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Due pantaloni in uno: ecco i jeans del futuro

Betwoin, dalle parole inglesi Be Two e In, è il marchio di Gigiesse Group che, con un innovativo brevetto internazionale, supera la crisi dell'abbigliamento maschile. L'intervista a Gianni Ammirati, AD di Gigiesse Group.

di Elisa Scarcella


Gianni Ammirati e Salvatore Carillo,
alla guida di Gigiesse Group
.

Un pantalone che fa le funzioni di due, realizzato sulla base di un brevetto registrato che abbina tessuto stretch e fisso ed è quindi in grado di accompagnare l'uomo in tutte le fasi della giornata, fino alla tarda sera.
Ecco Betwoin, marchio di Gigiesse Group S.p.a., gruppo che opera nell'abbigliamento dal 1975, con sede nella a Nola (Napoli), guidata da Gianni Ammirati e Salvatore Carillo. Con 100 dipendenti diretti e altri 3.000 nell'indotto, 8 marchi rivolti a uomo, donna e bambino (Zip, Cotton Star, Braddock, Exigo, Hammer, J.J.Olson, Wop e Betwoin), milioni di capi esportati in tutto il mondo, Gigiesse ha chiuso il 2010 con un fatturato di 23 milioni di Euro e il 2009 con un fatturato di 3.5 milioni di Euro per il marchio Betwoin.
Per scoprire i segreti del successo di Betwoin, brand dalla storia che Gigiesse fa risalire addirittura al 1930 (per info www.betwoin.it) , Eccellere ha intervistato Gianni Ammirati, AD Gigiesse Group.

Dott. Ammirati, può descriverci i punti di forza e le caratteristiche peculiari del marchio Betwoin?

Il marchio Betwoin nasce da un’accurata ricerca divenuta brevetto internazionale. Il pantalone del marchio Betwoin presenta una particolare composizione. E' infatti costruito dall’unione di 2 tessuti: uno stretch ed uno fisso, classico e sportivo. I due tessuti sono montati per consentire una maggiore elasticità di movimenti e per restare sempre perfetti come se fossero appena indossati. Comodità ed eleganza,quindi, tutto armoniosamente in un solo capo.
Creare un capo che possa essere indossato in qualunque momento della giornata appare come un traguardo non facile da raggiungere..
Il modo di concepire la moda negli ultimi anni è davvero cambiato: prima si indossavano i capi da lavoro e poi ci si trasformava il week end con un look più sportivo; oggi quello che si ricerca è la comodità senza tralasciare lo stile. Il nostro obiettivo è stato quello di trovare un pantalone che potesse essere indossato in ogni occasione, con una giacca o una t-shirt, perché comodo ma allo stesso tempo realizzato con la cura del particolare.

Nonostante la crisi che ha colpito il settore dell'abbigliamento, il marchio Betwoin in un solo anno è riuscito a raddoppiare le vendite. Come siete riusciti ad ottenere questo risultato?
L'Italia è divenuta nel mondo sinonimo di design e innovazione, di stile e di lusso, ed il made in Italy non è solo più un modo per contraddistinguere tutto ciò che è fatto in Italia, ma addirittura una sorta di marchio, se associato al mondo della moda. La chiave del nostro successo è da sempre la produzione Made in Italy: produciamo tutto nel nostro Paese riuscendo a seguire il prodotto dalla scelta dei materiali fino alla sua realizzazione, avendo una cura quasi maniacale del dettaglio e del particolare, ottenendo così dei capi come se fossero realizzati a mano, che non hanno nulla da invidiare alla sartorialità di cui Napoli è ambasciatrice nel mondo.

Il marchio Betwoin conta su 400 punti vendita in Italia e su una aggressiva campagna di comunicazione per la sua promozione. Può riassumere i principali strumenti adottati nell'ambito di questa campagna e i prossimi passi?
Abbiamo scelto per comunicare i nostri capi una campagna di tipo emozionale. La campagna PE2010 è la rappresentazione di 3 peperoncini, giallo verde e rosso a forma di pantalone, quella in corso sono i tubi di colore. Vogliamo colpire il nostro cliente con l’originalità, dimostrando che dietro ad un’immagine pubblicitaria c’è un’idea originale. La nostra campagna oltre all’acquisto degli spazi pubblicitari sulle maggiori testate nazionali ed internazionali e le affissioni su strada andrà a distribuirsi su altri canali tra cui internet e l’organizzazione di eventi.

