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La formazione come leva strategica verso l’eccellenza, aziendale e individuale

Le avanguardie della formazione a distanza sviluppano sistemi che vanno ad operare direttamente sulle capacità relazionali e sociali delle persone, per colmare il gap tra cliente e formatore. Il LifeLike Interaction® è il metodo proposto da DMS Multimedia.

di Amanda Ronzoni

L’e-learning è ormai storia consolidata. Attualmente secondo il parere di molti responsabili delle HR buona parte delle soluzioni presenti sul mercato sono ancora troppo tecnologiche o troppo orientate all’addestramento puro e semplice per riuscire davvero a conquistare le persone e le aziende. La sfida è dunque quella di trovare nuovi approcci e nuove metodologie per riuscire a fare della formazione a distanza uno strumento strategico che porti le aziende e i singoli ad eccellere.
Partiamo dal dato acquisito che quasi sempre l’utente fruisce in modo razionale contenuti sequenziali dedicati ad ampliare le sue conoscenze tecniche (il “saper fare”) e quasi nulla viene fatto per aiutare le persone nella quotidiana sfida del “saper essere”.
“La vera frontiera della formazione a distanza”, spiega Andrea Laus, AD di DMS Multimedia, società specializzata in metodologie e tecnologie formazione avanzata, “è aiutare le persone ad ottimizzare se stesse nel modo di porsi nell’ambito della cosiddetta “relazione negoziale”. Ovvero aiutarle a massimizzare il risultato in termini di allineamento tra quello che l’azienda vuole dire ai suoi clienti e quello che questi percepiscono dell’azienda stessa, dei suoi prodotti e servizi”.

Al di là del cosa dire (e qui il classico approccio e-learning ha già giocato tutte le sue carte), il come e il quando dirlo - ovvero la capacità individuale di ascoltare, percepire e condividere le esigenze, le motivazioni e i valori - sono variabili essenziali perché la persona rappresenti un filtro positivo per la value proposition aziendale (e naturalmente per evitare l’effetto contrario, ovvero che, con un atteggiamento non corretto, anche inconsapevolmente, questa “remi contro” l’azienda o peggio contro il cliente).
Troppo spesso la formazione (e non solo quella a distanza) “somministra” alle persone contenuti tecnici e indicazioni comportamentali da riportare al cliente, senza fornire loro gli strumenti utili a declinare questi messaggi e i modi aziendali attraverso il proprio, individuale “modo” di porsi (molto spesso contando o dando per scontate le capacità relazionali, negoziali e di ascolto). Il risultato è che si crea uno sfasamento tra i messaggi dell’azienda, la percezione della persona di front-end e la sua attività di trasferimento verso il cliente, i bisogni di quest’ultimo.
Il front man è di fatto un "filtro" tra azienda e cliente: un filtro che assorbe i contenuti e la formazione trasmessagli, che rilascerà in modo più o meno fedele, a secondo della propria sensibilità, competenze professionali e dell’efficacia o meno dell’azione formativa.

Come risponde la formazione a distanza
Attualmente le avanguardie della formazione a distanza cercano di colmare questo gap, sviluppando sistemi che vadano a lavorare direttamente sulle soft skills (le capacità relazionali, negoziali, comunicative e sociali) degli individui. L’obiettivo è ambizioso perché incidere sui comportamenti, ovvero sul saper essere delle persone, implica rapportarsi all’utente in maniera ancor più complessa e continuativa che non per trasferire contenuti e conoscenze tecnici, saper fare.
Il fattore tempo e la possibilità di reiterare una data esperienza sono essenziali per acquisire e lasciar sedimentare un comportamento, a maggior ragione per modificarne uno consolidato.
Il punto centrale che determina l’efficacia dell’apprendimento, in generale, è il grado di coinvolgimento dell’utente. Ecco allora che la formazione si è rivolta al mondo dell’intrattenimento e alle sue tecnologie per sviluppare una carica attrattiva sempre maggiore. Sono nati così l’edutainment e i serious games. L’industria del videogioco è entrata nel settore portando una ventata di novità e altrettanto sta facendo la galassia dei network sociali (LinkedIn, Facebook, MySpace) e dei mondi virtuali (Second Life in testa).
Nell’ambito di queste nuove tendenze, DMS Multimedia, società lombarda che da 10 anni si occupa di progettare e realizzare metodologie e soluzioni rivolte sia alla formazione tecnica che a quella comportamentale, da anni è impegnata nella produzione di un approccio metodologico nuovo che coniuga “didattica emozionale” (con il coinvolgimento simultaneo di “pancia e cervello” dell’utente), tecnologie audio-video e programmazione software, con l’obiettivo di indurre cambiamenti comportamentali attraverso percorsi non semplicemente cognitivi, ma anche e soprattutto istintivi ed esperienziali.

