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Medtronic: ascoltiamo le persone per creare un ambiente di lavoro eccellente

Stefano Secchi, HR Director di Medtronic Italia, racconta ad Eccellere la sua esperienza e il lavoro che stanno facendo in Medtronic per essere ai primi posti fra i migliori ambienti di lavoro in Italia “Negli ultimi 5 anni siamo cresciuti costantemente nella lista GPTW, dalla ventesima fino alla decima posizione. Questo è stato possibile perché abbiamo messo in atto una serie di attività. L’autonomia sul lavoro è uno dei punti più importanti”.

di Alberico Moro

Dott.Secchi cosa è importante per essere fra i migliori ambienti di lavoro? Cosa avete fatto per essere nel Great Place to Work?
Inizierei da alcune cose “naturali” in una grande azienda multinazionale: attenzione alle persone, equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, attenzione alla diversità, ai benefit e all’ambiente aziendale. Tutto questo, per esperienza personale, posso dire che è abbastanza consueto nelle multinazionali. Questo è il punto di partenza. Quando abbiamo deciso di partecipare a questo contest e dopo aver avuto i risultati della survey, abbiamo poi messo in atto delle iniziative specifiche. Negli ultimi 5 anni siamo cresciuti costantemente nella lista GPTW, dalla ventesima fino alla decima posizione. Questo è stato possibile perché abbiamo messo in atto una serie di attività. Non si arriva per caso a certi risultati. Il modo migliore per decidere quali iniziative mettere in atto è ascoltare le persone ed analizzare i dati delle survey precedenti che sono molto esplicative. Alle survey ha partecipato quasi il 90% dei dipendenti e sono piuttosto orgoglioso di questo dato, credo sia una delle percentuali più alte su aziende con più di 500 persone, per questo è un dato molto affidabile. Analizzando i dati, su alcuni punti c’è quasi nulla da migliorare, parlo del senso di appartenenza, della chiarezza della missione, del contributo sociale. Sono emerse anche aree di miglioramento: uno dei punti su cui abbiamo lavorato è l’informazione. Più aumentano le dimensioni dell’azienda e più è difficile informare tutti, specie poi se la maggior parte delle persone lavorano sul campo. Nel nostro caso sono negli ospedali e per questo sono spesso distanti fisicamente dalla sede principale. Per migliorare l’informazione abbiamo fondato un giornalino interno, in formato cartaceo, perchè abbiamo voluto sottolineare l’aspetto della tangibilità. La persona lo riceve a casa, lo guarda anche la famiglia, ha un significato, ci sono le foto dei colleghi, è un modo di avere un contatto diverso con l’azienda. Un’altra iniziativa legata al miglioramento delle informazioni e della comunicazione interna sono i maxischermi sia nell’ufficio di Milano sia in quello di Roma. Li abbiamo installati in tutti i piani, comunicano le balance score card (la misurazione delle performance). Le persone attraverso dei “semafori” possono essere aggiornate sulla situazione, vedere a che punto è l’azienda. Stiamo poi lavorando sulla “diversità”, ci siamo dati dei target per la presenza di donne a livello manageriale ed abbiamo creato un gruppo di progetto, con a capo una dirigente donna, che si occupa di sviluppare delle iniziative per favorire questa diversity e avere più donne manager nel futuro. Questo gruppo si occupa anche di iniziative e soluzioni a problemi concreti, come la possibilità fare la spesa dall’azienda e riceverla in azienda.

Quanto è importante la cultura aziendale e quanto sono importanti i valori?
Non tutte le aziende hanno un livello di attenzione alto verso le persone, questa è una questione di cultura aziendale, non si può improvvisare. La prima cosa fondamentale è la cultura, ci deve essere un forte sistema valoriale che parte dal numero uno e pervade tutta l’azienda. Faccio un esempio: in Medtronic, chiunque ha un facilissimo accesso se vuole parlare con un alto dirigente o con l’amministratore delegato, nessuno si “scandalizza” se una persona del customer service prende l’ascensore e va a parlare con un direttore, fa parte della cultura aziendale. Il rischio di un’azienda cosi grande e strutturata è spesso la mancanza di conoscenza reciproca, delle persone e delle sinergie di successo. Stiamo lavorando in maniera massiva anche su questo con un progetto internazionale e locale di “One Medtronic” che favorisca la condivisione di approcci, casi di successo e valori. Esistono gruppi di lavoro trasversali alle linee di prodotto, progetti che coinvolgono funzioni differenti ed obiettivi sinergici di presenza sul mercato. Il momento culminante di questo processo avviene nel nostro meeting nazionale annuale, che per il secondo anno consecutivo ci vedrà tutti insieme, piu di 500 persone, a celebrare i risultati ed a condividere strategie e tattiche per il futuro a venire.

