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I 40 anni del Gruppo Loccioni festeggiati con la Leaf House

Da un paio di mesi ha compiuto 40 anni e per 6 consecutivi (dal 2002 al 2007) è stata l’unica impresa interamente italiana e di piccole dimensioni nei primi posti della “lista” Great Place to Work Italia, la “classifica” dei migliori ambienti di lavoro e oggi sta presentando la sua Leaf House: parliamo del gruppo Loccioni. L'intervista a Renzo Libenzi, General Manager del Gruppo.

di Alberico Moro

Il Gruppo Loccioni è noto per la sua attenzione all’innovazione continua, che l'ha portato per sei anni consecutivi ad occupare i primi posti nella classifica annuale stilata da Grea Place to Work Italia.  Ma il Gruppo Loccioni ha altri "segreti"  che ne hanno determinato l'eccellenza nella competione del settore delle macchine per il controllo qualità. Inoltre Il 22 novembre 2007, è stato conferito ad Enrico Loccioni - Presidente del Gruppo - il Premio Ernst & Young per l’Imprenditore dell’Anno 2007 nella categoria “Quality of life”, per aver considerato da sempre inscindibile dallo sviluppo aziendale l’attenzione alle persone ed al territorio. Eccellere ha intervistato Renzo Libenzi, General Manager del gruppo.

Cos’è che ha fatto e fa la differenza rispetto ai competitor?
Puntiamo molto sul concetto di rete, di integrazione, cerchiamo di anticipare i bisogni emergenti. E’ un continuo seminare. Abbiamo fatto delle scelte che ci stanno ripagando, vogliamo lavorare sui leader mondiali di determinati settori. Non siamo una grande azienda - siamo circa in 300 persone - ma non abbiamo paura di dialogare con i numeri uno. Non andiamo dietro al lavoro, preferiamo lavorare con i 4-5 migliori, siamo focalizzati su di loro, li studiamo e questo ci consente di andare oltre il “rapporto” di lavoro per creare un rapporto di fiducia. Dopo un po’ di tempo, ti rendi conto che così la vita è più semplice. Andiamo in un settore solo se c’è una forte barriera tecnologica d’ingresso all’interno e se ci sono pochi leader. 

L’innovazione è la chiave?
Siamo leader sulle macchine per il controllo di qualità e la tecnologia è il nostro pane quotidiano. Abbiamo una grande capacità di ascoltare il problema, per poi dare la soluzione chiavi in mano al cliente. La nostra è un’attività di “sartoria” tecnologica. Il fatto che il numero uno dell’azienda non sia un tecnico la dice lunga però anche sulla mentalità, sul clima interno, sui nostri valori.  Come dice Luca di Montezemolo, l’innovazione non è solo tecnologica. E’ un continuo start-up. Questo ci ha portato a chiederci quali saranno i settori più importanti dei prossimi anni, ed ora stiamo investendo su questi settori, tra cui il medicale, il gas, il risparmio energetico. Sono business su cui ancora fatturiamo poco, ma torniamo alla metafora della semina e del raccolto, ci vuole anche pazienza.

