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Intranet 2.0: dall'organigramma al social network.

Pubblichiamo la postfazione di Marco Stancati al libro di Giacomo Mason, Intranet 2.0 (Tecniche Nuove). Come cambiano gli spazi sociali in azienda, come nascono le community interne e come vengono gestite le relazioni attraverso forum, blog,wiki e social network.

di Marco Stancati

intranet 2.0 di giacomo mason postfazione marco stancati Le intranet aziendali, grazie al Web 2.0, stanno cambiando per trasformarsi in nuovi spazi sociali nei quali lavoro, comunicazione e condivisione si sovrappongono e dove relazioni e processi si intersecano per dare vita a vere community. Questo libro di Giacomo Mason è una appassionata e lucida analisi di ciò che sta accadendo o meglio di ciò che potrebbe accadere nel mondo aziendale se si decidesse davvero di passare “dall’organigramma al social network”. E’ un libro-strumento, una cosa da portarsi dietro. Destinato insomma a non impolverarsi. Quella che segue è la mia postfazione: una forma contestuale di recensione che commenta il libro e ha la pretesa di raccontare un po’ anche l’autore.

Quell’autore americano
Un’aula qualunque dell’ex caserma Sani a Roma, quartiere Esquilino, una delle sedi universitarie della Sapienza. Esame di “Comunicazione interna e Intranet”. Qualche anno fa.

“ Io porto le slide che ho scaricato dalla webcattedra e, come testi, Invernizzi e Ggìmméson ” scandisce, con cadenza neoromanesca, lo studente che ho di fronte, convinto che elencare i testi sia una credenziale.

“Ggimméson?- replico io – Di che nazionalità pensa che sia ?”

Lo studente non ha dubbi: americano!. Di fronte alla mia faccia perplessa, aggiunge: “ al massimo inglese ” (ma perché poi “al massimo”? bah!). Scuoto la testa. “ Canadese…!? ” sussurra ormai incerto.

“Italianissimo, cognome veneto“ lo interrompo, prima che si sposti nell’altro emisfero proponendo improbabili natali australiani o neozelandesi.“ Infatti si chiama Giacomo Mason e si legge come si scrive; ma perché pensava fosse americano? ” La risposta è perentoria: “ Perché gli americani ‘ste cose le fanno prima. E qui professore, a parte Lei, dell’Intranet non ne parla nessuno…; manco in azienda, lo dice pure mio fratello che lavora in…”.

La settimana dopo invitai Giacomo, all’epoca webmaster in Telecom, che aveva appena scritto il suo primo libro sul tema di Internet portato all’interno delle aziende1, a tenere una lezione/testimonianza in aula. Con mia grande sorpresa scoprii che non erano pochi quelli che dovettero riattribuirgli la nazionalità giusta.

Conoscersi e… riconoscersi
Con Giacomo ci conoscemmo, e riconoscemmo, intorno ad alcune convinzioni comuni: nelle Organizzazioni il vero spreco è la mancata valorizzazione delle Persone, non consentire che esprimano il capitale innovativo che si portano dentro, pretendere che facciano i compiti piuttosto che lasciare che interpretino la funzione che gli è affidata. Intranet era il nuovo territorio/strumento che apriva nuove frontiere alla partecipazione di ciascuno alle vicende della propria azienda, rimettendo in discussione il concetto stesso di “dipendente”. Da un lavoratore “dipendente” ti puoi aspettare il raggiungimento o il miglioramento di obiettivi quantitativi, ma per il valore aggiunto della qualità devi guardare al lavoratore come Persona. Con la sua voglia di metterci qualcosa di proprio nella quotidianità lavorativa; e di vederlo riconosciuto. E di sentirsi riconosciuto.

L’incentivo migliore è sempre quello che viene dalla motivazione interna, perché è frutto di un processo di metabolizzazione. E prima ancora di Daniel H. Pink, uno dei profeti dell’ultimo TED2, le medesime cose sulla debolezza degli incentivi esterni e la forza delle risorse incentivanti interne le dicevano e le praticavano quarant’anni fa, tra gli altri, il prof. Federico Caffè3 e un meno conosciuto personaggio, l’ing. Nino Orsini del BIT4 di Torino, eccellente formatore di formatori. Per non parlare ovviamente delle visioni anticipatorie di Adriano Olivetti5, che purtroppo non gli sono sopravvissute.

Un filosofo, nato analogico, poi immigrato digitale
Giacomo Mason nasce analogico anche lui, anche se una ventina di anni dopo di me. Nell’anno che precedeva il ’68, mentre mi apprestavo, ancora inconsapevole, ad essere testimone di storici eventi, lui vagiva per la prima volta in quel di Sarzana. Nella Lunigiana che respira i refoli delle Cinque Terre.

