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Customer Satisfaction, addio. Adesso si punta alla Human Satisfaction.

Riportare l’essere umano, anziché il consumatore, al centro delle attenzioni e degli obiettivi delle imprese. Marzio Bonferroni, Presidente di Uni.One srl, ci spiega perché conviene orientarsi alla Human Satisfaction.

di Nicolò Occhipinti

 

“L’impresa non può restare ancora il centro dell’universo del mondo degli affari”, in quanto “il consumatore e la sua soddisfazione sono il vero centro”. Con queste parole, in un celeberrimo articolo pubblicato nel 1960 su Journal of Marketing, Robert J. Keith annunciava la “Marketing Revolution” e affermava che il profitto è da considerarsi come un “premio” che il mercato riconosce all’impresa che meglio delle altre soddisfa i bisogni dei consumatori.

Marzio Bonferroni

Marzio Bonferroni
Fondatore e Presidente di Uni.One srl

Oggi la vera opportunità è offerta dal riconsiderare il consumatore in una prospettiva più completa, di ascolto e comprensione del suo modo di essere. L’atto di consumo, i comportamenti e le attitudini sono secondari all’essere umano, che ne determina preferenza e tempi.
“Il concetto della Customer Satisfaction evolve nella Human Satisfaction, e il raggiungimento degli obiettivi di profitto è ottenuto attraverso la creazione di relazione, fiducia e completa soddisfazione dell’essere umano-cliente”. E’ quanto afferma Marzio Bonferroni, fondatore e presidente di Uni.One srl (www.unione-adc.it), docente incaricato per il Laboratorio di Comunicazione alla Facoltà di Economia di Firenze e alla IULM di Milano per il corso di immagine e posizionamento della marca, nonché autore di numerosi articoli e libri sul marketing pubblicati da Il Sole 24 ORE e FrancoAngeli.

Eccellere lo ha intervistato per conoscere la sua opinione sulle tendenze evolutive del marketing e per sapere come l’orientamento alla Human Satisfaction possa influire sulla competitività delle imprese.

In un suo recente libro dal titolo “Human Satisfaction - La comunicazione d’impresa verso un nuovo umanesimo”, edito da FrancoAngeli, ravvisa profondi mutamenti nel marketing e nella comunicazione d’impresa e annuncia la nascita di una nuova era, da lei battezzata “NovoEvo”. Come prevede che evolverà il rapporto tra impresa e consumatore nel NovoEvo?

La mia previsione è anche un atto di speranza. Non esistono, penso, previsioni che non si basino su una o più “utopie”, considerando comunque, come dice Claudio Magris, che “l’utopia è il tener conto della realtà ma desiderare nello stesso tempo che possa essere come dovrebbe essere”. Il rapporto fra impresa e consumatore dovrebbe dunque potersi evolvere secondo i parametri che caratterizzano lo stesso rapporto umano. Dapprima ci si conosce, poi si decide di frequentarsi se scatta un certo feeling, quindi si emettono più o meno rapidi “spot” personali per determinare nella controparte un’opinione positiva e un desiderio di relazione.
Da queste fasi iniziali di un rapporto, che caratterizza alla radice io credo anche lo stesso rapporto fra marca e consumatori (pardon… esseri umani), si passa alla fase più tipicamente relazionale, in cui si dovrebbe tendere con modalità meno emozionali e più volitive della fase iniziale, a incrociare le necessità espresse dal cliente-essere umano con le soddisfazioni espresse dalla marca, considerandole entrambe in modo paritetico dei reali valori complementari e necessari l’uno all’esistenza dell’altro.


Human Satisfaction
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Spero, ma anche prevedo, che il rapporto fra l’impresa e il proprio pubblico attuale e potenziale si evolverà nella direzione di una maggiore considerazione del tessuto relazionale e della conseguente area della loyalty, anche perché, considerazioni etiche a parte, le stesse imprese non potranno non rendersi conto che una nuova filosofia di “ascolto” delle necessità e conseguente tendenza alla relazione e alla loyalty non potrà che portare benefici di profitto, quale conseguenza di un rinnovato spirito di servizio.

