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HR Strategy Forum 2010

Introduciamo l’HR Strategy Forum 2010 (organizzato da Global Networking Strategies) con Marco Masella, chairman dell’evento, Presidente della Scuola di Palo Alto e CEO di Profiles International Italy. Dice Masella: "le aziende vincenti hanno capito l’importanza d’investire in quelle attività che supportano la crescita dei manager e dell’organizzazione, e continuano a sostenere la validità di tale scelta, anche nei momenti di crisi”.

di Alberico Moro

Dott. Masella quali sono gli argomenti che affronterete il 15 giugno a Bologna al Forum HR?
Ho sentito i relatori, ci sono alcune esperienze interessanti e di grande stimolo, ho già un’idea di quelli che potrebbero essere i temi più “caldi” e di cosa trattare con attenzione. Ci sono alcuni casi molto interessanti, tipo Aeroporti di Roma, che ha avuto negli anni un’assenza di vertice e le HR hanno fatto un’operazione notevole lavorando sui livelli intermedi e sulla motivazione. Ci sono due aspetti molto importanti sui quali ci concentreremo: il primo è l’ “abitudine a valutare”, ancora poco presente in Italia, da sviluppare non per punire ma per misurare e per conoscere la proprie caratteristiche e competenze e quindi lavorare meglio. L’altro aspetto importante è il “focus on basic” e cioè il ritorno ad alcuni elementi di concretezza e di pragmaticità. Il responsabile HR è il garante di questo meccanismo.

Si fa ancora fatica ad accettare la misurazione?
Il concetto di misurazione è un po’ al di fuori delle nostre abitudini e non appartiene propriamente alla nostra cultura. Sicuramente è un motivo di grande dibattimento interiore: la nostra parte logico-cognitiva, connessa strettamente al concetto di business, la accetta e la richiede, la parte limbica, più ancorata alla nostra italianità, la respinge nella maggior parte dei casi. Quante aziende mettono veramente in pratica una misurazione precisa, oggettiva e statisticamente validata di tutte le competenze soft delle proprie risorse? Nel mondo delle imprese della lista Fortune 500 il 98% lo fa. In queste aziende lo sviluppo e la progettazione delle carriere è legata in buona parte anche alla misurazione di queste competenze. Il risultato?  Un’azienda mappata correttamente acquisisce il dono della piena consapevolezza dei punti di eccellenza delle proprie risorse e riesce, in tempi brevissimi, a disegnare organizzazioni in grado di far sbocciare in ognuna delle proprie risorse quel “talento” che a volte sorprende addirittura chi ne è detentore. Investiamo quindi sulle nostre risorse, ma investiamo su quelle giuste. Oggi il mercato ci offre la possibilità di utilizzare strumenti di misurazione altamente sofisticati in grado di supportare le direzioni HR nella valutazione delle risorse ad un livello tale di profondità di analisi e di oggettività che le valutazioni empiriche non sono più giustificabili. Siamo sempre pronti a valutare e misurare ogni piccolo dettaglio prima di fare un investimento importante in un nuovo macchinario da inserire in produzione, mentre molto spesso ci affidiamo alle sensazioni “a pelle” per decidere se assumere o promuovere qualcuno.

Qual è il ruolo delle HR nei momenti più difficili?
E’ un ruolo delicato, difficile, a volte incompreso, difficile da valutare, li si accusa di essere un po’ filosofi. Le HR devono lavorare su tanti fronti, su complessità che altri non hanno modo di vedere e comprendere. Alcune persone hanno dimostrato di essere veramente capaci. Nei periodi di crisi si chiede alle HR “la botte piena e la moglie ubriaca”: fare la parte hard e al contempo tenere il personale motivato e pronto per la ripresa.  Si chiede di essere “essenziale”, di tagliare investimenti su sviluppo, formazione e selezione e, a volte, purtroppo, anche di licenziare. In questo ultimo anno e mezzo, molti responsabili e manager hanno fatto e stanno facendo salti mortali. Voglio sottolineare che in giro vedo persone molto capaci che si stanno preparando per essere pronte per quando ripartirà il mercato. La “ripartenza”, di solito, è sempre improvvisa e se non sei pronto puoi perdere una serie di opportunità. E’ in quel momento che si giocano fette di mercato importanti. Le aziende ora non stanno perdendo fette di mercato ma soldi, fatturato. Quando ci sarà la ripresa, le quote di mercato possono alterarsi e, una volta perse, ci vuole una grande fatica per riprenderle.

