Gestione efficace delle riunioni aziendali:
leggenda o utopia?
Se è vero che non si può vivere senza riunioni, è altrettanto vero
che gran parte delle riunioni cui si partecipa sono inutili. Oppure sono
gestite male, e diventano fonte di discordie, di inutile spreco di
tempo, e non servono a risolvere i problemi. Alcuni semplici
accorgimenti consentono però di aumentarne sensibilmente l’efficacia.
di
Marina Fabiano
Incontrarsi
con colleghi, clienti, fornitori; scambiare idee, prendere decisioni,
trasmettere informazioni: questi i motivi che ci costringono spesso a
impegnare una buona giornata di lavoro, in molti casi sostenendo lunghi
viaggi a fronte di un incontro di poche ore.
Eppure, non sempre risulta veramente necessario convocare o partecipare ad
una riunione; ma anche nei casi in cui è indispensabile farlo, assistiamo
spesso a penose situazioni di gestione inefficace della riunione, fino al
punto di rendere vano l’impegno di tempo e risorse richiesto ai
partecipanti.
Perché si fanno
La riunione è uno dei mezzi di comunicazione più odiati, vituperati e
insostituibili. In teoria è facilmente compensabile da comunicati interni,
e-mail o telefonate, ma in questo modo il gruppo di interlocutori si
sfrangia e manca il dialogo. Mettere insieme un certo numero di persone,
d’altra parte, è vantaggioso per la socializzazione, il coinvolgimento, la
partecipazione più ampia, la motivazione. Prima di dichiarare la volontà di
indire una riunione, dunque, meglio rispondere in proprio a qualche domanda:
- E’ proprio necessario incontrarsi o possiamo invece usare una forma
di comunicazione alternativa?
- Che obiettivi vogliamo raggiungere?
- Quali argomenti desideriamo esplorare?
Se la risposta c’è, è concreta ed affermativa, allora conviene prepararsi
bene a rendere la riunione efficace e concludente.
Che tipo di riunione
La riunione interna: senza troppe rigidità, l’incontro tra
colleghi è rivolto ad individui che hanno le stesse finalità, i formalismi
sono ridotti al minimo. Per questa ragione racchiudono il pericolo di
perdersi nei meandri delle socievolezze (“small talks”, le chiamano gli
americani, piccole chiacchiere che si trasformano in profusione di parole e
producono ritardi abissali nella tabella di marcia).
Le riunioni tradizionali: sono in genere fissate a scadenza,
quella di vendita ogni quarto lunedì del mese, quella amministrativa ogni
venerdì per contare i soldi in cassa, quella di marketing ogni fine
trimestre per decidere quali costi tagliare questa volta. Di stampo formale,
richiedono una preparazione preventiva, una scaletta determinata e una serie
di decisioni da avallare.
Il workshop, il seminario, il training: sono riunioni a doppio
senso, guidate da un facilitatore che non sempre ha la patente in regola.
Probabilmente conosce benissimo l’argomento da consegnare al pubblico, più o
meno assortito, ma non è padrone delle regole base della trasmissione di
conoscenza. In questo caso il suggerimento è uno solo: seguire un corso per
muoversi con disinvoltura di fronte a una platea e costruire una
presentazione che non porti allo svenimento per noia assoluta.
Il meeting, la conferenza, il convegno: sono occasioni in cui
alcuni individui posseggono argomenti da esporre, in genere tramite
interventi più o meno tecnologicamente appariscenti. In questo caso, di
solito, il problema sta nel costringersi in una comoda poltrona per molte
ore di fila, senza addormentarsi per lo sfinimento della concentrazione.
E infine la teleconferenza (e la videoconferenza): novità di
incontro a distanza che offre una variegata casistica di svantaggi e
occasioni di incomprensione, oltre a qualche minuscolo motivo di
apprezzamento.
Chi invitiamo?
