|
Come costruire il guardaroba ideale per il
“power look”del manager
Un obiettivo ambizioso, che Cinzia Felicetti,
scrittrice di grande esperienza nel campo fashion, aiuta a raggiungere
con il suo nuovo libro “L’abito fa il manager”
di
Elisa Scarcella
“Vesti
male e noteranno il vestito; vesti impeccabilmente e noteranno la donna”.
Questa lapidaria massima di Coco Chanel, citata da Cinzia Felicetti nel suo
ultimo libro “L’abito fa il manager”, testimonia quanto sia determinante il
nostro aspetto come “biglietto da visita” di noi stessi al mondo esterno e,
specialmente, nel contesto lavorativo.
Considerato poi che l’immagine che diamo di noi stessi si basa generalmente
sulla prima impressione e si forma quindi in soli 7 secondi, ecco rivelarsi
fondamentale «Decidere in prima persona il
messaggio che volete veicolare – come afferma l’autrice- anziché lasciare
che siano gli altri a farlo al vostro posto; un primo passo importante nel
prendere in mano le redini della carriera». Con
il nostro packaging infatti noi possiamo comunicare chi siamo, cosa
possiamo offrire, dove vogliamo arrivare.
Un obiettivo ambizioso, che l’autrice - già giornalista di Amica, Moda,
Tutto, direttrice per 4 anni e mezzo di Cosmopolitan ed autrice di
“Assolutamente glam!” e “Io compro da sola”- spiega come raggiungere nel
volume, una rivisitazione del workshop “Dress to impress”, creato e tenuto
dalla Felicetti per i corsi MBA organizzati da SDA Bocconi.
L’originale volume, come una sorta di “vademecum del manager elegante”,
in modo molto ironico ma dettagliato e documentato, dispensa consigli e
indicazioni di stile ma anche di carattere pratico finalizzati a creare un
look che sia distintivo ma naturale, personalizzato ma sempre armonioso con
il contesto in cui ci inseriamo e soprattutto mirato a dimostrare le nostre
capacità, affidabilità e dedizione. In breve, un “signature look”, che rechi
la nostra firma e ci rispecchi, “nell’ottica di una totale sinergia tra
quello che siamo fisicamente, mentalmente e spiritualmente”. E poiché la
visione d’insieme è data da tanti piccoli dettagli, numerosi sono gli
aspetti di cui tenere conto.
Il primo passo consigliato consiste nell’assicurare sempre una massima
cura alla nostra igiene personale (pelle, capelli, denti, unghie, barba etc.)
utilizzando i migliori strumenti e prodotti oggi a disposizione (qui
descritti dettagliatamente) e in particolare quelli che permettono risultati
ottimali in breve tempo. In questo contesto, l’autrice consiglia di
individuare con attenzione uno specifico profumo, un taglio di capelli e,
per il pubblico femminile, un particolare trucco che, nel loro insieme,
diventeranno il nostro trademark, che sarà semplice, funzionale, veloce e
naturale e fedele non tanto alle mode quanto piuttosto al nostro carattere e
al nostro gusto.
Lo stesso criterio andrebbe applicato, e questo è il secondo passo,
all’elaborazione di un dress code che, nel caso ci avviamo a
sostenere un colloquio di lavoro ma anche se siamo già inseriti in posizioni
junior o senior, ci permetta di apparire al meglio, valorizzando i
cosiddetti “punti forti” e sia inconfondibilmente nostro pur nel rispetto
dei diktat aziendali, a cui bisogna attenersi perché «ogni
azienda è un circolo esclusivo, di cui bisogna essere membri, non ospiti».
Secondo l’autrice infatti non esiste un “look risorse umane” a valenza
universale, ma si possono individuare alcuni grandi “filoni” di stili
seguiti dai principali ambiti lavorativi: nel mondo legale, politico e
finanziario domina lo stile “Corporate” (composto da abito intero formale
blu, grigio o gessato), in quello accademico e commerciale lo stile
“Business Appropriate” (spezzato giacca e pantaloni), mentre nei contesti
creativi come quello giornalistico o pubblicitario ci si veste “Corporate”
se si ricopre una posizione senior o “B.A.” se si è in una posizione junior
o intermedia. Esiste infine il “Business Casual” (di cui è eccellente
rappresentante Sergio Marchionne), nato come abbigliamento del venerdì negli
anni ‘90 e da adottare con grande attenzione, abbinando sempre un capo
pratico con uno più formale.
Oltre ad ispirarsi ad uno degli stili citati, si consiglia anche di avere
uno “spirito guida”, ossia un modello di riferimento intramontabile che sia
sempre per noi fonte di ispirazione: per l’uomo, su tutti, il Duca di
Windsor, considerato l’uomo più elegante del 900, e poi Cary Grant e i più
moderni Diego della Valle e Luca Cordero di Montezemolo; per la donna, Liz
Taylor, Katherine Hepburn, Jacqueline Kennedy e, per arrivare ai nostri
giorni, le attrici Jennifer Aniston e Cloë Sevigny.
