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Stati Uniti e cooperazione: una strategia vincente per l'internazionalizzazione
Il calo del valore del dollaro ha reso gli Stati Uniti un luogo di investimento interessante per gli imprenditori di tutto il mondo. In programma accordi di partnerariato tra associazioni d'imprese e società per l'internazionalizzazione.
di
Antonio Sciretta
E’ innegabile che la sopravvivenza delle imprese italiane non può prescindere dalla ricerca di nuovi mercati. La competitività e la colonizzazione del nostro territorio da parte di imprenditori agguerriti – quali i cinesi, ad esempio -, ha mandato in crisi quel sistema monopolistico che, per anni, ha retto le piccole e medie imprese.
Oggi gli imprenditori annaspano, cercando una soluzione che possa miracolosamente risollevare le sorti, in alcuni casi ormai segnate, della loro attività. Ed allora si cercano politiche innovative che, molto spesso, si dimostrano solo strategie estemporanee; si richiedono finanziamenti statali o comunitari che, malgrado un buon piano finanziario, sono destinati a naufragare, in assenza della giusta mentalità imprenditoriale; si tenta di internazionalizzare l’azienda affidandosi, il più delle volte, a mediatori avventurieri che promettono, con un tocco di bacchetta magica, benefici economici inimmaginabili e benessere per gli anni a venire.
E’ questo il quadro che, in linea di massima, si presenta ai nostri occhi; una logica conseguenza degli anni di oblio che le aziende hanno vissuto in un isolamento agiato e non competitivo, fatto di assistenzialismo statale e di impercettibile innovazione.
Ormai il mercato mondiale è in fase di metamorfosi e la globalizzazione è un miraggio troppo allettante per non prenderla in considerazione.
Dunque, per le aziende che vogliono incrementare la produttività o, più semplicemente, hanno livelli di produzione in esubero rispetto alle vendite, la soluzione sta nel cercare nuove fortune, nuovi orizzonti, in altrettanto nuovi mercati.
L’export non è l’ultima spiaggia prima di un fallimento aziendale annunciato, bensì una nuova chances, se pianificato nei minimi dettagli, scegliendo strategie appropriate fra un ventaglio di possibilità, senza decisioni obbligate.
Nell’intraprendere un processo d’internazionalizzazione, l’imprenditore dovrà affrontare una realtà, ai più, ancora sconosciuta; pertanto si chiederà, inevitabilmente, in primo luogo, a chi affidarsi; in secondo luogo, come fare e, da ultimo, dove esportare.
A chi affidarsi
In effetti, un’enorme popolazione di mediatori avventurieri è pronta ad offrire miracolose soluzioni; gente senza scrupoli che fa credere di avere in mano il mercato mondiale e che, molto spesso, si rivela un bluff, non avendo altro che un lontano parente, un semplice contatto in qualche Stato del mondo.
Dunque, bisogna diffidare di coloro che non hanno alle spalle una struttura concreta, valida ed efficiente, la cui esistenza e fama siano facilmente riscontrabili; è, quindi, fondamentale affidarsi a società che si occupano di internazionalizzazione, che siano ben consolidate e che operino con strutture radicate sul territorio, avvalendosi di personale qualificato e competente.
Come fare ad esportare
Perché il processo di internazionalizzazione produca i frutti desiderati, è indispensabile che l’azienda abbia una guida, in grado di indicare, suggerire, consigliare ed, eventualmente, controllare, tutti i suoi passi e che si preoccupi di farla progressivamente crescere, facendo della buona sorte altrui la propria missione, oltre che il proprio beneficio.
Dove esportare
Evidentemente si cercherà uno Stato affidabile, sicuro, con un’ottima economia e con una popolazione che presenti un reddito pro capite alto. Ciò è scontato, si potrebbe obiettare! Ma quale paese si avvicina maggiormente a tali requisiti? Gli USA sono sicuramente ai primi posti di questa classifica.
Gli Stati Uniti costituiscono un luogo di investimento sicuro per gli imprenditori di tutto il mondo.
In questo momento storico, peraltro, oltre ad essere un Paese sicuro, gli USA sono diventati anche un mercato che offre possibilità d’investimento molto favorevoli, in conseguenza del calo del valore del dollaro.
Da un’attenta analisi di questo mercato, viene fuori una realtà perfettamente calzante le esigenze di qualsiasi azienda italiana che intendesse esportare i propri prodotti negli USA; infatti, sinteticamente, emerge: a) recettività massima per il Made in Italy da parte degli statunitensi e, soprattutto, dei 25 milioni di cittadini italo-americani ivi residenti; b) possibilità di commercio in 50 diversi Stati - ciascuno dei quali con abitudini e tradizioni differenti l’uno dall’altro -, che garantiscono il successo di qualsiasi prodotto, anche il meno comune; c) stabilità politica e sicurezza economica; d) enormi vantaggi fiscali, prevedendo una tassazione sugli utili societari di molto inferiore rispetto a quella praticata in Italia; e) debolezza del dollaro nei confronti dell’euro, che conferisce alla nostra moneta un potere di acquisto eccezionale, favorendo gli investimenti.
Da questa sintetica analisi scaturisce la considerazione che questo è proprio il momento giusto per investire negli USA.
Come già detto, con un’economia italiana che ristagna ormai da anni, con un’involuzione forzata del mercato ed un orientamento del consumatore indirizzato sempre più verso l’acquisto di prodotti di scarsa qualità, ma di prezzo conveniente (ne è l’esempio eclatante del boom del “Made in China”), alle imprese non resta che scegliere nuove e diverse strategie, quali l’internazionalizzazione, che consente all’imprenditore di ritagliarsi una nicchia di mercato più consona alla propria economia.
In quest’ottica, vi è fermento nella creazione di accordi di collaborazione e di partenariato tra associazioni d’imprese e società che offrono loro servizi ed assistenza per l’internazionalizzazione. Questa strategia favorisce, indubbiamente, le aziende che potranno attingere da una vasta gamma di servizi che verrebbero offerti dalle varie forze messe in campo.
E non solo.
Le stesse aziende associandosi in consorzi o cooperative, vedrebbero facilitati il loro operato remando tutte nella stessa direzione ed abbassando, fisiologicamente, l’investimento economico previsto per questa causa.
Il risultato finale sarà che le imprese che intendano cimentarsi nel processo dell’internazionalizzazione potranno avere la speranza di raggiungere l’obiettivo finale: il successo.
27-11-2008
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