Perché ricorrere al concetto di Human Satisfaction? Una nuova moda o un approccio rivoluzionario al marketing e alla comunicazione d’impresa?

Niente si crea e niente si distrugge, neppure nel campo del marketing e della comunicazione d’impresa. Cambiano le espressioni formali, ma la sostanza dei rapporti umani credo si basi su elementi valoriali sempre presenti nella storia e nella pratica quotidiana. Platone diceva che “nella comunicazione interpersonale zampilla la verità, come una luce che si accende allo scoccare di una scintilla”. E se un’impresa oggi offre il prodotto e il servizio giusto al momento più opportuno, questa luce che si accende è dunque il risultato della soddisfazione di chi scopre nel mercato la possibilità di risolvere una propria necessità nel modo più completo possibile.
Pertanto la Human Satisfaction, da considerare non come rivoluzione, bensì come evoluzione della customer satisfaction, mi auguro non sia vissuta come moda da chi deciderà di dedicare attenzione a questo passaggio, bensì come una reale intenzione di offrire comunicazione, prodotti e servizi orientati ad una più completa soddisfazione delle istanze della persona, valutabili negli aspetti etici e razionali, oltre che in quelli puramente emozionali. Questi, se considerati come gli unici, sono destinati ad una vita assai breve, più consumistica che indirizzata ad una più reale e completa soddisfazione umana in cui l’atto di consumo sia dunque una parte, anche se rilevante, ma non il tutto.

Esistono ormai numerosi e consolidati metodi di misura della customer satisfaction, alcuni dei quali menzionati nel suo stesso libro. Quali strumenti consentiranno di misurare il livello di Human Satisfaction?

Il nuovo modello di ricerca per misurare il livello di Human Satisfaction, è in avanzata fase di messa a punto, dopo un primo periodo di costruzione del metodo e delle tecniche con un gruppo di ricercatori altamente qualificati sotto il profilo scientifico. Posso soltanto anticipare che il modello di ricerca si chiamerà MOV (Map of voices), e tenderà ad analizzare sia il grado di necessità che il grado di soddisfazione attribuibili ai diversi item presenti nella psiche umana in un determinato momento, nelle tre aree fondamentali che compongono il totale della Human Satisfaction, ovvero emozione, ragione ed etica. Il grado di necessità di ogni item sarà presente indipendentemente dall’agire di una determinata impresa o marca, e nel rapporto con la soddisfazione proposta in comunicazione si potrà verificare lo scarto fra soddisfazione ottimale e soddisfazione effettiva. Tale scarto potrà essere verificato periodicamente per fornire un quadro comparato progressivo dei risultati positivi o negativi ottenuti e per poter mirare comunque alla massima soddisfazione possibile. Le prime analisi sul campo stanno offrendo significativi e incoraggianti risultati.
E’ indubbio comunque che un sistema preventivo e successivo di ricerca tendente ad una visione olistica sia comunque da considerare una base razionale e il più possibile scientifica della Human Satisfaction, quale visione e metodo che permetteranno di fornire alle imprese parametri oggettivi per la misurazione dell’efficacia della comunicazione e dello stesso impianto di marketing che ne è alla base.
Non è facile per un imprenditore e comunque per un manager spogliarsi della propria soggettività e misurare l’efficacia e i risultati anche se contrari alle proprie convinzioni. Ma un’impresa dovrà sempre di più basarsi su dati oggettivi, come del resto una persona nella sua vita, e non soltanto su impulsi di carattere emotivo, pur sempre necessari per tracciare elementi creativi originali e innovativi da sottoporre al giudizio finale, che sarà sempre del pubblico. Come avviene misurando le vendite dei biglietti per un film o per uno spettacolo teatrale.

