Professione: cacciatore di fondi
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In base alla sua esperienza, potrebbe tracciare un profilo delle
aziende più disponibili a farsi donatori per una buona causa? A quali
settori soprattutto appartengono, quali motivazioni le spingono a sostenere
una associazione non profit, come concretizzano la loro donazione e quali i
vantaggi che possono o sperano di trarne?
Le aziende più disponibili – generalmente di medio-grandi dimensioni e
appartenenti a settori quali industria ad alta tecnologia, servizi
finanziari e beni di largo consumo – sono quelle che hanno compreso che la
donazione rappresenta un aspetto importante della costruzione del loro
profilo di imprese responsabili. Questo le porta a preferire un approccio
sistematico, organizzato, che privilegia l’investimento di medio lungo
periodo nelle cause sociali che ritengono più coerenti con i loro valori
d’impresa. Sempre più questo approccio sta portando alla costituzione di
fondazioni di impresa per gestire la filantropia aziendale. Comincia a farsi
strada l’idea che l’impresa è un soggetto “pubblico” che non può sottrarsi
dal prendersi cura della propria comunità di riferimento. Questo nel suo
stesso interesse perché le partnership con il sociale incrementano la
reputazione, motivano i dipendenti, attraggono i giovani talenti, riducono
il rischio di boicottaggio e arricchiscono la cultura aziendale di
competenze specifiche del non profit.
Può portarci alcuni esempi concreti, seguiti da Lei o che ritiene
siano significativi, di iniziative di fundraising che si sono rivelate
altamente produttive, originali, innovative?
Una delle idee che mi hanno procurato più soddisfazione è DonoCard. Si
tratta di una tessera di donazione prepagata che ho brevettato nel 2000 e
che è stata utilizzata inizialmente per Telethon e che oggi propongo in
tutte le iniziative di fundraising in cui è possibile utilizzare una rete di
negozi come ad esempio la Fabbrica del Sorriso di Mediafriends. Grazie ai
partner Autogrill, GS e Carrefour le persone possono comodamente fare la
loro donazione alle casse dei punti vendita, chiedendo una tessera DonoCard
da 5 Euro, che verranno interamente devoluti alla causa. In questo modo
siamo riusciti a rendere più facile l’atto della donazione, riducendo i
costi della raccolta e valorizzando al massimo il contributo dei partner
della raccolta, che nelle due edizioni della Fabbrica del Sorriso superarono
complessivamente 1,5 milioni di Euro.
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Qual è lo scenario attuale del fundraising in Italia e quali sviluppi
prevede per il futuro? In questo contesto, come giudica il ruolo dello Stato
e gli interventi, anche legislativi, promossi?
Il nostro è un modello tipico di tutte le situazioni pionieristiche:
fragile, con poco riconoscimento sociale, con una professionalità ancora in
via di formazione e con un approccio ancora “caritatevole” Ci sono per
fortuna alcuni centri di eccellenza dai quali si sta progressivamente
diffondendo una cultura del fundraising adatta ad affrontare tutte le sfide
che ci riserverà il futuro. Il fundraising è un settore in forte crescita
che ha già raggiunto dimensioni molto importanti. In Italia si stimano in
circa 6 miliardi di Euro, le donazioni erogate da privati, imprese e
fondazioni bancarie. Per il futuro il fundraising sarà chiamato a soddisfare
la domanda di nuovi soggetti come università, ospedali o enti socio
assistenziali, i quali sanno che dovranno affrontare una progressiva
riduzione dei contributi pubblici. Io sono favorevole ad una
riorganizzazione in senso non profit, di certi settori attualmente gestiti
dal pubblico, a patto che lo stato compensi il suo disimpegno con forti
incentivi alle donazioni. Con la legge “+ dai - versi” si è fatto un passo
in questa direzione, però siamo ancora lontani da altri Paesi in cui la
deducibilità fiscale delle erogazioni liberali a enti non profit è integrale
e ci sono strumenti sofisticati di fundraising come ad esempio la donazione
di titoli azionari.
Può spiegarci come viene retribuito il fundraiser e se ritiene che in
Italia il sistema di retribuzione sia corretto e soddisfacente per tutti gli
attori coinvolti, o esiste un modello estero che preferirebbe fosse
adottato?
Secondo una recente ricerca del Centro Studi Philanthropy della facoltà di
Economia di Forlì, il 50% dei fundraiser ha cominciato come volontario senza
retribuzione. Sempre secondo questa ricerca, oggi la retribuzione media
annua si attesta sui 25.000 Euro. Questi dati sintetizzano una situazione in
cui prevalgono modelli basati sull’occasionalità e quindi non molto
soddisfacenti. Le stesse ONP spesso premono per una remunerazione totalmente
variabile legata ai risultati, cosa che come Assif (Associazione Italiana
Fundraiser) scoraggiamo, perché riteniamo che debba essere prevista una
remunerazione fissa minima alla quale eventualmente si possono agganciare
“premi” legati al raggiungimento degli obiettivi di raccolta. La questione
della remunerazione a percentuale non è comunque risolta nemmeno a livello
internazionale. In USA le due principali associazioni di fundraiser hanno
posizioni opposte: una la tollera, l’altra la considera motivo di espulsione
dall’associazione stessa.
A questo proposito, parliamo di etica: esiste un codice deontologico
che regola questa professione? E quanto pensa sia importante l’adesione in
prima persona da parte del fundraiser a principi e comportamenti eticamente
corretti (lei stesso, ad es., aderisce all’associazione "Adottiamo la
costituzione", che propone di adottare un articolo della Costituzione e di
"impegnarsi a viverlo a divulgarne il valore affinché la cultura della
convivenza civile si affermi nella nostra società" )?
L’Associazione Italiana Fundraiser, che è nata 3 anni fa, ha promosso un
codice deontologico per regolare questa professione, in cui si riconoscono
certamente i 150 fundraiser soci Assif, ma che rappresenta un punto di
riferimento anche per tutti coloro i quali esercitano in modo professionale
o volontario questa attività. Attenersi a comportamenti etici è fondamentale
per la credibilità del fundraiser, tra le categorie certamente più misurate
sul fronte valoriale. Io personalmente ho aderito a varie associazioni o
iniziative che ho trovato particolarmente coerenti con i valori in cui mi
riconosco: sono stato tra i promotori di Adottiamo la Costituzione, sono
socio di Banca Etica e sostengo da oltre 10 anni il WWF, la prima
associazione non profit per cui ho lavorato. Frequentare le associazioni fa
molto bene in generale a tutti, figuriamoci ai fundraiser.
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