Dopo aver chiarito gli obiettivi, gli argomenti e che tipo di riunione
vogliamo fare, la scelta dei partecipanti è fondamentale. Chi è
effettivamente coinvolto, chi può decidere, chi conosce la materia, chi deve
essere informato. Meglio non svuotare tutto un ufficio, ma nominare dei
rappresentanti che poi si faranno carico di riferire, magari con l’aiuto
degli appunti e del verbale che ogni riunione efficace dovrebbe produrre. Se
tutti sono da coinvolgere, è opportuno fare più riunioni, oppure utilizzare
orari di poco traffico lavorativo (pausa pranzo, mattina presto, pomeriggio
inoltrato). Il numero ideale dei partecipanti è 10 o 12 persone, per gestire
al meglio gli scambi comunicativi. Una bella convocazione, ricca di dettagli
e di contenuti, aiuterà la riunione a partire senza troppe spiegazioni
introduttive.
Il tempo e il metodo
La struttura dei tempi e metodi l’ha inventata Taylor, ma vale ancora
oggi. Una riunione ben calibrata e preparata, con tanto di tempi (da
rispettare) e sistemi di intervento e di decisione, vale tanto oro quanto il
prezioso tempo investito. L’orario di inizio, per esempio, va rispettato con
precisione, evitando i ritardi in apertura come la peste bubbonica. Perché
all’estero si comincia “just-in-time” e si guarda storto chi arriva in
ritardo? Perché non siamo capaci di copiare questa bella e sana abitudine
che ci farebbe risparmiare il nostro già sfilacciato tempo?
Quindi partiamo con il piede giusto, definiamo obiettivi, argomenti e
partecipanti, e occupiamoci della logistica, da non sottovalutare. Il luogo
dove terremo la riunione deve essere sufficientemente spazioso, arieggiato,
luminoso e accogliente. Gli spazi ristretti, polverosi perché poco
frequentati, con scarsa luce che induce al torpore, con aria limitata che
provoca disagio, non permettono ai costosi cervelli qui riuniti di dare il
meglio delle proprie brillanti idee. Posti a sedere per tutti. Non
costringiamo la gente a stare in piedi, dopo pochi minuti la concentrazione
scenderà a livello del pavimento per non sollevarsi mai più.
E ora l’agenda, la lista degli argomenti o degli interventi, l’ordine del
giorno. Sarebbe bello consegnarla ai convocati con un certo anticipo, in
modo che tutti possano eventualmente prepararsi domande o precisazioni, o
solo farsi un’idea di ciò che verrà discusso.
I tempi, anche loro, vanno scanditi con precisione: all’inizio
l’attenzione è leggera, poi si entra nella fase di assoluta concentrazione,
che però difficilmente dura più di un’ora e mezza. A questo punto serve una
pausa di ristoro (caffè, acqua, necessità fisiologiche – lo sapevate che di
fronte al disagio fisiologico l’attenzione cala dell’80%?). Quindi siamo
pronti per un’altra ora impegnata. Meglio quindi inserire gli argomenti
spinosi e i dilemmi nebulosi nella prima parte della riunione. La seconda
parte sarà dedicata a spolverare le incertezze e trovare la soluzione di
largo consenso. L’ultima mezz’ora va via in scritture: quali sono le
conclusioni, quali azioni sono state decise, chi ne ha la responsabilità,
entro quando.
Se durante la riunione salta fuori un tema imprevisto, sta a chi coordina
decidere se il nuovo titolo può essere inserito, stringendo i tempi agli
altri, o se dovrà essere rimandato al prossimo incontro. Non occorre essere
inflessibili, soltanto avere una struttura e rispettarla per quanto
possibile.
