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      | Dinamiche nei processi d’internazionalizzazione 
		delle PMIInternazionalizzazione, globalizzazione, 
		sono termini oramai entrati prepotentemente nel nostro vocabolario 
		giornaliero. Ma quali sono le basi vincenti per un’azienda che si 
		accinge a “stravolgere” la propria strategia di vendita alzando lo 
		sguardo verso un orizzonte inesplorato e che ad alcuni da la sensazione 
		dell’Eden irraggiungibile? di 
		Antonio ScirettaLa 
	globalizzazione pone i mercati in contatto sempre più stretto. Da un lato, 
	alimentando la concorrenza tra le imprese e dall’altro offrendo crescenti 
	opportunità di sbocco su nuovi mercati.
 In particolare, l’internazionalizzazione è quel processo che favorisce lo 
	scambio e la circolazione dei beni e delle merci tra i vari Paesi del mondo 
	e consta di due elementi, uno attivo ed uno passivo.
 Il primo, quello attivo, si realizza quando l’impresa è in grado di gestire 
	direttamente la fase distributiva della propria attività economica ed è 
	promotrice dei propri prodotti.
 Il secondo, ovvero quello passivo, si verifica quando l’impresa 
	affida sia la fase distributiva, che promozionale dei propri prodotti, ad 
	operatori economici (buyer, importatori, distributori) di altri Paesi. In 
	tali casi, molto spesso, viene destinato al mercato estero solo un surplus 
	produttivo, senza alcun controllo sulla rete distributiva.
 In Italia, non è ancora radicata la cultura dell’internazionalizzazione, in 
	particolare di quella attiva, soprattutto con riferimento alle PMI. Infatti, 
	per queste ultime, attualmente, di larga diffusione sono i rapporti 
	commerciali occasionali, la scarsa conoscenza del mercato estero, l’assenza 
	della ricerca del cliente, la mancanza di adeguata promozione del prodotto, 
	confidando esclusivamente nelle capacità commerciali del buyer o 
	dell’importatore cui ci si affida.
 La strategia vincente si basa sull’idea di favorire l’internazionalizzazione 
	attiva sviluppando rapporti commerciali sistematici, selezionando i target 
	attraverso approfondite ricerche di mercato, utilizzando politiche 
	promozionali e radicando l’esportazione mediante la realizzazione di società 
	sul territorio prescelto.
 Per le imprese italiane, intraprendere un processo di 
	internazionalizzazione, è diventata oramai una necessità vitale. Il 
	brancolare nel buio, senza punti di riferimento, può essere superato dando 
	uno sguardo attento a ciò che il mercato offre in questo campo. In questa fase del mercato mondiale è risaputo che il made in Italy sta 
	raggiungendo il suo apice in popolarità e commercializzazione.
 L’ 80% dei prodotti con marchio italiano venduti, ad esempio, negli Usa sono 
	dei falsi. Questo dato ci porta a fare due considerazioni: la prima è che 
	evidentemente le aziende italiane non sono in grado di soddisfare la 
	richiesta di prodotti, negli Usa, e tralascio le cause di questa situazione; 
	la seconda, ed è una deduzione logica, ci fa realizzare che laddove esistono 
	dei falsi vuol dire che c’è richiesta di quel prodotto.
 Le motivazioni che dovrebbero spingere un’impresa a considerare un processo 
	di esportazione sono, senza dubbio, la maggiore produttività rispetto alla 
	vendita e la capacità di poter produrre, potenzialmente di più, nel caso in 
	cui il mercato lo richiedesse.Molto spesso queste due opzioni sono presenti nelle nostre aziende ma la 
	mancanza di mentalità imprenditoriale e di spirito d’iniziativa fa sì che 
	l’imprenditore si accontenti di realizzare la piccola vendita al 
	“dettaglio”, che lo lascerà perennemente nel suo limbo, piuttosto che 
	programmare e realizzare nel tempo strategie vincenti e di crescita per la 
	sua azienda.
 Internazionalizzarsi non è facile come vendere il proprio prodotto alla 
	salumeria; richiede pianificazione, organizzazione, pazienza e competenza 
	del mercato.
 È importante che le PMI abbiano sempre un punto di riferimento come guida 
	affidabile e sicura, per creare le condizioni ideali affinché si realizzi 
	quel benessere aziendale che permetta il salto di qualità che le faccia 
	uscire dal loro perenne oblio.
 Non c’è ombra di dubbio che la globalizzazione dei mercati porterà 
	all’abbattimento delle barriere doganali così come è gia successo negli 
	Stati della comunità europea.
 Bisogna però essere pronti e su questo bisognerà ben erudire i produttori 
	italiani, a non interpretare il mercato internazionale come se si stesse 
	vendendo il proprio prodotto nel Comune limitrofo alla propria residenza.
 L’individualità, la cultura, le tradizioni e le abitudine di ciascuna 
	nazione, saranno sempre una prerogativa per la popolazione e queste 
	componenti saranno necessariamente da prendere in considerazione per 
	pianificare, nel modo migliore, un progetto di export vincente.
 I prodotti di qualità li abbiamo e sono ricercati in tutto il mondo, le 
	capacità logistiche non ci mancano, le strutture e tutto il resto sono 
	eccellenti, dobbiamo ancora far nostra la mentalità internazionale che io, 
	metaforicamente, vedo come una bilancia su cui contrapporre, da un lato, il 
	peso del “rischio calcolato” e della paura di intraprendere una nuova 
	avventura, e dall’altro la certezza e la convinzione del successo. 
       28-Apr-2008 
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