“Abbiamo deciso di battezzare questo approccio LifeLike Interaction®”, spiega Andrea Laus, AD di DMS, “un nome significativo, ma soprattutto il sistema cardine, sia dal punto di vista metodologico che tecnologico, per lo sviluppo di ciò che chiamiamo simulatori multimediali interattivi. Caratterizzati da un elevatissimo realismo e coinvolgimento emozionale degli utenti, i simulatori nato nell’ambito di LifeLike Interaction® hanno l’obiettivo di trasmettere all’utenza significati forti, pregnanti e di lunga durata, che ciascuno farà propri interpretandoli attraverso l’emozione, l’istinto e la propria personalità”, conclude Laus.
Gli elementi essenziali di questo approccio, tra loro associabili in modi e forme differenti in funzione degli obiettivi didattici, sono:
• il format: il potere del racconto utilizzato in ambito formativo e veicolato da un media così efficace come il video si traduce in una modalità di apprendimento potente, che arriva dritto al bersaglio. Le emozioni di un film restano nella nostra memoria a lungo: non solo parole su un foglio, ma immagini, colori, suoni che catturano la nostra attenzione. Il ricordo è tanto più presente quanto più intensa è stata l’emozione vissuta. Ecco perché nei simulatori DMS ci sono personaggi in carne e ossa, che si muovono in ambientazioni realistiche al minimo dettaglio.

• La sceneggiatura: l’obiettivo didattico viene trasformato in racconto. Il racconto viene trasformato in esperienza emozionale. Sceneggiatori e drammaturghi, specializzati nella scrittura didattica a tema, orientano la stesura dei testi per massimizzare il coinvolgimento emotivo degli utenti.
• La regia e il montaggio: lo studio meticoloso del linguaggio audiovisivo associato alla capacità di sintesi di regia (in fase di creazione) e di montaggio (in fase di post-produzione) amplificano il risultato, plasmando i singoli concetti nel modo ottimale perché vengano percepiti non solo dal cervello, ma anche dalla “pancia” (quindi a livelli meno consci e logici).
• L’imprevedibilità e l’interazione: trattandosi di uno strumento interattivo, la storia che viene proposta ogni volta a ciascun utente si sviluppa secondo variabili sempre diverse e il racconto prende strade non prevedibili a priori; questo rende ogni singola esperienza un’esperienza unica.
• Il feedback: ogni storia porta con sé una morale. Le nostre storie offrono il punto di vista della controparte. Ciascun utente ha la possibilità non solo di vedere e vivere una situazione, ma addirittura di sentire il commento dalla viva voce del proprio interlocutore, con le sue chiavi di lettura e la sua soggettività. Questo fattore aiuta a comprendere un punto di vista differente per migliorare il proprio.

Ogni simulatore propone 16 milioni di storie dettagliate e coerenti. Di fatto vengono creati dei mondi paralleli a immagine e somiglianza di contesti specifici all’interno dei quali le aziende vogliono fare formazione. L’utente ha la possibilità di mettersi più volte alla prova nel medesimo contesto senza poter influenzare in alcun modo la trattativa (ovvero: non può “fregare la macchina”). Superati i limiti delle simulazioni basate sui sistemi ad albero (con un numero di storie quindi molto limitato), l’unico modo per “vincere” la sfida al simulatore è quello di applicare le proprie capacità relazionali e negoziali specifiche (ascolto, relazione, proattività, profilazione, closing…) allenando a caldo la tecnica richiesta.
L’Intelligence a caldo: misurare i trend di cambiamento e mappare il fattore umano
Un altro fattore chiave legato alla formazione è quello della misurabilità dei risultati e dei dati in uscita. La formazione a distanza ha garantito attraverso standard precisi (SCORM, AICC, eccetera) la possibilità di controllare gli accessi ai corsi, la fruizione dei contenuti e i risultati delle prove di verifica dell’apprendimento. Tuttavia, da più parti si fa richiesta di un sistema che sia in grado di rilevare non solo dati quantitativi, ma anche e soprattutto dati qualitativi in merito alla fruizione dei contenuti: cosa l’utente ha imparato e in che modo. I feedback ricavati da esperienze di quello che viene spesso definito e-learning 2.0 (il mondo dei serious games, delle simulazioni e dei mondi virtuali) sono significativi in quanto ampliano le informazioni di ritorno riguardanti le interazioni tra utente e macchina e sanno dirci di più su come le persone imparano. È dunque possibile mettere in campo strategie mirate di Intelligence dei dati.
“In particolare con i Simulatori di Realtà”, ci spiega Andrea Laus, “è possibile mettere in campo un approccio di Intelligence basato sull’analisi e l’aggregazione dei dati per trasformarli in INFORMAZIONI preziose per misurare il cambiamento di approccio sulle specifiche competenze e per offrire informazioni tattiche e strategiche di estrema rilevanza”. Il realismo dei simulatori scatena una risposta emozionale e istintuale da parte dell’utente e i dati che ne risultano sono qualitativamente preziosi in quanto:
• provengono da un sistema di misurazione oggettivo: ovvero tutti gli utenti vengono misurati nello stesso modo;
• sono generati “a caldo”: ovvero l’utente interagisce con il sistema all’interno di una situazione realistica nella quale è coinvolto; le reazioni sono quindi prevalentemente istintive (come avviene nella realtà) e solo parzialmente razionali (come invece avviene nei normali sistemi per la rilevazione delle competenze “a freddo” tramite questionari ed altri strumenti di assessment).

La gestione di questi dati rappresenta un momento importante che di fatto qualifica la formazione come leva strategica innanzitutto per l’azienda - che ha modo di mappare il potenziale umano e strutturare le sue risorse in maniera ottimale rispetto alle esigenze del mercato e delle persone stesse coinvolte nell’organizzazione-, ma è anche uno strumento importante per i singoli individui, che hanno la possibilità di crescere secondo le proprie migliori inclinazioni ed aspirazioni, contribuendo così attivamente al successo delle realtà aziendali di cui sono finalmente parte consapevole.

9-5-2009


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