Quando navigo nel suo territorio digitale (Intranetmanagement.it), frequentazione che considero assolutamente consigliabile per chiunque si occupi di comunicazione interna nell’ottica della comunicazione organizzativa, vengo sistematicamente colpito da quel contrasto tra rigore dei contenuti e delle tecniche (perfino un po’ talebano sull’uso corretto e funzionale di power point) e gli improvvisi scatti “antisistema”, che mi risuonano familiari anche nei toni, proprio perché erano tipici della mia generazione più che della sua. O della maggior parte della sua.

Giacomo non può quindi, per ragioni anagrafiche, essere un nativo digitale ma è un “immigrato digitale”, regolare. Con le carte, anzi con i bit, a posto. Nerd più che Geek a mio avviso, perché quest’ultimi mi sembrano dei tecnoentusiasti assoluti e troppo acritici mentre la prima categoria, accanto a una qualche goffaggine sociale, ha una visione sistemica che considera prioritaria la necessità di rileggere costantemente la visione del mondo rispetto all’entusiasmo per il primato della tecnologia.

Giacomo è un’ottima guida nell’integrazione tra mondo analogico e digitale, capace di far percepire bene che non sono due mondi alternativi ma che il cosiddetto virtuale è assolutamente concreto6: insomma Internet non è altro che la parte digitale della nostra quotidianità. E i due mondi si presentano sempre più integrati e si arricchiscono a vicenda. Un’Intranet 2.0 dovrebbe essere la logica trasposizione, nella comunicazione d’azienda, dell’evoluzione dei processi comunicativi che ha investito l’intera società umana, essa stessa sempre più 2.0. Perché è nella natura dell’uomo comunicare. E la comunicazione vera è solo quella 2.0, che alterna tra i comunicanti le fasi della proposizione e dell’ascolto.

Giacomo on paper
Giacomo su carta, insomma quando mette a disposizione conoscenza e strumenti senza far piangere gli eredi di Gutenberg, non è ovviamente diverso da Giacomo on line. Ma stempera alcuni furori ed intransigenze dell’io digitale per condurre per mano il lettore con la ferma umiltà ( e cioè senza fare sconti di semplicismi di comodo) di quelli che le cose le fanno con passione e per missione. E sanno che devono raggiungere gli interlocutori uno a uno, che la “coda lunga” degli infiniti target di nicchia è la realtà sfidante che oggi la tecnologia consente di affrontare. Quando scrisse il suo primo libro sull’Intranet, che aveva connotati da manuale per i coraggiosi che nelle aziende peroravano la causa, credo che avvertisse, contemporaneamente, l’entusiasmo del precursore e la solitudine della mancanza di una Community di appassionati. Quella oggi c’è, grazie anche al web 2.0 che ha non solo ha esaltato la possibilità di condivisione delle esperienze e dei progetti, ma sta cambiando radicalmente i modelli di business, di marketing e di comunicazione. Costringendo le aziende e anche la Pubblica Amministrazione a confrontarsi con i rispettivi pubblici, che non sono costituiti più da categorie generaliste di consumatori e utenti ma da Persone. Persone che, certo, consumano e utilizzano servizi, ma con la consapevolezza dei “prosumer”7.

Enterprise 2.0? Comincia da dentro…
Il prosumer è figlio della società 2.0. Alterna continuamente il ruolo di consumatore e quello di produttore di informazione, conoscenza, comunicazione. Ha qualche angoscia in più rispetto alle generazioni precedenti, relativamente alla stabilità della sua condizione lavorativa e al sistema di garanzie sociali, ma anche qualche nuova consapevolezza che gli deriva dalla possibilità di potersi costantemente connettere con i suoi simili e sottoporre a verifica la voce delle aziende ( e delle Istituzioni). Aziende che, ormai, hanno capito che non possono prescindere da quello che si dice di loro sulla Rete e che la qualità della relazione con il cliente è importante quanto il prodotto e il servizio. E quanto la comunicazione di prodotto e di servizio.

Ma non hanno ancora capito, o non lo hanno capito del tutto, che la qualità della relazione non è assicurata dalla comunicazione pubblicitaria o dalle “relazioni pubbliche” o dagli “eventi speciali”, ma dalla capacità di rapportarsi con il cliente nella quotidianità: al call center, sul punto vendita, al telefono, on line, allo sportello, nel laboratorio… Il momento della verità è quando cliente e operatore aziendale si incontrano: è quella la qualità della relazione che conterà da quel momento in poi.

