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Il professionista HR e il Registro Nazionale

E’ nato da circa un anno il registro italiano dei professionisti del settore HR. Ce ne parlano il Prof. Mario D’Ambrosio, Past-President AIDP e Segretario Generale del registro e Giuseppe Li Volti, referente regionale Campania dell’AIDP. E’ l’occasione per fare il punto sulla professione, partendo dal passato e con uno sguardo al futuro.

di Alberico Moro

Il registro è stato istituito dall’AIDP, nel rispetto della Direttiva Europea 2005/36, Capo II, del DLGS 206/2007 in tema di riconoscimento delle qualifiche professionali e di circolazione occupazionale nella Comunità Europea e nel rispetto del DM 32054 del 28 aprile 2008 che ha l’obiettivo di avviare la formalizzazione della professione.

Dott. Li Volti cosa ci dice del registro?
Abbiamo recepito in Italia una normativa CEE. E’ un registro delle persone che operano nel settore HR, sia in azienda sia come consulenti. Consente di avere una visibilità a livello europeo e risponde a delle problematiche di varia natura. Una di queste riguarda gli ambiti di lavoro del settore, mai identificati ufficialmente fino ad ora. C’è ancora una visione poco chiara del Responsabile HR, una visione che forse appartiene più al passato. Uno degli obiettivi è dunque dare una visione diversa al mercato. Per essere nel registro bisogna rispondere a certi requisiti. Ogni 2 anni è richiesta un’attestazione: bisogna dimostrare di operare nel settore e bisogna raggiungere un certo numero di crediti formativi. Molte, troppe persone, si sono improvvisate. Il Registro offre credibilità.

Dott. D’Ambrosio, lei ha fortemente voluto il registro?

Sono il segretario e sono stato il Presidente nazionale AIDP che l’ha promosso, nel maggio scorso, durante l’assemblea nazionale dei soci AIDP. Segue una normativa europea che prevede, per il riconoscimento dei professionisti, la necessità che gli ordini e le associazioni non riconosciute seguano un iter di accreditamento presso il ministero della giustizia.

Perché un registro HR? Quali sono le finalità?
Purtroppo, fino ad ora, una materia difficile, come quella delle persone, è stata aperta e soggetta anche all’improvvisazione. Il registro nasce dalla constatazione che il lavoro di gestire risorse umane, la responsabilità di farlo, sia fuori sia dentro l’azienda, secondo modalità e strumenti professionali, è passato da mestiere a professione vera e propria. Il registro è un riferimento e una salvaguardia per gli stakeholder del settore, per le aziende, in quanto attesta la professionalità delle persone iscritte. Il registro nasce infatti per identificare, attestare e sviluppare la professionalità di chi opera in questa area, sia nel settore privato sia nel settore pubblico: garantendo, a richiesta, l'attendibilità in campo Italiano e Internazionale delle dichiarazioni curricolari rilasciate dai propri iscritti; attestando e promuovendo l'aggiornamento professionale seguito dai propri iscritti, secondo standard internazionali; favorendo così il riconoscimento e l'occupabilità dei Professionisti HR nel nostro Paese, nell'area della Comunità Europea e nell'ambito mondiale.

Il registro dunque promuoverà l’aggiornamento professionale degli iscritti?
Uno degli scopi del registro è identificare i percorsi di aggiornamento e le modalità per assegnare i crediti formativi agli iscritti. AIDP, che promuove il registro, potrà organizzare corsi che eroghino crediti, in più il registro individuerà enti di formazione e società esterne riconosciuti. All’interno del registro ci sono poi due commissioni, una scientifica e una tecnica professionale, alle quali hanno aderito, riconoscendo l’importanza del registro, professori universitari, rappresentanti politici e sindacali, tra i quali Treu, Tiraboschi, Mercurio, Nacamulli, Costa, Avallone e l’on. Baretta.

Come è stato accolto dai soci AIDP? Che significato ha per voi?
Siamo ancora nella fase transitoria che finirà alla fine di quest’anno, sono passaggi che richiedono i tempi di metabolizzazione, stiamo andando dal grande entusiasmo di chi ha detto “è importante” ad alcune persone un po’ più caute, che hanno dei dubbi. Devo dire che gli entusiasti sono l’80%. Il registro è importante soprattutto per i nostri giovani in tema di circolazione europea. Gli altri paesi europei sono già attrezzati, per questo i giovani italiani non avevano le stesse “armi” dei colleghi spagnoli, tedeschi e francesi. Ormai le multinazionali sono da per tutto e i manager girano in tutto il mondo, è importante per le giovani generazioni avere dei riconoscimenti ufficiali. A noi, un po’ più grandi, cambia poco e nulla, a parte il piacere e l’orgoglio di veder riconosciuta una professione che abbiamo fatto tutta la vita. Non vuole e non può essere un Albo, è invece una modalità standardizzata di riconoscimento professionale che mira a garantire la correttezza professionale di chi svolge questo lavoro.

Uno sguardo verso il futuro?
Parto dal passato: una volta, nei tempi “romantici” si arrivava un po’ per caso a questa professione, oggi sempre di più si cercano persone con un determinato percorso di studio universitario e che abbiamo fatto uno specifico master abilitante. Il futuro della professione avrà sempre più grandi caratteristiche di internazionalità. Il professionista HR è un professionista che si muove, non è ancorato ad un unico percorso aziendale, ma con grande capacità di affiancare il business dell’azienda, essere cioè di collegamento tra le esigenze aziendali e l’esigenza delle persone di essere riconosciute e valorizzate. Il professionista HR avrà il compito di aggiornarsi sempre più velocemente per stare al passo dei grandi e continui cambiamenti. In tutto questo anche le competenze non sono più le stesse. Il costo delle risorse umane, la loro centralità nel fare la differenza e nello stabilire un vantaggio competitivo delle imprese, fanno si che chi si occupa di questo ambito deve essere sempre più preparato in materia economica, di organizzazione e tematiche delle persone, mercati internazionali, normative e spostamenti delle persone.

Ai giovani che vogliono percorrere questa strada professionale cosa consiglia?
l percorso di ingresso alla professione sono le lauree in giurisprudenza, economia, psicologia più, come detto, un master. In base alla laurea e al percorso di studio si possono avere determinati ruoli all’interno della direzione HR, dalla selezione alla motivazione, dalla pianificazione all’organizzazione e al controllo di gestione.

Cosa cerca in una persona che vuole lavorare in questa area?
Oltre al percorso di studio di cui ho parlato, una persona di buon senso, che abbia apertura mentale e un’imprescindibile capacità relazionale e di comunicazione, sono due componenti che deve avere per capire gli altri.

Quanto conta la passione in tutto questo? Che valore ha in un momento difficile e delicato?
La passione è tutto: quello che facciamo deve essere qualcosa che ci piace, ci trasporta e ci rende più leggera la fatica, altrimenti prima o poi si entra in conflitto con se stessi. E’ molto importante per il recupero economico e l’uscita dal tunnel. Dall’impegno di chi ha la fortuna di lavorare, può venire lo spazio per recuperare chi, in questo momento, il lavoro lo ha perso. Sono convinto che sia una fase di assestamento dell’economia mondiale, stiamo vivendo un piccolo terremoto, che ci permette di assestarci e di ripartire. Poi ripartiremo bene, diversamente è chiaro, con valori e con visioni diverse. I responsabili, i “capi” devono dare l’esempio, se si devono fare sacrifici o lavorare tanto, il primo a farlo dovrebbe essere il responsabile. Chi ha responsabilità verso gli altri deve dare l’esempio.

2-4-2009


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