Quali relazioni esistono tra il concetto di Human Satisfaction e quello di Corporate Social Responsibility?

La Human Satisfaction è il fine, l’obiettivo olistico a cui tendere, per fornire la massima soddisfazione possibile al pubblico e di conseguenza per ottenere duraturi risultati di profitto. La CSR credo sia da interpretare come una grande opportunità, un grande e nobile “mezzo” a disposizione delle imprese, affinché ogni attività nell’impresa sia orientata alla società e mossa dalla responsabilità, quale elemento etico fondamentale per la vita dell’impresa, come di ogni essere umano.
La Human Satisfaction si pone come passaggio dal macro al micro cosmo, in quanto ogni società è fondata sui nuclei essenziali, sulle comunità familiari, sulle comunità etniche e religiose, sulle comunità che si creano spontaneamente intorno a passioni sportive o culturali ma, a ben considerare, il vero nucleo fondante di ogni comunità, di ogni società e di ogni mercato, è da vedersi nella persona umana, mirabilmente composta da pulsioni emozionali, razionali ed etiche, analizzabili ognuna nei diversi elementi, o item, e che, se ben compresi, ci permettono di avere una profonda conoscenza dell’obiettivo o degli obiettivi a cui tendere.
La domanda mi sollecita una piccola provocazione, e a immaginare per la CSR una visione di CHR, ovvero di Corporate Human Responsibility, onorando la quale di conseguenza si dovrebbe onorare la CRS. Il dibattito continuerà e forse è giusto che non abbia mai termine, evolvendosi man mano che si evolveranno nuovi metodi, nuove visioni e nuove tecniche. Ritengo che il parametro fondamentale nel tempo sarà sempre la qualità della vita umana e il suo possibile continuo innalzarsi, quale obiettivo essenziale e fonte di soddisfazione e di senso positivo nel lavoro e nella vita di un’impresa, così come di un essere umano.
Certamente né la CSR né la Human Satisfaction saranno viste di buon occhio da chi avrà deciso egoisticamente di passare da scorciatoie poco umane e senza valori etici, per ottenere il massimo risultato di profitto, considerando come il fine possa giustificare ogni mezzo. Ne abbiamo esempi illustri quasi tutti i giorni.

In che modo l’orientamento alla Human Satisfaction può contribuire al successo competitivo di un’impresa?

In qualche modo a questa domanda forse ho già almeno in parte risposto. Fondamentalmente credo che un orientamento alla Human Satisfaction, per riportare fiducia verso un “nuovo umanesimo”, possa contribuire al successo di un’impresa identificandola e posizionandola completamente dalla parte del pubblico, quale entità operante ogni possibile sforzo per ascoltarlo, e per comprenderne a fondo le necessità da risolvere. Un’impresa “human oriented” credo che obiettivamente potrà avere più valore di un’impresa “customer oriented”, poiché tenderà a valutare come il customer sia in realtà calato in una dimensione umana in cui l’atto di consumo rappresenta una porzione e non il tutto.
La “sfera umana” delle necessità comprende dunque anche gli atti di consumo, e se considerata da un’impresa nella sua interezza, potrà farla vivere accanto al suo pubblico e non al di fuori o, peggio ancora, contro le sue necessità. Anche in questo caso penso aiuti considerare quanto umanamente avviene fra persone che si conoscono e decidono di frequentarsi. Si tenderà nel tempo a dare fiducia e a considerare veri amici coloro che sanno ascoltarci, che sanno ogni tanto chiederci “come va?” senza avere altri fini se non quello palese e vissuto, di desiderare il nostro bene.
I filosofi ci dicono che noi esseri umani desideriamo nel profondo la felicità. Pertanto, se un’impresa farà capire al proprio pubblico nei fatti concreti che effettivamente desidera la sua felicità, avrà certamente imboccato il cammino della reciproca fedeltà e del successo più duraturo.

 

4-Gen-06

© 2006 - Eccellere - Business Community

 

 


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