Come riuscite a coniugare l'attività di ricerca di tipo tecnico con le valutazioni inerenti lo stile?

Coniugare stile e performance: è questa la complessa sfida affidata all’ufficio stile di Betwoin. I capi Betwoin sono in grado di offrire ai consumatori una valida risposta alle mutevoli esigenze della moda. I successi ottenuti nel coniugare questi aspetti sono frutto delle importanti risorse investite dall’azienda nei suoi laboratori e nella competenza dei suoi tecnici ricercatori impegnati quotidianamente nello sviluppo di tessuti evoluti. La selezione di filati di ultima generazione, la costante ottimizzazione dei processi produttivi, l’impiego di macchinari tecnologicamente all’avanguardia e l'attenta analisi delle esigenze del mercato, consentono la produzione di capi che sono alla moda.

Come riesce Gigiesse Goup Spa, in un settore così soggetto a tendenze passeggere e mutamenti di stile anche a breve termine, a selezionare i nuovi prodotti che, a vostro parere, riusciranno a soddisfare i bisogni emersi in quel momento e rappresentare comunque al meglio il vostro marchio?
Sicuramente il mercato è in continuo movimento è quello che è moda oggi domani sarà out, ma la qualità ed il bello non passeranno mai di moda. Cerchiamo di fidelizzare il nostro cliente offrendogli un prodotto su cui poter contare, che non deluderà mai le sue aspettative. Il brevetto che contraddistingue il nostro pantalone ci permettere di poter giocare con i vari modelli e tessuti ma ci garantisce l’elevata qualità.

Sappiamo quanto sia importante promuovere idee innovative specialmente in un mercato che risente di forte crisi. Quanto fate leva sulle nuove generazioni nel processo di moderninazzione?
La Gigiesse Group S.p.A., ha deciso di affidare la linea Betwoin ai giovani di casa, infatti Antonio e Gaetano Ammirati, Rosaria e Michele Carillo sono i pionieri del progetto Betwoin che insieme ad un team di una ventina di giovani si occupano della progettazione e della ricerca dei materiali, dell’organizzazione e dell’amministrazione del marchio, tutti attenti a ciò che accade nel mondo, e continuamente impegnati tra corsi di aggiornamenti e briefing interni.

Gigiesse ha sede nella nuova zona industriale di Nola (Napoli), una città da sempre punto di riferimento in Italia per la moda maschile. Quanto, a suo parere, conta questo elemento sullo sviluppo dei vostri prodotti, in un mercato comunque orientato a tutto il mondo?

Da sempre Napoli per la moda è sinonimo di sartorialità e di minuziosa attenzione ai particolari. Vengono da tutto il mondo per le nostre camicie e per i nostri abiti. Napoli, però è anche altro: quella di Gomorra, vista come un mondo da cui scappare. Non sempre è facile far capire che ci sono aziende che lavorano e danno lavoro; basti pensare che qui da noi lavorano circa 100 persone con un indotto di 3000 unità lavorative. La serietà e la professionalità si guadagnano sul campo: prodotti di altà qualità, precisione nelle consegne e nei pagamenti, attenzione ai clienti.

Sappiamo che Gigiesse sta impegnando grandi risorse per un'espansione ancora maggiore nel mercato estero, e in particolare per raggiungere paesi come il Giappone, la Cina ed Hong Kong. Quali azioni strategiche vengono adottate in tal senso?
In occasione dell’ultimo Pitti particolare attenzione è stata mostrata dai buyer giapponesi, indicazione positiva se consideriamo l’attenzione alla qualità che caratterizza il cliente giapponese. Abbiamo optato per una strategia progressiva, che ci permettesse di agire con sicurezza in modo da riuscire a gestire ogni area in maniera adeguata. L'obiettivo è quello di continuare a crescere a ritmo costante, tanto che già nel 2010 contiamo di ampliare la nostra presenza in Europa e Medio Oriente. L'espansione proseguirà toccando location strategiche posizionandoci con i nostri corner negli shopping mall più prestigiosi.

4-2-2010


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Commenti

Commenti

mario | 4-1-2013 06:25
per quanto io ne sappia il dott ammirati non ha neanche un diploma di scuole medie superiorie .. i due pantaloni in uno .. a me sembra una .. una ... e’ meglio che non lo dico.

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