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Guardare oltre la crisi, attraverso la crisi
Interpretare la crisi, per individuarne le vere cause e guardare al di là di essa, fornendo una via d'uscita. La crisi è infatti una grande opportunità che l'Italia deve saper cogliere per affrontare con decisione alcune delle sue piaghe bibliche che la tengono legata al palo di partenza. Ne abbiamo discusso con Marco Vitale, autore del libro “Passaggio al futuro”.
di
Nicolò Occhipinti
Dal 2007, anno in cui si è scatenata la crisi finanziaria in USA poi propagatasi in tutto il mondo, sono state numerosissime le interpretazioni degli economisti sulle cause che hanno generato il fenomeno. Pochi, tuttavia, si sono spinti a individuare in chiave multidisciplinare le origini profonde della crisi come invece ha fatto Marco Vitale, economista di impresa e docente universitario. Nel suo libro “Passaggio al futuro. Oltre la crisi attraverso la crisi”, originale per il taglio espositivo e la chiarezza con la quale affronta il complesso argomento, Vitale traccia la possibile strada per uscire dalla crisi e le azioni da intraprendere per evitare di ricaderci in breve tempo. Eccellere ha intervistato l'autore per discutere sullo stato attuale della crisi e sulle prospettive in Italia e nel mondo.
Nel suo libro “Passaggio al futuro” affronta il tema della crisi e della sua corretta interpretazione, prima di guardare oltre la crisi stessa. Quali sono le vere cause della crisi?
Nel mio libro sostengo la tesi che recentemente Robert Putnam ha bene sintetizzato con queste parole: “La crisi è stata determinata dalla prevalenza di un modello capitalistico esasperato e avido, che ha travolto relazioni, legami, valori”. Quel modello aveva posto al centro non più l’uomo, come si diceva una volta (“omnium rerum mensura homo), ma neanche la produzione e neppure il profitto, ma il “capital gain”. Una società ed un’economia che pone al centro il “capital gain” non ha futuro. Per questo la crisi era non solo prevedibile ma inevitabile, preannunciata.
Perché non è stata prevista in tempo dalla maggior parte degli economisti?
Perché erano organici a quel modello.
Per salvarsi, molte grandi aziende fra cui Citicorp e AIG hanno dovuto chiedere aiuto allo Stato. E' il fallimento del modello capitalistico?
E’ il fallimento di un tipo di modello capitalistico che è diventato dominante negli ultimi trent’anni, non del capitalismo, né di una economia basata su imprese e libero mercato.
Quali peculiarità presenta la crisi in Italia?
L’Italia è bloccata da alcuni decenni da una serie di gravi disfunzioni istituzionali, tra le quali: peso abnorme dell’economia criminale; peso abnorme del costo della politica; pessimo funzionamento della giustizia; economia duale; debito pubblico pesantissimo, ed alcune altre che, nel mio libro, chiamo, nel loro insieme: le nostre piaghe bibliche. Queste non sono conseguenza della crisi. Sono cosa nostra e ben più antica. Ma la crisi le ha rese più evidenti, e ci ha detto: il tempo è scaduto, ora dovete veramente por mano ad alcune delle vostre piaghe bibliche, per avviarle a soluzione. Per questo dobbiamo essere grati alla crisi e riconoscere anche il suo valore liberatorio.
Secondo lei, su quali leve bisognerebbe agire per uscire realmente dalla crisi?
Bisogna rinnovare profondamente il pensiero economico, rimettendo al centro l’uomo ed i valori di una civile convivenza, cioè quello che i sociologi e politologi chiamano il capitale sociale.
Se è vero che le crisi sono in realtà un'opportunità da cogliere, quali lezioni abbiamo allora appreso da questa crisi?
Bisogna distinguere: la classe dei banchieri è, se possibile, diventata ancora peggiore; la grande parte degli economisti non solo non ha imparato nulla ma si sta impegnando a far si che gli insegnamenti possibili vengano confusi ed oscurati; del pari prossimo a zero è stato l’approfondimento dei politici e della immensa schiera dei loro “clientes”. La lezione l’hanno appresa, invece, le aziende esposte alla concorrenza internazionale, le famiglie del ceto medio-basso ed i giovani. L’incapacità o la non volontà di apprendere la lezione non è esclusiva della classe dirigente italiana, ma è condivisa dalla maggior parte dei paesi occidentali. Al primo posto metterei gli Stati Uniti dove l’Obamanomics è stata un grande flop e Obama una grande delusione. Ma dietro a lui gran parte della classe dirigente si è rifiutata e continua a rifiutarsi di guardare dentro la crisi.
Sul Financial Times del 5 luglio 2011, Gideon Rachman, in un articolo intitolato: “America ed Europa stanno affondando insieme”, offre un quadro spietato ma realistico dell’incapacità sia di America che di Europa di prendere atto della lezione: “Su tutti e due i lati dell’Atlantico, è ora chiaro che buona parte della crescita economica del periodo pre-crisi era guidata e sostenuta da un boom del credito non sostenibile e pericoloso… Ora a Washington stanno discutendo di un tetto all’indebitamento, a Bruxelles sono sull’orlo di un abisso da debito. Ma il problema fondamentale è comune. Sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea hanno le finanze pubbliche fuori controllo e sistemi politici troppo disfunzionali per affrontare seriamente il problema. Sia l’America che l’Europa sono sulla stessa nave che sta affondando”.
Nel mio libro già nell’estate 2009 segnalavo che Obama si stava muovendo in modo pessimo, mentre riponevo maggiore speranza nell’Europa. Mi sembrava non credibile che i leader europei non sapessero cogliere la straordinaria opportunità che la storia offriva loro. Ma l’Europa non ha leader e quindi ha ragione Rachman: America e Europa sono sulla stessa barca che sta affondando. Prepariamoci perciò ad una prossima fase acuta della crisi che è ormai in atto, con fasi successive dal 2001. Sarà una nuova fase ancora più severa e dolorosa di quella del 2008.
Passaggio al futuro
Oltre la crisi attraverso la crisi
di Marco Vitale
pp. XIV-258
Editore Egea
Anno 2010
ISBN 9788823872110
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24-7-2011
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