizzonti. Dobbiamo ancora esaurire l’auto propulsione, siamo ancora in grado di proseguire con le nostre gambe.

Voi pensate di conoscere bene il vostro cliente? Investite in ricerca in questo senso?

Il nostro panel di riferimento siamo noi stessi, ci siamo auto-nominati. Questo per una serie di episodi, per cui ci aspettavamo un certo tipo di risposta e ne sono arrivate altre da altri canali. Personaggi molto elevati, istituzionali, che ci hanno detto di averci trovato su riviste popolari, non sul Sole 24 Ore… questo significa che ogni cliente è molto variegato, composito, complesso. Non bisogna tagliar fuori nessun media in maniera pregiudiziale, bisogna includere, perché le scelte del nostro cliente sono poco inquadrabili. Diciamo che il bassotto non sta chiuso nel canile, sta sempre in mezzo alla gente. Con coerenza.

4-Lug-2008

© 2008 - Eccellere - Business Community

 













 

ANNUNCI DI LAVORO
CORRELATI

Loading...


 

 

 

 

 

 

 

RUBRICHEMAPPA | COLLABORA

  NOTE LEGALI E COOKIE


Eccellere Business Community è una testata giornalistica registrata al Tribunale di Roma - n. 348 del 26/09/2008.
I testi rimangono proprietà intellettuale e artistica dei rispettivi autori. 2010 -
I contenuti di Eccellere sono concessi sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Unported. Ulteriori informazioni sono disponibili alla pagina Note legali.