Non sparate sul coordinatore
Il padrone di casa ha diversi compiti. Innanzi tutto rappresenta colui
che ha indetto la riunione, quindi la responsabilità del buon ritorno
sull’investimento di tempo e risorse è sua. Ha preparato la scaletta degli
argomenti, ha convocato i partecipanti, ha concordato gli interventi, si è
accertato della disponibilità di un luogo accogliente, stilerà le
conclusioni finali e si farà carico di comunicarle. Ma non basta: durante la
riunione ha il compito di far scorrere i vari temi, di non permettere che ci
si incagli in una divergenza, di riassumere e accompagnare le decisioni, di
sedare gli animi tumultuosi, di riportare a terra i voli pindarici; insomma,
di tenere le fila della trama affinché il tessuto emerga compatto e
completo. Il coordinatore è colui che facilita la riunione verso conclusioni
efficaci, decisioni di comune accordo, entusiasmo e aspettativa per la
prossima volta.
Compito non facile. Il coordinatore deve possedere doti di leadership,
autorevolezza e rispetto per tenere a bada gli indiavolati personaggi in cui
i nostri pacati manager si trasformano quando hanno un’idea da difendere a
tutti i costi. Mai al vergognoso livello dei nostri ministri, ma talvolta le
intemperanze emergono anche nel mondo degli affari. Deve animare
costantemente la riunione che sta divagando, mantenere elevato l’interesse
di tutti, attutire le conflittualità, gestire equamente le divergenze di
opinione. Un artista? Sì, della comunicazione. E poi ci sono i personaggi
difficili: quelli che parlano troppo, quelli che pretendono decisioni
immediate, quelli che ingaggiano duelli personali con gli altri, quelli
distratti, quelli che bisbigliano, quelli che non ascoltano, quelli che si
fanno i fatti propri.
Le domande indisciplinate
Tra i bisogni umani fondamentali ben conosciamo: il benessere economico,
il senso di appartenenza, la necessità di riconoscimento, l’autonomia. Bene,
nel gruppo non possiamo trascurare i comportamenti che nascondono
significati in linea con questi bisogni importanti. Ancora una volta il
coordinatore è chiamato ad ammorbidire l’atmosfera dando subito alla
riunione un taglio di coinvolgimento. Invece di “desidero comunicarvi una
nuova procedura”, meglio “vorrei approfondire con voi i concetti di una
nuova procedura che sembra essere convincente”. Ascoltare i diversi pareri e
trarre le conclusioni. Comunicarle in modo che sia chiara l’approvazione del
gruppo. E prepararsi alle domande indisciplinate, quelle sicuramente
contrarie, quelle che cercano il pelo nell’uovo, quelle che smontano
l’impalcatura, soprattutto se già traballante. Smorzare il fuocherello
latente è sempre meglio che chiamare i rinforzi per spegnere l’incendio
ormai divampato. Con calma, con decisione, con savoir faire.
Dopo la riunione
La riunione in realtà non termina quando si lascia la sala. Ogni
partecipante avrà i suoi compiti e le sue informazioni. Il coordinatore si
occuperà di divulgarle al più presto (non dopo una settimana!), complete di:
- Abbiamo deciso che…
- Tizio si farà carico di… entro il …
- Caio procurerà altre informazioni e le trasmetterà a tutti entro il
…
- La prossima volta parleremo di ….
Non confondiamo questa comunicazione con i soporiferi verbali delle
riunioni di condominio: bastano poche righe, chiare e semplici, per creare
un verbale fuori dagli schemi ma efficace. Completo di data e nomi dei
partecipanti.
A parte la struttura, sulla quale abbiamo speso qualche centinaio di parole,
non dimentichiamo che le riunioni efficaci dipendono dalle persone che
partecipano. Se condividerete le prossime riflessioni e le farete vostre,
riuscirete a ridurre sensibilmente le situazioni stressanti:
- accettare le persone per quello che sono
- restare nel presente, non perdersi a rivangare il passato
- trattare le persone come individui, tenendo conto del loro carattere
- trattare tutti con equità
- avere fiducia, anche se si annusa il rischio
- non pretendere approvazione costante: il proprio successo personale
non è certo lo scopo della riunione
6-Ott-2007
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