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Che cosa rende un'azienda un "Great Place to Work"?

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A quali settori appartengono, in base ai dati dai Voi rilevati, le aziende che mirano all’eccellenza dell’ambiente lavorativo?

Se analizziamo i settori di appartenenza e l’evoluzione rispetto allo scorso anno, troviamo che è raddoppiata la percentuale di partecipazione delle aziende del settore I&CT ed è aumentata di oltre il 50% quella delle aziende manifatturiere, mentre è crollata quella delle banche ed assicurazioni.
Se passiamo alla distribuzione delle aziende qualificate, troviamo spostamenti significativi di presenza nei settori di mercato rispetto allo scorso anno, con il settore chimico farmaceutico che rimane il più rappresentato, ma con due aziende in meno nella classifica. Una drastica riduzione si registra anche nel settore dei servizi.

Al di là dei casi di eccellenza da voi individuati, com’è, a suo parere, la situazione in Italia? Le aziende si mostrano ben disposte a mettersi in gioco e confrontarsi con il resto del mercato su questo tema?

Negli ultimi sei anni le aziende si sono mostrate maggiormente impegnate soprattutto nel perseguimento di modelli comportamentali ispirati alla coerenza ai valori aziendali e all’aderenza ai principi di etica nel business. Prosegue anche la tendenza a preoccuparsi delle esigenze dei dipendenti non solo come lavoratori, ma anche come individui ed allargare, ove possibile, benefici e servizi anche ai membri della famiglia dei propri collaboratori.
Questo è un dato molto positivo che testimonia la sempre più diffusa ricerca di un miglior equilibrio tra la vita lavorativa e quella privata, che non sia limitata unicamente al lancio di iniziative mirate a facilitare la vita del dipendente e della sua famiglia, ma anche nell’ottica della cura alla persona: assicurazioni sanitarie integrative, polizze pensionistiche, spesa presso il posto di lavoro, convenzioni, benefit aziendali, palestra, piscina o altri impianti sportivi in azienda, corsi non legati all’attività lavorativa. Infine si cerca di dare sempre più sostanza ad un tema, spesso sbandierato come slogan, del lavoro di gruppo, dello spirito di collaborazione, della valorizzazione del contributo di tutti per il conseguimento degli obiettivi dell’azienda, del divertimento sul lavoro quale valore positivo, foriero di opportunità di sviluppo e non come pura perdita di tempo e freno alla produttività.

A livello di eccellenza, gli ambienti di lavoro italiani come si pongono rispetto agli USA, che sono da lungo tempo fortemente impegnati su questo fronte?

Le differenze rispetto alla realtà anglo sassone non sono poi così marcate, almeno nelle aziende della classifica; in parte perché molte sono multinazionali e quindi hanno una cultura organizzative mutuata direttamente dalle case madri, in parte perché anche le società italiane classificate hanno da tempo adottato modelli organizzativi avanzati. Se consideriamo, al contrario, altre realtà, troviamo sia una carenza di cultura manageriale (lo stile imprenditoriale “padronale” e “familiare” è ancora vivo in molteplici realtà italiane), sia una difficoltà a confrontarsi tipicamente italiana e presente anche in diversi ambienti validi (“fino a quando produrrete una classifica, noi non parteciperemo mai”).

Jeffrey Pfeffer, docente di Comportamento organizzativo alla Graduate School of Business dell’Università di Stanford, afferma che "Le organizzazioni eccellenti sono quelle dove si ottengono rendimenti elevati con persone normali". E’ d’accordo con questa affermazione?

Non solo sono d’accordo, ma noi di Great Place to Work Institute Italia abbiamo un rapporto di stretta collaborazione con Jeffrey Pfeffer, tanto che nel novembre scorso abbiamo organizzato una giornata di workshop - “Costruire organizzazioni e culture per elevate prestazioni” - con lui per incontrare una quarantina di top manager italiani.
Io sono, da molto tempo, profondamente convinto che ricercare i cosiddetti talenti non sia la soluzione per salvare o far prosperare le aziende, ma solo quelle realtà che sono in grado di far crescere tutti i propri collaboratori, sapranno trovare al proprio interno i talenti oppure sapranno anche cercarli all’esterno e farli poi fruttare al meglio.
Quelle organizzazioni che puntano solo ai “campioni” senza avere un humus adatto hanno solo due alternative: o il talento si accorge della “povertà” in cui si è inserito e la abbandona in quindici giorni, oppure – il che è ancor peggio – si adatta.

Che ruolo ha, dunque, il singolo lavoratore, rispetto ai manager, nel processo di ottimizzazione dell’ambiente di lavoro e quali sono i contributi che ognuno di essi deve dare in questo contesto?

Il ruolo del management e quello del lavoratore si integrano in un processo comune che mira all’eccellenza. Dalle molte migliaia di interviste fatte ai collaboratori di tantissime aziende è risultato che il fattore determinante per giudicare il proprio ambiente di lavoro un gran posto in cui lavorare è la fiducia.
La fiducia si crea innanzitutto dalla credibilità del management, il che comporta che si informino con regolarità i propri collaboratori sugli orientamenti e le strategie dell’azienda e si risponda apertamente alle loro eventuali domande. Poi, perché vi sia credibilità, le parole devono essere seguite dalle azioni: tutti i capi devono trattare i collaboratori con rispetto, fornendo loro attrezzature, risorse e conoscenze adeguate a svolgere le proprie mansioni e creando un ambiente di lavoro sicuro, sia da un punto di vista fisico che psicologico ed emozionale.
Inoltre, i successi economici devono essere condivisi in modo equo attraverso la retribuzione e gli incentivi, promozioni ed assunzioni effettuate in modo imparziale, e massima deve essere l’ attenzione ad ogni forma di discriminazione.
Quando un’organizzazione diventa un great place to work le distinzioni tra manager e collaboratori si attutiscono e l’azienda diventa una comunità. I dipendenti provano orgoglio per il loro lavoro, per il loro gruppo e per l’azienda nel suo insieme, sentono di poter essere se stessi, festeggiano i successi dei propri colleghi e collaborano con tutte le diverse realtà dell’organizzazione e sono propensi a restare in azienda il più a lungo possibile.

La ricerca di eccellenza dell’ambiente di lavoro riguarda solo l’area delle risorse umane, intesa come sfida a migliorare costantemente, o incide anche sul rendimento finanziario dell’impresa?

Noi siamo profondamente convinti che la realizzazione di un Great Place to Work sia una strategia di business ancor prima che una volontà di perseguire il wellness dei collaboratori.
Le ricerche finora svolte hanno dimostrato che gli ambienti di lavoro eccellenti riescono ad ottenere risultati economici superiori. Uno studio degli andamenti finanziari delle aziende quotate in borsa sull'arco di otto anni, condotto in USA, fornisce un'evidenza pratica a questa affermazione: il ritorno dell'investimento azionario delle aziende migliori dal punto di vista dell'ambiente organizzativo presenta un andamento significativamente superiore di quello delle prime 500 aziende dell’indice Standard & Poor’s.
Un'elevata qualità dell'ambiente di lavoro presenta inoltre vantaggi competitivi importanti quali una maggiore flessibilità degli individui e dei gruppi, una migliore gestione del cambiamento, una maggiore propensione all'innovazione, una maggiore produttività e una maggiore qualità del servizio al cliente.

 

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25-Mar-2007

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