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      | Un’economia dinamica nel Golfo Persico: il caso 
		degli Emirati Arabi UnitiDa raccoglitori di perle e pescatori a 
		spregiudicati finanzieri: gli Emirati Arabi Uniti hanno conosciuto una 
		crescita economica impressionante negli ultimi anni. Il segreto di 
		questo successo viene da un’oculata gestione dei proventi del greggio, 
		utilizzati per rivoluzionare completamente la società emiratina. di Manlio Masnata
  A 
	cavallo tra il secolo XIX e XX i territori facenti attualmente parte degli 
	Emirati Arabi Uniti (EAU) erano noti con il nome di “Costa dei pirati”, e i 
	suoi abitanti sopravvivevano soprattutto di pesca, commercio delle perle e 
	di schiavi, e, come intuibile, delle razzie compiute ai danni delle 
	imbarcazioni che transitavano per il Golfo Persico. Ma poi, intorno al 1940, vengono scoperti ingenti giacimenti di petrolio e 
	per queste piccole, e fino ad allora semisconosciute monarchie assolute, 
	inizia una vera e propria età dell’oro.
 Ma le fortune di questa giovane confederazione (gli Emirati sono 
	indipendenti de facto da poco più di 3 decenni) sono dovute in gran parte 
	all’attenta gestione dei proventi dell’export del greggio messa in atto 
	dagli sceicchi, cha hanno saputo intelligentemente reinvestire i profitti 
	petroliferi in altre attività economiche, creando così un futuro per il 
	proprio Paese anche per gli anni a venire, quando le risorse energetiche 
	saranno terminate.
 
 
   Il quadro economico generale Dal 1962 l’esportazione del petrolio, come detto, ha trasformato 
	radicalmente la società di questa federazione che si affaccia sul Golfo 
	Persico. L’Emiro di Abu Dhabi, proprietario della quasi totalità dei giacimenti di 
	idrocarburi (detiene il 94% delle risorse), ha promosso l’investimento delle 
	rendite petrolifere nella costruzione di uno Stato moderno e con elevati 
	standard di vita. Il risultato è un Paese con un’economia molto aperta, 
	ottimi livelli di reddito pro capite e dati demografici che lo collocano tra 
	quelli ad alto sviluppo umano.
 A partire dagli anni ’80 è stato creato un clima favorevole per gli affari, 
	eliminando i controlli sugli scambi e agganciando la moneta nazionale al 
	dollaro.
 Oggi gli EAU sono proiettati verso lo sviluppo dei servizi. In particolare, 
	Dubai si propone come un importante centro per le telecomunicazioni e i 
	servizi a livello regionale ed internazionale.
 Il petrolio, comunque, svolge ancora un ruolo molto importante nella 
	formazione del PIL: gli EAU sono infatti il quinto produttore al mondo di 
	petrolio. La produzione di greggio è attualmente di 2,62 milioni di barili 
	al giorno (dati del 2006). Vi sono anche ingenti riserve di gas naturale, 
	che pongono così gli EAU al quinto posto della classifica mondiale dopo 
	Russia, Iran, Qatar e Arabia Saudita. L'85% del gas prodotto, tuttavia, è 
	utilizzato localmente.
 Nel 2006 il PIL degli EAU ha avuto un valore di 163,1 miliardi di dollari 
	USA. La crescita reale del PIL si e’ invece attestata al 9,4%. Il tasso di 
	inflazione ha registrato nel 2006, secondo il Ministero dell’Economia 
	emiratino (dati del luglio 2007), un aumento del 9,3% rispetto al 2005 
	(tuttavia l’Economist Intelligence Unit, nell’agosto 2007, ha stimato un 
	tasso di inflazione a due cifre, intorno al 13,5%). Il settore non oil ha contribuito per oltre il 60% alla formazione del PIL, 
	mentre il settore dei servizi da solo rappresenta quasi il 50% del PIL.
 Nel gennaio del 2003 i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), 
	organismo di cooperazione politico-economica tra gli Stati del Golfo 
	Persico, di cui fanno parte ovviamente anche gli Emirati, hanno deciso 
	l’istituzione di una tariffa doganale congiunta, con un dazio doganale del 
	5%, e l’introduzione, nel giro di pochi anni, di una moneta unica.
 Sono in corso negoziati per un accordo di libero scambio tra il Consiglio di 
	Cooperazione del Golfo e l’Unione Europea. Il 6 ottobre 2006, ad Abu Dhabi, 
	il Commissario al Commercio Mandelson ha incontrato i Ministri delle Finanze 
	dei Paesi CCG. In questa occasione, il Commissario ha mostrato ottimismo 
	circa la possibilità di raggiungere presto un accordo definitivo.