Valori tangibili, intangibili. C’è “innovazione” anche all’interno dell’azienda? Come mai siete stati presenti per 6 anni consecutivi nella classifica di Great Place to Work?
Dopo 6 anni consecutivi nella lista, nel 2008 non siamo tra i primi 35. Questo ci serve per ripartire con un progetto forte, per capire davvero cosa manca e cosa vogliono i nostri collaboratori. I risultati degli altri anni penso dipendano da un mix di fattori. C’è una struttura, un modello organizzativo favorevole a questo, mettiamo le persone in condizione di esprimersi.  Se lavori con noi le tue competenze sono al servizio dei numeri uno al mondo. Diamo la possibilità ai giovani di prendersi un progetto e portarlo avanti. Una dozzina di nostri ragazzi partecipano ad alcuni business, in cui hanno avuto ed hanno un ruolo importante, è un modo per coinvolgere e responsabilizzare. In questo senso, è importante non punire quello che sbaglia, tutti sbagliamo. I nostri valori – immaginazione, energia, responsabilità – sono molto importanti e sentiti. Qui si vive bene, il luogo di lavoro è stupendo, la pausa pranzo la facciamo nel parco, si sta tutti allo stesso livello. Da noi ci sono ingegneri figli di contadini, persone che stanno con i piedi per terra, è anche vero che per un neolaureato in ingegneria stare qui è come per i laureati in economia stare nella finanza a New York, Londra o Tokyo. E’ esaltante. Quando c’è una “sfida” e qualcosa non funziona serve grande disponibilità.  L’imprenditore, il primo giorno che i ragazzi entrano in azienda e durante le selezioni, fa 2 domande: “chi è figlio di contadini?” e “chi da grande vuole fare l’imprenditore?”. Per capire chi ha la maglietta del gruppo addosso. Puntiamo molto sul creare un ambiente di lavoro “aperto” e sul rapporto con le persone. Cerchiamo ragazzi giovani dagli "occhi grandi". Cerchiamo persone che sappiano lavorare su 5 cose in parallelo, che non si fermino dopo il primo ostacolo, gente positiva, che non si limita e cerca di andare oltre, non amiamo i luoghi comuni. Curiosità, energia, immaginazione, volontà, sono i valori alla base, da cui partire e su cui lavorare. La responsabilità del fare è molto forte e siamo molto bravi in questo, manca ancora un po’ la mentalità dell’intraprendere. Ci stiamo lavorando. Stiamo sviluppando questo “gusto” di prendersi una sfida e di portarla avanti, anche da soli. Per fare un esempio, il programmatore, dopo un po’ che è da noi, crea l’impresa di software. Gli diamo tutto ciò che non è tecnico per 3 anni: selezioniamo i suoi collaboratori, li formiamo, e gli diamo 1 anno di stipendio pagato per questi giovani che inserisce da solo. Abbiamo perso un nostro collaboratore ma abbiamo conquistato un fornitore fedele.

Lavorate con i leader mondiali, con grandi aziende, ma siete anche molto radicati sul territorio e c’è un rapporto importante con la vostra zona?
Abbiamo un avamposto in America e abbiamo chiuso da poco l’acquisto di una start-up tecnologica in California ma è vero, cerchiamo di essere più vicino possibile al nostro territorio. Ogni anno ospitiamo circa 800 studenti sia stranieri sia locali e nel periodo estivo abbiamo delle collaborazioni con ogni scuola. Prima adottavamo le scuole, ora i comuni. Il ruolo sociale dell’impresa è molto importante e sentito e vogliamo restituire al territorio quello che ci ha dato.

Cosa significa "The Play Factory"?
Significa apprendere attraverso il gioco e la sfida. Il gioco è la chiave fondamentale per la conoscenza attiva, per le esperienze e per le scoperte innovative. Gioco vuol dire conoscere e conoscersi. "Mettersi in gioco" all'interno del gruppo per scoprire le affinità, le conoscenze tacite e i punti di forza. In questa logica della sfida continua è importante essere allenati. Si tratta di un nuovo modo di pensare e comunicare la fabbrica e il lavoro. E’ una nuova filosofia a livello organizzativo. Abbiamo creato 40 carte manageriali, dei giochi per aprire la mente e un libretto “play factory”. Ci stiamo chiedendo cosa vuol dire play factory nei confronti dei clienti, dei dipendenti, dei fornitori. La sfida è essere play factory tutti i giorni. Dal concetto di Play Factory si passa al concetto di Play Office, per rendere più accattivante possibile l’ufficio. 

Un altro progetto su cui siete molto impegnati è la casa Carbon-neutral.
La Leaf House è la prima casa abitabile a emissioni zero e autosufficiente dal punto di vista energetico. La Leaf House rientra nel più ampio progetto Leaf Community (Life Energy and Future), ideato dal Gruppo. Si tratta della prima comunità eco-sostenibile italiana creata in piena armonia con l’ambiente. Carbon neutral vuol dire a zero emissioni di anidride carbonica, e alimentata da fonti di energia rinnovabili. Dal 22 al 26 settembre 5 persone hanno abitato la casa e in questi giorni, durante 8 ore di  diretta streaming on-line, ci sono stati ospiti con cui discutere di sostenibilità, qualità della vita ed impatto della tecnologia su tutti gli aspetti della vita sociale e personale. E’ un progetto a cui hanno aderito dei partner importanti come Enel, Cisco, Whirlpool, Ikea, Banca Popolare di Ancona.

30-9-2008


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