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La vera identità italiana è la creatività. La nascita di Brain In Italy

Creatività diffusa e organizzata attraverso un concreto e preciso progetto in Italia. E' il filo conduttore di "Brain In Italy", un libro di Franco Barin edito da Guerrini Next.

di Ugo Peugini

Contrariamente a quello che si può pensare a prima vista, la creatività italiana è qualcosa di estremamente concreto. Con il termine “creatività” non si intende, infatti, una attività fine a se stessa ma qualcosa di necessario alla realizzazione di determinati risultati. In altri termini, seguendo la definizione di Giorgio Armani, “la creatività salda il progetto con il prodotto”.

Per questo motivo, recensiamo con piacere il libro di Franco Barin “Brain In Italy”, edito da Guerrini Next, perché testimonia il suo impegno per rivendicare alle imprese del nostro 

Paese, grandi e piccole, le caratteristiche di creatività diffusa e organizzata attraverso un concreto e preciso progetto.

Fino a qualche tempo fa, si pensava che per combattere l’italian sounding, cioè le etichettature fasulle che all’estero appioppano a prodotti che scopiazzano quelli italiani, fosse sufficiente il marchio “Made in Italy”. Ci siamo accorti, ormai, che questa definizione sta stretta. Non basta più.

Anzi, diventa un errore enfatizzare il “fare” a scapito del “saper fare”. Non si salvaguarda la tipicità italiana difendendo il concetto di Paese di origine, che è diventato ormai obsoleto. Barin sostiene che l’Italia è un Paese nel quale abbonda l’immateria prima, cioè appunto la creatività, intesa non certo come estemporanea innovazione bensì come processo creativo stabile. E questo concetto va rafforzato e difeso fino a che non diventi un vero e proprio brand.

In altre parole, il cervello, inteso come fonte di creatività non più individuale ma strategica, organizzativa, composta da capitale intellettuale, relazionale (e pluribus unum) deve restare in Italia. Mani e bocca possono anche andare all’estero, ma il controllo della filiera del valore della creatività, che rappresenta una unicità tipica italiana, deve rimanere nel nostro Paese e va opportunamente difesa e comunicata al mondo.

Un fatto che pochi conoscono e che lascia quasi increduli: il 40% dei componenti delle autovetture tedesche più blasonate sono r

ealizzati in Italia. Insomma, occorre rendersi conto che la creatività italiana è di per se stessa un fattore produttivo di enorme potenzialità che ingloba stile, qualità, etica, ambiente, ricerca e sviluppo, innovazione, cultura, storia. Ma pochi lo sanno.

Le numerose piccole e medie imprese italiane (160.000) che esportano all’estero i loro prodotti, attualmente unbranded, devono potersi avvalere di un marchio che le identifichi come aziende in grado di realizzare processi creativi originali e di produrre sostanziali benefici economici.

Non bisogna avere paura di usare per certi prodotti la categoria della “bellezza”. Termine che non significa valutazione estetica che nasce dal gusto personale ma valore aggiunto concreto che l’ambito dell’italianità, con il suo patrimonio artistico e culturale del passato, contribuisce a rafforzare e giustificare. E allora perché rinunciarvi?

Se il Made in Italy rappresenta l’origine e la provenienza del prodotto, quello che va brandizzato è l’origine e la provenienza delle idee, delle tecnologie, dei saperi. Ma cos’è un brand, in sintesi? Se il prodotto è una realtà fisica creata in fabbrica, il brand è una realtà psichica che deve trovare collocazione nella mente delle persone (clienti) alle quali si rivolge. Sappiamo per esperienza come il brand equity (patrimonio di marca) di certe grandi aziende oggi abbia un valore decisamente più elevato di quello finanziario.

Di qui, l’idea di realizzare “BrainINitaly”, brand forte che deve far capire ai clienti nel mondo che essi si trovano di fronte a una azienda con il cervello italiano, cioè con un’identità, una reputazione, un capitale umano assolutamente unico. Impresa non facile ma realizzabile.

Per farlo, Barin ha realizzato un disciplinare in grado di attestare l’identità e la creatività italiana di un’impresa attraverso un apposito organismo di ispezione. Una check list di identificazione progettuale e produttiva che viene testata su alcune imprese che operano in settori come la meccanica e l’informatica e che, a prima vista, possono sembrare lontane dai canoni di quelle che incarnano la tipica creatività italiana (design, moda, ecc.).

Eppure, gli esempi portati testimoniano che è possibile individuare uno standard di riferimento incentrato sulla identità e la creatività italiane, in base al quale valutare la conformità dei processi e dei sistemi delle diverse imprese. Si spera che il sistema possa essere accreditato nella speranza, come dice lo stesso Autore, che il sistema Italia colga finalmente l’occasione per andare oltre gli interessi di parte, dando al capitale intellettuale collettivo italiano la possibilità di esistere e di creare valore e ricchezza diffusi.

 

 

Brain In Italy
Il valore economico della creatività e dell'identità italiana
di Franco Barin
pp. 142
Editore Guerini Next
Anno 2015

ISBN 8868960346
 

 

 

23-6-2015


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