 Il primo semestre del 2007 ha confermato uno scenario economico 
	favorevole, determinato non solo da variabili quale l’elevato prezzo del 
	petrolio (i cui proventi vengono ora utilizzati, a differenza che in 
	passato, investendo principalmente nello sviluppo economico interno), ma 
	anche da variabili locali.  Il grado di apertura del Paese, inteso come rapporto percentuale tra 
	interscambio e PIL, è di circa il 145% (fonti OMC), ed evidenzia una elevata 
	propensione dell’economia emiratina agli scambi con l’estero in un regime di 
	libero scambio. In linea generale è infatti liberamente consentito vendere 
	direttamente agli utilizzatori finali, tramite un rivenditore; è possibile 
	inoltre costituire joint ventures o autorizzare una società locale a vendere 
	i propri prodotti con contratti in “franchising”.  I dati più recenti riguardo alla bilancia commerciale riportano un 
	surplus nel 2006 stimato in 55,09 miliardi di dollari USA. Parti principali 
	di tale surplus sono l’export di prodotti petroliferi (soprattutto verso 
	Giappone; Taiwan e il Sud-Est asiatico), e le riesportazioni (gli EAU sono 
	un centro di riesportazioni soprattutto verso India, Iran e Iraq).Nel 2006 i principali importatori risultano essere stati gli USA (11,4%), la 
	Cina (11%), l’India (9,8%), la Germania (6,2%), mentre l’Italia figura al 
	nono posto, con il 3,6%.
 Le esportazioni degli EAU, invece, sono dirette principalmente al Giappone 
	(25,9%), alla Corea del Sud, (10,3%), alla Thailandia (5,9%) e all’India 
	(4,5%). L’Italia, che non figura tra i principali acquirenti, nel 2006 ha 
	confermato la quota del 2005, pari allo 0,4% del totale (dati ICE).
 Il settore turistico contribuisce notevolmente alla struttura del PIL: 
	Abu Dhabi e Sharjah sono destinazione di turismo culturale, mentre Dubai 
	promuove il turismo con la presenza di alberghi di lusso e centri 
	commerciali di altissimo livello. Inoltre, gli EAU, e Dubai in particolare, sono diventati famosi a livello 
	mondiale, negli ultimi tempi, per la messa in cantiere di alcuni progetti 
	immobiliari assolutamente avveniristici : le cosiddette “Palm Islands” 
	(isole artificiali che assumono la forma di una gigantesca palma), il Burj 
	Dubai (che sarà, quando completato, il grattacielo più alto del mondo), The 
	World (con la costruzione anche in questo caso di 300 isole artificiali che 
	riproducono i cinque continenti), l’Hydropolis Hotel (il primo albergo 
	sott’acqua), e, da ultimo, il Mall of the Emirates, che ha al suo interno 
	una vera e propria pista da sci. Anche per questo, il numero di visitatori a 
	Dubai è cresciuto da 3,6 milioni nel 2001 a 6,9 milioni nel 2006, con una 
	crescita annuale del 15%, mentre 15 milioni di passeggeri hanno utilizzato 
	l’aeroporto internazionale.
 Gli EAU si affermano inoltre, in maniera crescente, quale centro 
	finanziario di livello mondiale. Nel Paese operano 46 banche, di cui 21 
	nazionali e 25 straniere. A fine 2005, risultano operativi nel Paese, 
	inoltre, società finanziarie, 12 società di consulenza finanziaria, 8 
	società di investimento, e 102 agenzie di cambio e 53 Uffici di 
	rappresentanza di banche straniere. Tra questi ultimi figura dal 2004 quello 
	di Intesa Sanpaolo, in partnership con National Bank of Abu Dhabi.  I rapporti con l’Italia Gli EAU si sono confermati nel 2006, secondo la Camera di Commercio 
	Italo-Araba il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in 
	Medio Oriente. Nella graduatoria delle esportazioni italiane negli EAU il 
	primo posto è stato ricoperto da gioielli e articoli di oreficeria, seguiti 
	da macchine ed apparecchi per l’impiego di energia meccanica, macchine per 
	impieghi speciali, macchine di impiego generale, articoli di abbigliamento 
	in tessuto e accessori, prodotti petroliferi raffinati, metalli di base non 
	ferrosi, altri prodotti in metallo, articoli in materie plastiche, 
	aeromobili e veicoli spaziali, prodotti chimici di base, prodotti 
	siderurgici, altri prodotti alimentari.Il nostro Paese figura al 29° posto tra i destinatari delle esportazioni 
	emiratine. Tra i prodotti esportati in Italia si segnalano metalli di base 
	non ferrosi, apparecchiature radio-televisive, aeromobili, prodotti 
	petroliferi raffinati, prodotti chimici di base, prodotti metallici, 
	gioielli e articoli di oreficeria.