Dopo aver provveduto alla cura personale è necessario focalizzarsi
sull’elaborazione del guardaroba che, come ricorda l’autrice, «è un animale
domestico e ha bisogno di essere pulito, amato e nutrito”. Per costruire il
nostro guardaroba ideale occorre agire in due fasi. La prima consiste nel
cosiddetto decluttering, cioè nella selezione, da farsi almeno due volte
l’anno, dei capi presenti nell’armadio, con l’eventuale eliminazione di
quanto non è più idoneo ad essere indossato (per l’usura, perché passato
palesemente di moda, perché non più adatto alla nostra taglia o soprattutto
all’ambiente in cui ci vogliamo inserire). La seconda fase prevede di creare
una gamma base di capi limitati nel numero (per non avere lo stress della
scelta), di buona qualità e versatili, da combinare in diversi abbinamenti
in grado di assicurare uno stile di successo. L’armadio deve essere quindi
“rifornito ma non traboccante, bilanciato, organizzato e funzionale”,
composto al 70% dai grandi classici - che passano attraverso le mode e
“conferiscono autorevolezza in ufficio e una rilassata eleganza nel tempo
libero”- e dal 30% dalle new entry, cioè da capi e accessori di tendenza.
E si entra così nel vivo del volume, con un dettagliato elenco dei must
di cui non si può fare a meno, in riferimento agli specifici universi
maschile e femminile. E poiché, secondo l’autrice, oggigiorno la scelta
davvero rivoluzionaria è quella dell’understatement, si consiglia vivamente
l’uso dell’abito intero (giacca + pantaloni o gonna coordinati), da
accompagnare con una valigetta autorevole “che urli status ed efficienza da
ogni dettaglio” e da pochi ma selezionati accessori, in modo che,
nell’insieme, «capelli e scarpe siano congiunti come in una linea retta».
Il volume prosegue con alcune importanti indicazioni: come prendersi cura
dei capi e provvedere al loro lavaggio, come presentarsi in modo da essere
sempre inappuntabili (le camicie devono essere sempre fresche di bucato e
ben stirate, gli orli e i bottoni in ordine e ben cuciti, le scarpe pulite);
come acquistare bene, privilegiando la qualità sulla quantità («non avete
bisogno di più vestiti ma di vestiti migliori, capaci di far carriera con
voi e di rappresentare la posizione cui ambite») anche se non si dispone di
un grande budget; come scegliere le stoffe degli abiti (meglio privilegiare
cotone, microfibra, crêpe di lana, gabardine, maglia rasata fine che
riescono ad assecondare la silhouette anche su eventuali aree
“problematiche”) e i colori (meglio scegliere le tinte scure, snellenti e
sempre eleganti: «il nero è il più virtuoso di tutti, il blu la sua versione
gentile e il grigio è raffinato e understated»); come creare il proprio
“parco cravatte” (privilegiare quelle dai disegni piccoli, quelle con una
stampa che include il colore esatto della camicia e che, nell’abbinamento
con l’abito, non creino forti contrasti cromatici).
Per quanto riguarda il taglio degli abiti, meglio evitare tutto ciò che
stratifica (volant, tasche applicate, spalline, grandi bottini) e
privilegiare tagli ultrasemplici (specialmente nella scelta delle giacche).
In merito poi agli accessori (gioielli, orologio, borse, occhiali, scarpe e
cintura), di cui si è già accennato, poiché hanno un ruolo determinante, si
consiglia di privilegiare quelli più ricercati, che sono in grado di
nobilitare un look mediocre e aggiungono personalità. A questo proposito
l’autrice consiglia di togliersi sempre qualcosa prima di uscir di casa. Si
consiglia inoltre di avere a disposizione un buon sarto, non solo per le
riparazioni ma anche per reinventare un capo ancora in ottimo stato ma dal
taglio datato.
In linea generale, poiché «Dovremmo essere noi a indossare i vestiti e non
viceversa», si sconsiglia l’uso di capi e accessori con logo a vista e
spudoratamente riconoscibili; no quindi alle borse feticcio (le cosiddette
“it bag”) costosissime e spesso vistose e agli occhiali da sole di tendenza
e dalle forme sgraziate; si invece ad un buon orologio (“simbolo supremo di
gestione del tempo”), magari ad un grande classico.
Infine, due consigli: quando si è in viaggio, preparare accuratamente il
bagaglio e riporlo in borse adeguate e, arrivati in loco, mantenere un dress
code mediamente formale, nel rispetto delle differenze culturali sia
nell’abbigliamento che nei modi; per il tempo libero, sia a casa che in
occasione di meeting aziendali in trasferta, avere sempre cura del proprio
aspetto e usare con moderazione e discrezione jeans e occhiali da sole.
L'abito fa il
manager
Lui & Lei: guida allo stile di successo
Autore: Cinzia Felicetti
Editore: Sperling & Kupfer
Anno 2007
|
16-Ott-2007
© 2007 - Eccellere -
Business Community
|
|