In realtà ogni Azienda, ogni Pubblica Amministrazione, ha tanti comunicatori quanti sono le persone che ci lavorano. E come può comunicare bene all’esterno un operatore dell’azienda se, prima, non hanno funzionato bene i flussi di comunicazione interna: come può informare, spiegare, chiarire se non è stato adeguatamente informato, motivato, reso partecipe o, meglio, non gli è stata concessa la possibilità di partecipare?

Ormai tutte le aziende si proclamano 2.0, come se bastasse acquisire tecnologie e piattaforme adeguate ed aprire patetici "corporate blog", nei quali i post del Ceo restano sistematicamente senza commenti, per ritenere di avere metabolizzato la nuova filosofia.

In definitiva per esserlo ( 2.0 intendo), un’Azienda deve, prima, essere “bella dentro”. E favorire quella fluidità partecipata della comunicazione interna alla quale sicuramente potrà giovare l’importazione, con gli opportuni adattamenti, delle tecnologie ma soprattutto dei modelli di partecipazione della Rete.

In questa operazione, lo scritto di Giacomo, è prezioso compagno di strada8 per la realizzazione di quelle che sono da considerare le chiavi di volta di qualsiasi approccio organizzativo-comunicativo nell’era della grande Rete: le Community.

Anche il suo punto di vista sulle nuove tecnologie è del tutto condivisibile: non sono, di per se stesse, la soluzione dei problemi. Ma certamente sono strumenti per valorizzare l’innovazione in azienda dovunque essa sia, per dare a tutti la possibilità di accrescere il patrimonio di conoscenza dell’azienda, per individuare e diffondere best practices, per lavorare in maniera più motivata, per operare in maniera più economica, per valorizzare le professionalità. In definitiva anche per fare l’inventario delle intelligenze interne, evitando la grottesca situazione di aziende, che lanciano campagne di Employer Branding per attrarre nuovi talenti, mentre non sono capaci di riconoscere e fidelizzare quelli interni.

Gli utilizzi dell’Intranet 2.0: una mappa preziosa
Giacomo ci propone un distinguo funzionale che ho sempre cercato di far metabolizzare a lavoratori e studenti: email = canale di comunicazione, e non piattaforma di condivisione!

Per dirla con le sue parole, la vera sfida della Intranet 2.0 “ è quella di traghettare gli scambi dai canali alle piattaforme, valorizzando insieme le potenzialità di comunicazione, partecipazione e condivisione allo scopo di lavorare meglio”. Ma siccome le piattaforme non sono tutte eguali e le attività sono anche legate ai diversi momenti della giornata, Giacomo elabora e propone un quadro sinottico che mostra, con sintetica evidenza, come e con quali strumenti la Intranet supporti ciascuno nelle diverse fasi dell’operare (“lavorare, collaborare, condividere, contribuire”) all’interno dei diversi contesti (“da solo, team, dipartimento, community, ecosistema").

E’ una mappa preziosa perché mette in luce come nelle diverse situazioni “cambiano i contenuti e gli obiettivi, ma anche l’impegno che è richiesto e il tipo di contributo che le persone possono dare (lavorare è diverso da collaborare che è diverso da condividere che è diverso da contribuire)…Anche i parametri della partecipazione variano: in alcuni casi gli oggetti della Intranet servono a me solo, in altri sono a disposizione di tutti i dipendenti e in alcuni casi sono dedicati a piccoli gruppi che interagiscono.”

Chiunque viva, o abbia vissuto in un contesto aziendale, sa perché si può legittimamente definire, e vivere, questo traghettamento dai canali alle piattaforme come la “vera sfida”.

Dietro c’è ancora la difficoltà e le resistenze soggettive a trasformare la “conoscenza tacita” in “conoscenza esplicita”: quel processo che una volta attivato innesca una vera spirale della conoscenza in azienda, come misero in luce con il modello SECI due “mitici” della fine del secolo scorso: Nonaka e Takeuchi9.

Un modello orientale e un manifesto occidentale
Nonaka e Takeuchi erano famosissimi nella seconda metà degli anni ’90 (con il modello SECI e le Learning Organitation), quanto le teorie del Kaizen (sul miglioramento continuo) che erano poi alla base della “Total Quality”. Il successivo declino economico del Giappone ha provocato una sorta di rigetto rispetto a quelle teorie e ai quei modelli. Troppo superficialmente erano stati adottati come “verbo assoluto”, dalle scuole di management occidentali, davvero troppo frettolosamente sono stati abbandonati o quanto meno trascurati.

