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Export, istruzioni per l'uso

di Michele Lenoci

Non è sufficiente avere l'etichetta “Made in Italy” per invogliare gli stranieri all'acquisto. Molte delle nostre imprese ritengono che grazie a questa etichetta i nostri prodotti si venderanno da soli, ed invece accade spesso il contrario.

Non passa giorno che non si parli di internazionalizzazione, di globalizzazione, di export. Per affrontare questa avventura vediamo alcuni degli elementi necessari per farvi fronte:

  • Qualità dell’azienda: Per avventurarsi nei mercati internazionali bisogna godere di ottima salute. Internazionalizzarsi è come partecipare ad una Olimpiade, ed il buon senso impone di analizzare per primo la cosa più importante, che è lo stato di salute degli atleti. Dunque argomenti come la certificazione di qualità, il controllo di gestione, lo studio e l’analisi del mercato, il check-up aziendale, etc., non sono solo dei costi ma un investimento che consente all’azienda di far fronte alla globalizzazione.
     
  • Qualità dei prodotti: sul mercato si riesce a vendere di tutto, che sia di buona qualità o meno. Infatti la vendita di un prodotto dipende in realtà sia dal piano di promozione (è necessario cioè farlo conoscere perché nessuno compra qualcosa di cui non sa l’esistenza) che da quello di commercializzazione (individuazione dei canali giusti per la vendita).
     
  • Promozione: è fondamentale far conoscere i prodotti nei mercati internazionali con azioni strutturate di medio-lungo periodo, evitando le attività “mordi e fuggi” che danno risultati molto scarsi. Se facciamo conoscere i nostri prodotti e poi scappiamo perché crediamo che i compratori si siano innamorati di ciò che produciamo accadrà che gli ordinativi non arriveranno, oppure si esauriranno in breve tempo a favore dei nostri concorrenti che invece presidiano quel mercato.
     
  • Commercializzazione: non basta solo far conoscere il prodotto, ma bisogna individuarne il canale di commercializzazione più idoneo. Ogni prodotto (dal migliore al peggiore) ha il suo canale di distribuzione che va seguito e monitorato.

Non è sufficiente avere l'etichetta “Made in Italy” per invogliare gli stranieri all'acquisto. Molte delle nostre imprese ritengono che grazie a questa etichetta i nostri prodotti si venderanno da soli, ed invece accade spesso il contrario. Basti pensare che solo la metà dei consumatori statunitensi ritiene che il “Made in Italy” sia importante nella scelta di un prodotto e molti comprano surrogati di prodotti italiani come il Parmesan argentino o le piastrelle turche perché costano meno o perché sono più note in quel mercato.

Nulla si vende da solo, bisogna fare promozione, ricerca, formazione (cioè investimenti, e quindi aprire il portafoglio). Evitando di risparmiare il più possibile; perché altrimenti investendo somme così esigue non si raggiungono i risultati sperati, come tante missioni commerciali che poi si trasformano in gite turistiche, perché una missione commerciale ben fatta ha costi sensibilmente più alti.

Tuttavia non basta avere solo il budget a disposizione, bisogna saperlo spendere con progetti credibili e realizzabili.
Illuminante in questo senso sono i Fondi Strutturali UE che avrebbero dovuto aiutare gli operatori (in particolare quelli del mezzogiorno) finanziando piani di lavoro per sviluppare l’internazionalizzazione delle imprese, ma siccome questi progetti erano viziati dalla mancanza quasi assoluta di competenza su questa materia (in particolare considerando come internazionalizzazione il finanziamento per la partecipazione a fiere senza capire i reali fabbisogni delle imprese), ci ritroviamo nella situazione attuale, con un nulla di fatto. La prova? Un monitoraggio effettuato dal Ministero dell’Economia sullo stato di realizzazione dei fondi strutturali dopo tre anni di attuazione del ciclo di programmazione 2000-2006 nel Mezzogiorno dimostra che, sebbene siano stati utilizzati l’80% dei fondi (ottimo risultato), la capacità di esportazione è addirittura peggiorata!.
Se dunque prima per incapacità non eravamo in grado di utilizzare i soldi dei Fondi Strutturali, adesso che abbiamo imparato, seppure con molto ritardo, siamo capaci di far peggiorare una situazione tutt’altro che rosea.



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