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E-Commerce: un canale di vendita vincente ma da saper gestire
La presenza digitale, soprattutto per le PMI, si deve sviluppare su una molteplicità di canali, tutti specifici ed interconnessi. Perché i potenziali clienti cercano sempre più le aziende online, e quello che trovano fa la differenza tra vendere oppure no.
di
Marco Minossi
Tra i sogni e i bisogni latenti che Internet ha realizzato, 2 sono quelli che ci hanno sino a oggi maggiormente colpiti: Quello antropologico, teorizzato a suo tempo dagli illuministi francesi, di poter riordinare tutto il sapere umano in formato enciclopedico, e ci riferiamo non tanto a Wikipedia, ma a Google che senza dubbio “è” Internet; Quello di marketing delle aziende, di poter dialogare con il consumatore/utilizzatore finale, e di instaurare una relazione di business che si avvicini il più possibile alla logica di un prezzo di vendita diverso da quello che che le spesso sacrificate, per via di una metodologia intermediata, basata sul canale medio o sul canale lungo della distribuzione tradizionale.
L’ “opzione e-commerce” va vista in una ottimizzazione dei costi commerciali, logistici e distributivi, in cui l’incremento del margine passa attraverso una accelerazione delle condizioni di competitività da ritrasferire sul prezzo di vendita.
La rivoluzione di Internet ha aperto nuovi orizzonti per le vendite online non solo ai grandi brand internazionali, ma anche alle PMI e alle imprese artigiane. La maggior parte delle imprese italiane, come è noto, ha dimensioni piccole e medie, e l’avvento delle vendite dirette via Internet permette loro di avere un outlet virtuale per i clienti di tutto il mondo connesso.
All’inizio, a guidare il cambiamento sono stati i marketplace online, eBay su tutti.
Ben 105 attori economici italiani – privati e soprattutto aziende – hanno fatturato nel 2015 almeno un milione di dollari proprio grazie a eBay, il 19% in più rispetto al 2014, soprattutto con un volume di incassi quintuplicato nell’arco del quinquennio di profonda crisi economica intercorso tra il 2010 ed il 2015.
Il 30% di questo gruppo di imprese che ha superato questa soglia di fatturato sono della Campania, regione che tradizionalmente viene data come lontana dallo stare al passo delle nuove tecnologie.
Una buona fetta delle piccole aziende italiane è in grado di vendere al cliente direttamente dal proprio sito, oppure si sta attrezzando per digitalizzarsi al meglio. Ciò ha portato una fattiva trasformazione delle modalità con cui il prodotto arriva al cliente: nell’ e-commerce, infatti, avere un servizio di spedizioni “B2C” efficace, veloce e conveniente è essenziale per assicurare di consegnare la merce nei tempi previsti e senza intoppi.
La quota di e-commerce che genera una parte più o meno ampia del fatturato aziendale, può essere paragonata a quello che per le grandi imprese quotate è il cosiddetto “flottante”, cioè la quota di capitale azionario che è oggetto delle transazioni di Borsa.
In entrambi i casi, l’azienda sottostà ad una rigorosa analisi di idoneità prima di essere abilitata ad operare in un segmento di mercato ( per legge, quando si quota su un Listino; per check-up interno quando si propone on-line ), con il comune elemento del mercato stesso non solo quale giudice sulla bontà dell’ offerta, ma soprattutto quale conoscitore quotidiano di quelle che sono le garanzie di competitività e di affidabilità che l’azienda stessa offre, e che monitora continuamente se queste risultino in calo, costanti o in crescita. Si rivela allora indispensabile inserire l’elemento e-commerce in un pacchetto di marketing più ampio che chiameremo e-business, dove una serie di strumenti offerti dalla rete devono costantemente aggiornarsi, e devono dialogare alla perfezione tra loro e con il mercato.
Lo scenario di interscambio in cui viviamo è multipiattaforma e multicanale: non è più sufficiente considerare il sito aziendale come una risorsa chiusa, a sè stante, oppure come una semplice vetrina dove mostrare prodotti, servizi e informazioni istituzionali.
La presenza digitale, soprattutto per le PMI, si deve sviluppare su una molteplicità di canali, tutti specifici ed interconnessi.
Ci sono i social network, i portali, le piattaforme di recensioni (es. TripAdvisor, Yelp, Foursquare, Trustpilot, ecc.), i social blogging, ognuno con un target di riferimento, un registro comunicativo e tempistiche specifiche proprie .
Per raccordare tanti canali esterni è però necessario un punto di riferimento, un “porto sicuro” da cui il business e la comunicazione aziendale possono “salpare”, prendere il largo, e a cui possono fare ritorno. Questo hub resta definitivamente il proprio sito web.
Da esso deve essere possibile fare e-commerce, gestire un blog aziendale, fare storytelling, collegare campagne social, di email e di marketing on-line, e coordinare tutti i canali di comunicazione, digitali e non.
Ecco allora che risulta improponibile pensare all’ opzione potente dell’ e-commerce prima di aver sviluppato tutte le potenzialità informative ed interattive offerte da Internet nella loro pienezza.
Ma prima di valutare che una piattaforma e-commerce faccia seguito ad un utilizzo completo di Internet a livello informativo ed interattivo come detto poco fa, ci sono altri aspetti da dover considerare, ad esempio:
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Esistono mercati/Paesi da escludere dalle strategie di vendita on-line, magari a causa di contratti di distribuzione con esclusiva reciproca, e quindi con divieto di vendere direttamente?
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Esistono Paesi in cui la farraginosità, l’incertezza e l’onerosità delle procedure di sdoganamento possano compromettere la transazione e, in ultima istanza, la reputazione dell’esportatore presso la clientela?
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Esistono spazi di manovra per concertare con un canale di vendita tradizionale, in un determinato territorio, una diversificazione dell’offerta dei prodotti tramite un sito e-commerce, rispetto al quale potrebbe essere di supporto l’attività dello stesso distributore/concessionario ( ad esempio per le informazioni, le dimostrazioni, le referenze in loco, l’assistenza post-vendita?)
Per le PMI fortemente orientate al B2B della subfornitura ( pensiamo a quella meccanica o a quella elettronica, ma anche ad altri settori, tipo ad es. i materiali per l’edilizia ): prima di precludersi definitivamente l’ opzione vendite on-line, esiste anche da parte dei concessionari/distributori la proposta e-commerce di articoli di componentistica oltre che di prodotti finiti? In questo caso, un’attività di e-marketing e/o di marketing tradizionale potrebbe essere preparatoria ad business che scaturisca in un’attività di e-commerce del distributore.
Per concludere, possiamo ben osservare come dòmini a livello imperativo sempre più stringente il motto “People need to access you”; è la chiave di un argomento che a qualcuno potrebbe sembrare troppo semplice, ma che non è ancora chiaro a molti imprenditori italiani. I potenziali clienti ci stanno cercando online, e quello che trovano fa la differenza tra vendere oppure no.
Quindi, per essere capaci di far sì che ciò possa accadere e ripetersi regolarmente, non bisogna dimenticare mai che i clienti si sono trasformati in “community” interattive ed esigenti, che nel web cercano ispirazione e informazioni, condividono feedback, scelgono, e acquistano, prodotti e servizi sì, ma anche relazioni e valori.
È quindi fondamentale per le imprese usare i canali digitali per coinvolgere e offrire un’interazione reale.
28-8-2016
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