Giampaolo Fabris: rifondiamo il marketing
Societing, il titolo del suo ultimo libro, è
già un neologismo utilizzato dagli operatori del marketing. E' la società a
fare il marketing, non più le aziende in maniera verticale. L'intervista di
Eccellere al noto sociologo per capire chi dovrà fare il primo passo.
di
Enrico Ratto
I grandi mercati di massa non sono più dominanti, la società del grande
ceto medio non si è realizzata. Secondo Gianpaolo Fabris, autore del libro "Societing.
Il marketing nella società post-moderna" (Egea Editore), qualcuno dovrà
tener conto di tutto questo, perchè il vecchio sistema di vendita e
comunicazione del prodotto sta accusando seri colpi.
Giampaolo Fabris,
sociologo e autore del libro "Societing" |
Professor Fabris, anche una certezza antica come il vecchio incontro
tra domanda e offerta, può andare verso il fallimento di fronte al mutare
dell'assetto sociale?
Il marketing nasce in una società post-taylorista, ma che ha ancora in sé
i fondamentali del taylorismo. Nasce in un periodo in cui si prospettava una
gigantesca società di ceti medi, nella quale il consumatore è una figura
passiva, una società in cui vi era una forte asimmetria informativa e in cui
tutto il potere era nelle mani dell'impresa.
Come sono cambiate le cose negli ultimi decenni?
Prima di tutto è cambiato il sociale, il mondo si è rivelato molto più
frammentato rispetto ai modelli proposti. L'individuo ha dimostrato una
grande "individualità" e il consumatore, termine tipico del marketing
vecchio stampo, dopo aver fatto un lungo periodo di apprendistato, ha
imparato il mestiere.
Si dice infatti che consumare sia un mestiere...
Esatto. Gli individui hanno imparato questo mestiere. Poi sono arrivate
le tecnologie digitali: il detonatore. La tesi del mio libro è che sta
iniziando un'epoca nuova, ma voi, uomini di marketing, non ve ne siete
accorti.
E quando i marketing manager, o gli imprenditori stessi, se ne
accorgeranno, come dovrà cambiare il loro atteggiamento?
Dovranno pensare al marketing come a qualcosa di orizzontale, non più
verticistico. Si è passati dal modello "da uno a molti", poi al modello "da
molti a uno", infine oggi si opera nel modello "da molti a molti".
Però sono stati inventate nuove strategie di marketing, con un occhio
a quest'ultimo modello...
Sono strategie più di maniera che di sostanza. Non si tratta di inventare
una nuova strumentazione all'interno di un modello e di una concezione
antica. Si tratta di rifondare il marketing.
Che ruolo deve avere il marketing?
Il marketing deve tornare ad essere una funzione nobile all'interno
dell'impresa. Oggi spesso si pensa al marketing e agli strumenti di vendita
e di comunicazione come a qualcosa di mistificatorio. E' il risultato di
anni di vecchie procedure verticali. Dovrebbe cambiare anche l'uso dei
termini: il consumatore visto come una preda, la parola target è troppo
militaresca... In futuro dovrà esserci relazione, rapporto dialettico tra
l'impresa e chi usufruisce dei suoi beni e servizi.
Quale errore ha commesso il marketing per ottenere questi risultati?
Il marketing ha fatto l'errore di traslare le strategie competitive tra
le aziende, quelle azioni che portano ad una sana concorrenza, sul rapporto
impresa - cliente. Si è visto il cliente come un qualcosa da conquistare,
non come un partner o un committente. L'impresa dovrebbe capire che se il
consumatore diventa un collaboratore, questa sua posizione acquista un
significato molto interessante, soprattutto in una prospettiva di business.
Perchè le aziende fanno business, non pensiamo che facciano altro.
Quella
asimmetria informativa in cui è cresciuto il marketing, con le nuove
tecnologie, si sta appiattendo sempre di più...
Il successo delle auto Km Zero, l'abbattimento degli intermediari, sono
tutti indicatori di un cliente che conosce molte più cose rispetto al
passato.
Ma seguire nuove strade, adottare nuove strategie, va d'accordo con un
periodo economico così difficile?
L'azienda deve adottare il marketing più efficace possibile. La mia idea
è che sia molto più efficace il marketing che dialoga con il consumatore,
rispetto al vecchio modello. Quanto Procter & Gamble, Fiat, aziende
importanti, investono in queste nuove strade, non è che non abbiano la
contingenza di vendere i prodotti, non lo fanno solo per sperimentare. Lo
fanno perchè credono sia la strada più efficace. Il libro non è un
wishful thinking, è una analisi dello stato delle cose.
Il successo dei grandi marchi, di chi spinge molto il brand a scapito
del prodotto, sembra però dire "guardate che una volta ottenuta la fiducia,
il consumatore non confronta più i prodotti, non si pone più molte domande".
Questo atteggiamento è esattamente l'opposto che vede il cliente interessato
a conoscere sempre più...
Per una stragrande maggioranza dei beni e dei servizi, il consumatore non
si porrà mai problemi. Per i prodotti quotidiani, probabilmente
continueranno ad esserci comportamenti non-critici. Ma per i consumi che
contano, ci troveremo di fronte ad un cliente proattivo. Tutto ciò che viene
venduto su internet è più legato al prodotto che alla marca: alberghi, voli,
conti correnti... C'è un confronto continuo "tra molti e molti" che spinge
alla conoscenza.
In un modello di marketing "tra molti e molti" che cosa deve fare un
marketing manager per seguire lo sviluppo di un prodotto?
Il tempo delle vecchie ricerche di mercato è ormai concluso: creano solo
delle caricature. In termini più generici e orizzonti più lontani, ci si
chiede anche se il vecchio totem della crescita non sia un asset da mettere
in discussione. Il marketing deve dialogare sempre più con tutti gli
stakeholders, non solo badare al profitto continuo e crescente. E' un
meccanismo più complesso, ma perchè è la società ad essere più complessa. E'
la società che ci siamo prodotti da soli.
Chi dovrà segnare il cambiamento? Gli imprenditori, gli operatori del
marketing, le istituzioni?
La scuola. Le università, le business school. Dovranno nascere dei
dibattiti molto duri sull'argomento, bisognerà scrivere dei manifesti del
nuovo marketing per laicizzare i pilastri del vecchio sistema di fare
mercato.
30-Lug-2008
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