 La presenza imprenditoriale italiana negli Emirati è altamente qualificata 
	ed è rappresentata da circa ottanta società con propria filiale e da molte 
	altre che operano tramite agenti locali. Tra le principali società italiane 
	presenti in pianta stabile negli EAU si segnalano: Ansaldo, Gas Turbine 
	Technologies (ex Fiat Avio), Fisia Italimpianti, Snam, Agip, Saipem, IANUA, 
	Fantini Mosaici, Nuovo Pignone, Italconsult, Messina Line, Telecom Italia, 
	Tecnosistemi, Tecnimont, Aster, Tower & Power, Agusta, Generali, Italian 
	Design, ITS, Luxottica, Optitalia, Pirelli, Technip Italy, Salini.
 Ma anche gli EAU investono nel nostro Paese: la holding di investimenti del 
	Governo di Abu Dhabi, la Mubadala Development Company ha acquisito nel 2005 
	la quota del 5% delle azioni della Ferrari e la stessa Mubadala ha acquisito 
	nella primavera del 2006 il 35% della Piaggio Aero.
 Si sono sviluppate inoltre delle interessanti sinergie: nel maggio 2007 
	e’ stata costituita una joint venture nel settore gioielleria tra la società 
	italiana Mariella Burani Fashion Group ed il Gruppo DAMAS, principale 
	operatore emiratino e regionale del settore con un fatturato di quasi 
	novecento milioni di euro e quattrocento punti vendita in tutto il mondo. La 
	joint venture avrà sede in Italia, sarà controllata al 51% da parte italiana 
	e gestirà l’acquisizione di aziende nei settori gioielleria e moda. Sempre 
	nel maggio 2007 il Gruppo Gabetti ha concluso un accordo di partnership con 
	DAMAC Properties, uno dei maggiori attori nel settore immobiliare nel Golfo 
	e nell’intero Medio Oriente. L’accordo permetterà ai due Gruppi immobiliari 
	di favorire gli investimenti immobiliari tra il mercato europeo e quello 
	mediorientale.  
 Le analisi previsionali ipotizzano per i prossimi anni negli EAU una 
	crescita economica sostenuta e una ricchezza petrolifera che durerà ancora 
	per parecchio tempo. Gli EAU, ed in particolare l’emirato di Abu Dhabi, 
	intendono diversificare ulteriormente le fonti di produzione del reddito, in 
	particolare creando una propria industria siderurgica e metallurgica. In 
	tale prospettiva la partecipazione italiana potrebbe apportare un 
	significativo valore aggiunto in termini sia d’industrializzazione che di 
	apporto di know how. Potrebbe essere questa un’ottima opportunità per le 
	nostre aziende negli anni a venire. 
		
			| Analisi politica 
			Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sono una confederazione 
			di 7 monarchie assolute (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajmn, Umm 
			al-Qaywayn, Ra’s al-Khaymoh e Fujarah) costituitasi dopo la fine del 
			protettorato britannico nel 1971. La più alta autorità istituzionale 
			del Paese è il Consiglio Supremo, composto dai 7 emiri. Il Consiglio 
			Supremo elegge il Presidente della federazione, stabilisce le 
			politiche federali e la legislazione. Il Consiglio dei ministri è 
			nominato dal Presidente. Attualmente a capo dell’Emirato di Abu 
			Dhabi e della Federazione c’è lo Sceicco Khalifa bin Sultan Al 
			Nahyan. Il 4 gennaio 2006 è deceduto lo Sceicco Maktoum bin Rashid 
			Al Maktoum, dopo essere stato sovrano di Dubai per 16 anni; gli è 
			succeduto il fratello, Sceicco Mohammed, indicato come il vero 
			ideatore del processo di riforma dell'Emirato in questi ultimi anni. 
			Nel 1999 l’allora principe ereditario di Dubai ha sposato la figlia 
			del sovrano di Abu Dhabi (e presidente degli Emirati Arabi Uniti), 
			unendo i due emirati sia dal punto di vista pubblico sia da quello 
			privato. 
 |  Fonti: ICE, AKI Crises Today, Camera di Commercio di Genova 3-Feb-2008 
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			| ANNUNCI DI LAVOROCORRELATI
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