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Onora il padre.
In un libro, l’autobiografia
dell’imprenditore che ha creato marchi come Caffè Hag, Acqua Levissima,
Fiuggi, Sangemini e che si è visto portare via tutto dal figlio. Non è
una storia di eccellenza, ma è una storia da professionisti.
di Enrico
Ratto
Questo
non è un libro sull’eccellenza d’impresa. Anzi, è un libro sulla
decadenza degli affari e su come in assenza di qualunque morale la
finanza sia un giocattolo che può diventare incontrollabile.
Quella
raccontata in “Onora il padre” non è una storia aziendale, è una storia
umana con radici ben profonde nell’azienda. I protagonisti sono persone
che molti di noi hanno ben presente, le abbiamo viste in televisione o
scendere da un taxi di fronte alla sede di una banca, le abbiamo avute a
fianco sull’aereo o ne abbiamo letto le gesta sui settimanali a larga
diffusione. Sono i professionisti della finanza creativa, coloro che
conoscono le leve per influenzare l’anello debole e danaroso della
catena.
Già, perché in Italia, e nel mondo, esiste una categoria di “deboli e
danarosi”, che a prima vista è difficile individuare. Sono i figli degli
imprenditori, come nel caso di Roberto, figlio di Tommy Berger, sono i
figli di stimati professionisti, gli eredi di titoli nobiliari e
relative proprietà, i soci in secondo fila di gruppi imprenditoriali
gloriosi. E’ una figura che sfugge, non è un front man, ma dispone di
immense ricchezze. Sono persone molto vulnerabili, passano per
predatori, in realtà sono prede. Salvo eccezioni, ovviamente.
In quest’ottica, molto probabilmente Roberto Berger è un debole, e se
suo padre è stato da lui derubato, il giovane Berger è stata vittima a
sua volta di un contesto fatto di affari facili, troppo denaro,
collaboratori molto capaci e molto spregiudicati. Questo giudizio, che
emerge via via che si avanza con la lettura del libro, non vuole per
giustificare il figlio di Tommy Berger, ma cerca di definirne meglio il
ruolo.
Brevemente, la storia. “Onora il padre” è il racconto autobiografico
della vita di Tommaso Berger (Egr. Sig. Tommy, lo chiamavano i suoi
legali, e sembra di sentire in questa intestazione tutta l’azienda
familiare italiana anni ’50), uno tra i maggiori industriali italiani, a
capo di Caffè Hag, Acqua Levissima, Fiuggi, Sangemini.
Nel 1992 decide di vendere le aziende, incassare 150 milioni di dollari
e andare a svernare a Miami, non senza aver disposto un trust in grado
di controllare il patrimonio e dare a lui e ad una serie di beneficiari,
tra cui i suoi figli, un rendita annuale di 7,5 milioni di dollari senza
intaccare il capitale.
A partire dal 1995 i figli di Berger e i professionisti incaricati di
gestire il trust metteranno a punto una manovra di accerchiamento (Berger
la chiama “gioco di prestigio) studiata per espropriarlo del capitale,
portando Tommy Berger, in dieci anni, a possedere solo 4 dei 150 milioni
iniziali. I giochi di prestigio non sono altro che un meccanismo per
cui, ad ogni trattativa, i professionisti pongono zero il punto che
ottenuto in precedenza, e da lì ripartono con le richieste.
Passa qualche anno, e i ruoli si sono capovolti, i beneficiari diventano
controllori del trust, Tommy Berger firma di proprio pugno la sua
estromissione dagli affari. Cosa impensabile dieci anni prima. E’ frode?
Lo stanno appurando gli avvocati di Tommy Berger, ma è una storia
comune, dicevamo, messa in piedi da uomini comuni, dove formalmente non
delinque nessuno: si delinea solo qualche caso di conflitto di
interessi, di personaggi mai al di sopra delle parti. Probabilmente, se
parlassero i gestori del trust dell’Egregio Sig. Berger, direbbero che
“così sono gli affari”. Che il Signor Tommy aveva a disposizione
altrettanti professionisti per tutelare i propri affari.
Tutto, in finanza, è studiato per bilanciarsi, per trovare un punto di
equilibrio che renda le parti soddisfatte e tutelate. Ma se qualcuno si
ferma, e si fida, è perduto. Si illudeva Tommy Berger quando ha detto:
“E adesso la pensione. Compro un panfilo, ci metto sopra un elicottero,
e trascorro i miei inverni tra le Bahamas e il sud America”. Perché 150
milioni di dollari non conoscono il letargo, benché tutelati da un
meccanismo di controllo incrociato.
E sbaglia chi individua in Roberto Berger, il figlio “inadatto a guidare
qualunque azienda” che scambia quel “un giorno tutto sarà tuo” con
“adesso tutto è tuo” il deus ex machina di questa espropriazione dei
beni del padre. Roberto Berger è controllato da amici, ex compagni di
studi, che lo convincono ad investire in progetti imprenditoriali senza
futuro, nella new economy che mangia 3 o 5 milioni di euro per ogni
operazione. E’ lui l’obiettivo, non il padre. Tommy Berger, nato ebreo
con un senso della famiglia forse troppo antico quando hai 150 milioni
di dollari in cassa, di tutto questo se ne accorge troppo tardi.
E oggi l’altro Tommy, il panfilo che il signor Berger si era regalato
per la pensione, si sposta nel Mediterraneo con il suo elicottero a
poppa. Solo che, ormai, la rotta la decide il figlio.
Onora il padre
Autobiografia di un imprenditore.
di Tommy Berger
pp. 204
Marsilio
Anno 2007
EAN: 9788831792455
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3-Nov-2007
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