Cosa intende per “focus on basic”?
Riguarda un po’ tutti e le HR in particolare, perchè il loro compito è anche aiutare le altri funzioni a concentrarsi sul core business, aiutare le persone a concentrarsi su quello che devono fare, e fare in modo che venga fatto bene. Nei momenti difficili diventano tutti grandi strateghi e il rischio è che nessuno faccia la parte operativa, concreta. Negli ultimi tempi c’è gente che dedica l’80% del tempo alla strategia e il 20% al resto, mandando in confusione un po’ tutto. E’ importante allora essere pronti con le persone giuste al posto giusto. Ogni persona deve essere concentrata sugli aspetti più importanti del suo ruolo.

Da cosa dipende la motivazione delle persone sul lavoro?
Un’indagine di Harward Business Review rivela che il 30% delle persone che lascia il posto di lavoro lo fa perché non va d’accordo con il proprio capo. Magari parte di questo 30% vi ha “fatto un favore”, ma in molti casi chi lascia l’azienda porta con se competenze, conoscenze e una buona dose di investimento in termini di tempo e denaro che l’azienda gli ha dedicato e che ora andranno a beneficio di un’altra azienda, magari concorrente. La motivazione, dunque, spesso e volentieri, dipende dal capo. Nella maggior parte dei casi le persone cambiano lavoro perché non sopportano più il capo diretto, non perché non piace il lavoro o l’azienda. La motivazione è figlia delle dinamiche che il capo riesce ad attivare, delle dinamiche di relazione, del clima all’interno dell’ufficio. Un buon manager non deve essere solo in grado di creare valore e vantaggio competitivo per l’azienda, ma, anche e soprattutto, deve saper comunicare, trasmettere valori, costruire spirito di squadra e coinvolgere i propri collaboratori agendo sulle leve motivazionali di ciascuno, con la piena consapevolezza che non tutti siamo mossi dagli stessi stimoli. In Italia il problema è che, spesso, i capi fanno tutto tranne gestire le persone e molte volte tocca alle HR sostituirsi al capo. Il compito delle HR dovrebbe essere, invece, quello di fornire al manager strumenti che lo aiutino, strumenti di misurazione per capire come far lavorare meglio le persone. Il “focus on basic” e gli strumenti di misurazione sono due elementi su cui le HR devono concentrarsi e lo stesso deve fare tutto il business.

Ha accennato ai tagli sulla formazione e sullo sviluppo.
Alcuni budget sono stati ridotti drasticamente. Per la formazione si utilizzano i fondi che però creano una serie di lavori di rimando: per utilizzare i fondi bisogna creare un meccanismo che sottrae risorse e tempo, le persone devono occuparsi di come reperire i fondi. Lo sviluppo è bloccato, le HR non hanno la possibilità di far crescere le persone o di dare aumenti.

Cos’è importante per colmare questo “vuoto”?
Va fatto un piccolo “sforzo” sui “talenti”, sulla loro individuazione e sul loro mantenimento in campo, perchè saranno quelli che faranno muovere l’azienda. In questo momento, con un piccolo sforzo, è possibile portare dentro “talenti” provenienti da altre aziende. E’ una fase in cui da alcune imprese si possono portare via persone di grande valore.

Qual è la domanda più provocatoria a cui ha pensato e farà al Forum di Bologna?
Perché alcuni HR si sono trasformati in “buyer”?
Alcuni hanno cambiato mestiere e non se ne sono accorti. Invece di essere uno stratega, il manager HR cerca di comprare al minor prezzo possibile, non si preoccupa a che cosa serve quello che sta comprando, il suo problema è comprare al minor prezzo possibile. Posso intuire perché avviene, ma non credo sia la decisione migliore.

11-6-2010


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