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Un’irresistibile richiesta di packaging

Nuovi spiragli si aprono per il packaging in Italia. Un’area aziendale su cui di recente si stanno concentrando le azioni di marketing di molte imprese nazionali ed internazionali.

di Rosvanna Lattarulo

 

Concorrenza spietata, scarsa differenziazione dei prodotti e caratteristiche sempre più facilmente replicabili, stanno spingendo molte aziende ad investire sul packaging, ovvero sugli abiti che i prodotti indossano sul mercato.
Abiti accattivanti, gradevoli, appealing, che hanno l’obiettivo dichiarato di ricordare la casa produttrice ed il suo universo valoriale. Abiti che, fino a vent’anni fa, rappresentavano un anello debole, quasi insignificante, della catena del marketing aziendale, una spesa aggiuntiva, ai limiti del superfluo, su cui poter “tagliare” nei momenti difficili. Oggi il packaging rappresenta, soprattutto per i brand più forti, il centro d’azione del management, uno strumento vincente per la scelta dei prodotti sugli scaffali, l’anello di congiunzione tra chi produce e chi consuma.

Talvolta, soprattutto nel caso dei beni di lusso (come profumi e cosmetici) la confezione diventa persino un oggetto di culto da esporre così come è. Casi estremi, che fanno del packaging un vero e proprio “overpackaging”. Casi in cui la confezione stessa è un prodotto da vendere e su cui investire. Con inevitabili ripercussioni, anche pensanti, sul costo finale del prodotto e sui consumatori attenti ed esigenti.

Casi interessanti di pionierismo sul packaging in Italia, sono rappresentati dalla Perugina, che continua a immettere sul mercato sempre nuovi e sorprendenti imballaggi strategici per il suo prodotto di punta, i Baci e il Mulino Bianco che per la prima volta ha proposto biscotti confezionati in sacchetti richiusi. E ancora, la Fanta che, di recente, ha modificato il design della sua bottiglia che da “straight wall” di forma rigida e obsoleta si è evoluta in una “contour” sinuosa e ondulata, piacevole da guardare e facile da impugnare. Inutile, soffermarsi poi sul Tetrapak e sulle innovazioni che ha portato nel mercato delle bevande la sua introduzione.

 Se guardiamo oltre ai confini nazionali spicca il caso Coca Cola, azienda leader nella produzione di bevande analcoliche che distingue il suo packaging in base ai canali distributivi. Ed ecco che in alcuni ristoranti e discoteche viene servita in bottiglie di alluminio dalla forma sexy, un materiale che, come racconta Vermondo Busnelli, Resp. della Tutela Ambientale del gruppo Coca Cola, rivela il tentativo di coniugare le esigenze estetiche del prodotto con il rispetto e la tutela dell’ambiente.

Di pari passo con la crescita dell’attenzione verso le problematiche ambientali è il successo del PET, un nuovo materiale riciclabile di plastica per l’imballaggio di detersivi e saponi. Non fa eccezione a questo maggior interesse verso il confezionamento dei prodotti il mondo dei servizi: conti correnti, software ecc. si vestono di abiti sempre più accattivanti e gradevoli alla vista. I costi, tranne per il lusso estremo, dove il contenitore è una scultura, e l’aumento dei costi può essere tollerato dai consumatori, vengono ammortizzati con tagli ai costi di pubblicità o di promozione del prodotto. Una scelta strategica che è stata premiata nel tempo, perché “il packaging è come un venditore silenzioso – racconta Guido Corbella Presidente dell’Istituto Italiano dell’Imballaggio – attrae l’acquirente e tante volte l’aspetto ha più valore del contenuto.” e ammette che “spessissimo nella GDO il prodotto viene scelto per la forma del contenitore”.

19-Mar-2006

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