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Elia Colabraro: vi racconto i miei quarant’anni passati tra banca e impresa

“Il pubblico, la banca, il privato” è il libro edito da Spirali che raccoglie la vita di Elia Colabraro, dall’IRI a San Paolo IMI, uomo di banca sempre al fianco dell’impresa pubblica e privata. L’intervista di Eccellere.

di Enrico Ratto

Da un piccolo paese della Calabria, dove è nato, alla fusione di San Paolo con IMI fino al consiglio d’amministrazione della TAV. La vita di Elia Colabraro è complessa e affascinante, per come è descritta nel volume edito da Spirali Editore “Il Pubblico, la banca, il privato”, frutto di una conversazione di due giorni tra l’autore, il Prof. Armando Verdiglione e il pubblico intervenuto al dibattito.
Una vita professionale iniziata all’IRI e trascorsa poi tra la banca e l’impresa, nel seguire gli affari dell’una nell’interesse dell’altra. Anni trascorsi a seguire gli investimenti nel settore pubblico e nel settore privato, alle grandi e alle medie imprese che, dagli anni Sessanta ad oggi, hanno realizzato il“Made in Italy” in ogni settore. Quarant’anni di banca attraverso i mutamenti politici e, come capita spesso a chi si confronta con imprese e denaro, i mutamenti globali, quelli del mercato. Quell’apertura dei mercati che ha in parte travolto l’industria italiana (da Alitalia a Fiat, poi qualcuna ha saputo risollevarsi) e che non ha naturalmente risparmiato il comparto bancario.

Dott. Colabraro, un tempo si diceva che le banche italiane faticavano ad aprirsi. Se avessimo realizzato quest’intervista un anno fa le avremmo anche criticate, forse. Oggi il discorso è diverso…
Le banche d’investimento estere, anglosassoni e americane in particolare, sono in Italia da molto tempo. E la globalizzazione finanziaria è stata dirompente come in altri settori. La crisi a cui assistiamo oggi deriva proprio dagli effetti negativi di questo fenomeno. La prudenza delle banche italiane ci tiene un po’ più distanti dalla crisi: i mutui in Italia sono sempre stati concessi previa istruttorie accurate da parte delle banche. In questo modo la banca era in grado di rendersi conto se il finanziato era in grado o meno di restituire il prestito. Tutto ciò in altri paesi avveniva con meno rigore, evidentemente.

Chi dice che la banca presta denaro a chi il denaro lo ha già dovrà ricredersi. La prudenza ci ha salvati…

La banca il più delle volte va ad esaminare se il cittadino ha capacità di rimborsare la rata in termini di liquidità, questo è molto più importante degli indicatori patrimoniali, soprattutto se il patrimonio è immobiliare. E’ preferibile finanziare una persona con un buon reddito, piuttosto che una persona con grandi proprietà. Anche perché le proprietà, se in mano della banca, devono essere rimesse sul mercato, e il mercato immobiliare è a sua volta soggetto a variazioni e discese…

La banca che desidera rischiare al fianco di un’impresa ha una caratteristica interessante: affianca al management un suo uomo. Lei ha visto molti di questi casi…

Sì, è un’usanza molto diffusa e benefica per l’impresa stessa, oltre che gratificante per la banca in caso di successo. La banca può mettere un proprio uomo nell’impresa, nel CdA, per gestire in prima persona un determinato settore, o semplicemente come tutela della partecipazione, per capire se la convinzione degli investitori a farsi finanziare è fondata o meno.

Spesso l’uomo inviato dalla banca è un professionista in grado di far crescere il management…

Per la banca avere un uomo all'interno dell’azienda ha l’obiettivo di fare una certa scuola agli imprenditori, agli azionisti, al management. Avevamo infatti un certo numero di personaggi provenienti dall’industria che venivano messi all’interno dell’azienda. Di volta in volta, insomma, la banca decide il profilo migliore da affiancare agli uomini dell’azienda.

Banca e impresa: un rapporto che si salda ancor di più se l’obiettivo è la quotazione, per esempio. Oggi, in periodo di crisi, lei pensa che ci sarà un rallentamento all’approdo in borsa?

Mi auguro che si tratti solo di un rallentamento. Ma vede, ci sono soggetti che alla prima difficoltà fanno marcia indietro, personalmente mi auguro che la maggior parte delle aziende stiano calme e sappiano affrontare la crisi.

Perché un’azienda dovrebbe quotarsi oggi?

A mio parere oggi non dovrebbe esserci un approccio diverso rispetto alla normalità. Ricordo aziende che hanno avuto grosse difficoltà e che oggi sono tornate ad essere realtà brillanti. Ci sono imprenditori che credono ciecamente nel loro progetto, e credendoci riescono a superare momenti di difficoltà. E' la fiducia cieca in un piano industriale.

Nel suo libro racconta di un piano statale portoghese per sostenere l’industria, e del suo successo…

Già, qualche anno fa il Portogallo aveva necessità di fare grandi investimenti nelle infrastrutture. Introdusse così i “pedaggi ombra”: un finanziatore privato sovvenzionava un’azienda che doveva costruire una nuova autostrada. Veniva quindi fatta un’indagine preventiva quantificando i pedaggi quando l'autostrada sarebbe stata a regime. Se, nella realtà, ad autostrada ultimata, i pedaggi non raggiungevano il numero previsto, interveniva lo Stato a sostegno del finanziatore. Le banche advisor quando costruivano il modello, si avvalevano anche di dati forniti dal governo. Questo ha dato un'accelerata incredibile alle infrastrutture e all'imprenditoria portoghese e, alla fine dei conti, con un minimo intervento da parte dello Stato, che ci fu solo in pochissimi casi.

L’Italia ha diverse emergenze. Un intervento statale nel nostro Paese avrebbe successo?

Non credo, ci sarebbero troppi ostacoli di tipo politico all’intervento pubblico nel privato. In generale, il project financing in Italia subisce continui rallentamenti, i progetti veri non partono mai.

Lei ha seguito da vicino, e ne parla nel sul libro, la fusione tra San Paolo e IMI. Negli ultimi anni, il comparto bancario italiano ha visto due grandi fusioni. Pensa siano state due buone fusioni?

Oggi sulle grandi fusioni sono pessimista. L’ho visto più come uno strumento per ottenere una concentrazione di potere che non come un’opportunità per fare nuovo business. Se esiste una holding, questa ha varie ramificazioni in grado di controllare le varie ramificazioni e ogni ramo ha un suo management. Ma il Super Amministratore Delegato di un gruppo non può seguire al meglio queste ramificazioni. Diverso è il caso di una banca in difficoltà che viene rilevata da una banca sana…

Si tratta di fusioni orientate a ridurre i costi fissi, oltre che a standardizzare i prodotti…

Esistono senz’altro costi fissi ad un certo punto incomprimibili, e la fusione è la strada per ottimizzarli. Per quanto riguarda i prodotti retail, non credo che gli operatori arrivino ad assimilare tutte le loro caratteristiche, e anche qui la fusione è un modo per ottimizzare il marketing e gli asset. Spero comunque che si torni ad un modo di fare banca tradizionale, che segua il cliente sul medio e sul lungo periodo, e che si esca dalla logica della vendita continua di prodotti.

Il pubblico, la banca, il privato
di Elia Colabraro
pp. 120
Spirali Editore
Anno 2008

ISBN 9788877708410
 

16-12-2008


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