Quali sono secondo lei i quattro-cinque problemi più importanti in un ambiente di lavoro?
L’autonomia sul lavoro è il bene più prezioso: qualunque ambiente lavorativo è un inferno se il tuo lavoro è soggetto a controllo costante, se manca creatività, se manca spirito d’iniziativa, quindi è importante un ampio margine di autonomia decisionale. Da noi, dopo i primi mesi di inserimento, le persone si trovano a parlare con primari ospedalieri, i nostri tecnici sono spesso in sala operatoria, è importante essere trattati come professionisti a tutto tondo. Altro aspetto importantissimo è il rapporto con il capo, non può essere un rapporto di tipo gerarchico, deve essere un rapporto di supporto e di aiuto, non per forza di amicizia, direi un rapporto di “coaching”. Alta attenzione poi alle condizioni psicofisiche generali del lavoro, si deve lavorare sodo e, al tempo stesso, ci deve essere un minimo di salvaguardia degli spazi personali, certi orari non devono essere “invasi”. Anche il “rispetto” del sabato e della domenica non deve essere sottovalutato. Questo non significa che i nostri ragazzi non facciano interventi di emergenza, anche se è molto raro che un direttore chiami di domenica se non è proprio un’emergenza. Un altro punto molto importante è il “total rewarding”, non si tratta solo dei soldi ma è tutto l’insieme del “pacchetto”, quindi retribuzione, servizi materiali come macchina e telefono aziendale, i servizi interni. “Dulcis in fundo” sono importanti le opportunità di formazione e sviluppo interno, le persone devono sentire che c’è una cura particolare per loro, un’attenzione individuale per ognuno e l’azienda deve offrire possibilità di sviluppo e avanzamento per il futuro. La carriera non è solo verticale, può spaziare anche in altri settori, da qualche anno poi, per alcune persone, è importante la possibilità di avere esperienze all’estero, per le nuove generazioni questo aspetto sta diventando prevalente.

In base a cosa scegliere un coach interno o un coach esterno?
Dipende molto dal livello del “coachee”, per i livelli manageriali più alti, con complessità elevate, direi un coach esterno, per i neoassunti o i manager di medio livello va bene un “coach” interno.

Qual è il ruolo e quali sono le responsabilità delle risorse umane?
Una delle responsabilità principali delle risorse umane è quella di attrarre i migliori talenti. In questo sono fondamentali il reclutamento e la selezione, che hanno l’obiettivo di portare dentro le persone giuste con le skills giuste. Quello che oggi si chiama “employer branding”. Poi, come detto, attenzione individuale alle persone, che significa valutarle costantemente, valutare sia la performance sia il potenziale, proporre loro iniziative di sviluppo (training, cambio di ruolo e della tipologia di lavoro). Infine gestione di tutte le azioni di “total rewarding” che comprendono la compensazione interna ed esterna, una valutazione di mercato equa, altrimenti alcune persone sono quasi costrette a “guardarsi intorno”.

Cosa significa per lei engagement?
Va di moda, io sono un po’ “tradizionale”, non mi piacciono molto queste mode temporanee. L’engagement per me è semplicemente la passione e l’impegno di una persona nel proprio lavoro. Se le persone il lunedì mattina avessero il 50% di “passione” di quella che avevano alla partita della domenica pomeriggio, le aziende farebbero un grosso passo in avanti. “Engagement” significa utilizzare le proprie cellule mentali in ciò che piace e appassiona, fare in modo che il lavoro corrisponda sempre più alla propria passione. E’ importante che il lavoro non sia troppo ripetitivo e senza senso. Da noi le persone che si occupano di inserire gli ordini e sono quasi sempre in ufficio, ma una o due volte l’anno vanno in giro per gli ospedali insieme ad un venditore, per vedere e toccare con mano l’effetto finale di quello che loro fanno tutti i giorni. L’ambiente di lavoro è uno degli ambienti sociali di riferimento. è importante allora far “incontrare” le persone, che l’ambiente non sia asettico.

Da un manager responsabile di un team cosa si aspetta?
Il nostro Amministratore Delegato direbbe “il buon esempio”. Se il manager per primo non è coerente con quello che dice, allora è poco credibile. Se la puntualità è un valore, lui deve arrivare prima degli altri. Se ascoltare è importante, lui deve ascoltare più degli altri. Se crediamo sia importante condividere i successi, lui deve condividere i successi. Tutto questo, diventare manager, non è come imparare ad utilizzare excel. Se non c’è di fondo una struttura di equilibrio e una certa personalità, è molto difficile. L’azienda deve valutare a monte queste capacità personali, senza le quali un manager non è in grado di svolgere bene il suo lavoro. Poi c’è la possibilità di fare corsi, e ce ne sono di “tutti i colori”, su come si valuta, su come si loda, su come si seleziona. E’ importante che il manager partecipi al processo di selezione per valutare le competenze tecniche della persona.

Come vede l’ambiente di lavoro nel futuro?
Molto diverso da quello che è oggi, non vedo più uffici. I pochi uffici saranno estremamente ridotti e limitati, utilizzeremo molta tecnologia, ci sarà molta autonomia, sarà un lavoro sempre più di tipo professionale, ci saranno sempre meno dipendenti, prevarrà la competenza e accordi professionali basati sul raggiungimento di obiettivi. Quindi, meno subordinazione e meno organigrammi. Io direi che sarà meglio, sono un positivo per natura, penso che le aziende oggi siano meglio di come erano cinquanta anni fa, non posso pensare che non saranno meglio fra 20 anni. La tecnologia avrà un ruolo importante in questi mutamenti, dico questo ed ho vissuto un’epoca in cui il cellulare non c’era.

5-5-2010


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