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Unioncamere crea il Registro Nazionale delle Imprese Storiche e fotografa 150 anni di geografia

L'iniziativa, ad iscrizione gratuita, è rivolta a tutte le imprese di qualsiasi forma giuridica operanti in qualsiasi settore economico, iscritte nel Registro delle imprese e attive, con esercizio ininterrotto dell'attività nell'ambito del medesimo settore merceologico, per un periodo non inferiore a 100 anni.

di Elisa Scarcella

Due interessanti spunti sono emersi dalla 133ª Assemblea degli amministratori delle Camere di commercio, che si è tenuta a Roma nei giorni scorsi.
L'incontro è stato innanzitutto l'occasione per presentare il Registro Nazionale delle Imprese Storiche, istituito da Unioncamere – attraverso un lavoro svolto in collaborazione di Symbola e il contributo scientifico del Centro cultura d’impresa e dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne - in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, con l'obiettivo di incoraggiare e premiare “quelle imprese che nel tempo hanno trasmesso alle generazioni successive il loro patrimonio di esperienze e valori imprenditoriali”.

L'iniziativa, ad iscrizione gratuita, è rivolta a tutte le imprese di qualsiasi forma giuridica operanti in qualsiasi settore economico, iscritte nel Registro delle imprese e attive, con esercizio ininterrotto dell'attività nell'ambito del medesimo settore merceologico per un periodo non inferiore a 100 anni, requisito temporale maturato al 31 dicembre di ciascun anno. “Una mappatura – riporta la nota stampa - di oltre 1.000 aziende ultracentenarie che coniugando innovazione e tradizione, ma anche apertura al mondo e appartenenza alla comunità, hanno accompagnato la crescita del nostro sistema economico. Nella convinzione che la dimensione etica, alla base della lunga storia di queste imprese, costituisca un patrimonio da capitalizzare e tramandare alle nuove generazioni”.
Le imprese che presentano questi requisiti possono presentare domanda di iscrizione alla Camera di commercio della provincia dove hanno sede legale o dove svolgono la loro attività e produrre documentazione storica sulle origini, la storia e l'attività dell’impresa come riproduzioni di documenti quali atti, fotografie d’epoca, disegni o rappresentazioni grafiche di marchi ecc.
E proprio a 150 imprese fra le più longeve d’Italia, estratte dal Registro storico delle imprese e selezionate su tutto il territorio nazionale dalle Camere di commercio, è stato conferito un riconoscimento simbolico per aver contribuito con i loro meriti imprenditoriali alla costruzione del sistema economico italiano in questi ultimi centocinquant’anni della nostra storia.
L'Archivio è accessibile dal portale www.unioncamere.gov.it.

In occasione dell'Assemblea è stata anche presentata un'analisi delle diverse velocità delle province italiane dall’unificazione ad oggi. Cominciamo dai dati di oggi: nel 2011 ogni italiano produrrà mediamente 23.500 euro di valore aggiunto, che, al lordo dell’inflazione, significa 570 euro in più rispetto al 2010. La crescita, però, non sarà uniforme: Milano raggiungerà quota 35mila, aumentando la ricchezza prodotta dai cittadini di 1.360 euro. A tallonarla, Bologna e Belluno, destinate a crescere di oltre mille euro rispetto all’anno scorso. Sul fronte opposto, Imperia, Grosseto e Pesaro Urbino non registreranno alcun aumento del valore aggiunto procapite. Alla fine del 2011, quindi, Milano si confermerà alla vetta della classifica nazionale. Fanalino di coda resterà invece Crotone. Una fotografia che l'Assemblea analizza comparando i dati con il 1861, quando l'Italia fu unita sotto il neonato Regno, e Nord e Mezzogiorno condividevano un tenore vita non poi molto dissimile. Il valore aggiunto medio per abitante era pari a 326 lire, la provincia più ricca era Livorno (con 428 lire per abitante) e la più povera quella di Capitanata (corrispondente grosso modo all’attuale Foggia, 245 lire). All'epoca lavorava - per necessità - il 60% della popolazione (bambini e anziani compresi), nel 60% dei casi sui campi agricoli; si mangiavano non più di 6 km di carne l'anno a persona; si abitava almeno in 7 in una casa; si moriva mediamente a 33 anni, gli uomini non superavano il metro e 62 di altezza e a scuola andavano in pochi, tanto che il 68% degli italiani era analfabeta.

Tornando al 2011, secondo l'analisi ciò che farà la differenza in termini di crescita del valore aggiunto in molte province italiane è l’export e la più o meno marcata propensione dei diversi territori alle vendite sui mercati internazionali. Nella classifica delle prime 30 province per aumento previsto dell’incidenza dell’export sul valore aggiunto totale, realizzata da Unioncamere, si incontrano così Prato (7,5 punti percentuali in più), Gorizia (4,3), Pordenone e Como (entrambe 4,0 punti in più). In alcune di queste realtà territoriali più dinamiche, inoltre, nel 2011 oltre la metà del valore aggiunto prodotto sarà determinato proprio dalle vendite estere. E’ il caso di Vicenza (55,7%), di Gorizia (52,5%) e di Reggio Emilia (51,8%).

Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello ha commentato così i dati: I dati di oggi segnalano che l’Italia sta ripartendo, anche se permangono notevoli divari territoriali. Perché il sistema Paese riprenda pienamente il suo percorso di crescita, è indispensabile facilitare la vita delle imprese. Con questa convinzione le Camere di commercio hanno investito nella semplificazione amministrativa. Ma c’è ancora molto da fare. Obiettivo è avvicinare gli operatori economici ai mercati. Nonostante un fisco che pesa il doppio sulle nostre aziende esportatrici, siamo il primo paese del Vecchio continente, dopo la Germania, per presenza sui mercati extra-europei; il primo, dopo la Cina, per quantità esportata nei paesi emergenti. Sono segnali chiari di un sistema fortemente competitivo. Tuttavia solo il 5% delle imprese che esportano lo fa in modo stabile. E’ prioritario ampliare questo universo”.

16-6-2011


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