Obiettivo di qualsiasi Organizzazione, privata o pubblica, è (o dovrebbe essere) quella della trasformazione della “conoscenza tacita” in “conoscenza esplicita”.

Che cos’è la conoscenza tacita10? è quella che non si trova in testi, manuali e procedure, che non si acquisisce attraverso flussi comunicativi standardizzati. E’ la conoscenza originale dei singoli, che nasce dalla quotidianità lavorativa e dalla pluralità di esperienze e che si basa anche su percezioni, intuizioni e sensazioni che non possono essere patrimonio di chi non ha vissuto le stesse esperienze, gli stessi rischi e le stesse opportunità.

L’esternalizzazione della conoscenza avviene attraverso un articolato processo a spirale di Socializzazione-Esternalizzazione-Combinazione-Internalizzazione (da cui l’acronimo SECI), che sarebbe lungo descrivere qui.

Nonaka e Takeuchi hanno affermato che la trasformazione di conoscenza tacita in esplicita è un atto generativo di nuovo sapere e saggezza e rappresenta il vero valore aggiunto delle Learning Organization, delle Organizzazioni capaci di apprendere. Evidente come questa filosofia sia rilanciata dalle possibilità aperte dalle nuove piattaforme collaborative che esaltano di fatto il modello SECI.

Quattro anni dopo, siamo alla fine degli anni ’90, dagli Stati Uniti arriva il Cluetrain Manifesto di Levine.11

Ne sentii parlare la prima volta da un collega giornalista e poi da Luisa Carrada, amica comune mia e di Giacomo: il Cluetrain Manifesto è un treno carico di idee, tracce, visioni prospettive, chiavi interpretative. Novantacinque tesi per una rivoluzione del linguaggio e dell’approccio con cui le aziende comunicano, all’interno e all’esterno, nell’era di Internet “…con voce umana perché le aziende sono fatte di Persone prima ancora che di processi e di prodotti…”12.

La più famosa delle tesi è “i mercati sono conversazioni” (tesi numero 1), ma fondamentali ai fini della funzionale continuità tra comunicazione interna ed esterna sono la tesi 18 (“Le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione”) e la 65 (“Noi siamo anche i dipendenti che fanno andare avanti le vostre aziende. Vogliamo parlare ai clienti direttamente, con le nostre voci e non con i luoghi comuni delle brochures”).

Sembrava, quella del Cluetrain una lettura troppo visionaria. A distanza di dieci anni ne possiamo apprezzare tutta la carica di lucida (pre)visione.

Nuovi paradigmi organizzativi e comunicativi
Il modello SECI e il Cluetrain Manifesto, vissuto quasi sempre in termini troppo fanatici (gli apostoli del nuovo verbo e i “negazionisti” convinti), ritengo siano alla base del comunicare di oggi. Il singolo ha l’occasione di essere protagonista e può esprimere la sua creatività, proponendosi prima che come Consumatore, Utente, Dipendente, innanzitutto come Persona. Un’evoluzione che sta rendendo obsoleti i modelli organizzativi basati su strutturazioni rigide e sta cambiando le regole del Marketing e della Comunicazione. Di tutta la Comunicazione: da quella pubblicitaria a quella organizzativa, da quella esterna a quella interna.

Nonaka, Takeuchi e Levine, con ottiche e approcci diversi, hanno contribuito a darci consapevolezza dei processi cognitivi e comunicativi e a guardare alla Comunicazione Interna come ad un’irrinunciabile leva strategica prima che gestionale, sollevandola dalla condizione di una “comunicazione all’interno”, mero strumento legato a contingenze, non progettato al servizio della missione aziendale, non gestito nelle sue potenzialità di coinvolgimento, non valorizzato ai fini della Learning Organization.

Oggi, anche grazie a loro, abbiamo consapevolezza dell’importanza delle rete informali per fare comunicazione, per fare organizzazione, per fare innovazione e di come sia importante far emergere i talenti che le grandi macchine organizzative e burocratiche o ingessano, paralizzandone il potenziale, o rendono invisibili nascondendoli nei dedali inestricabili di organigrammi labirintici.

Mense aziendali: Gossip e Think Tank
Oggi i circuiti aziendali informali non sono più circoscritti alle pur irrinunciabili “mensa aziendale” e “camera caffè”, dove l’esercizio del gossip molto spesso si è sposato, e si sposa, funzionalmente con la diffusione dell’informazione, con una comunicazione vera perché basata sullo scambio e, addirittura, con il problem solving.

Ma community e social network non li sostituiscono, perché sempre di più convivono in un rapporto di complementarietà. La nostra quotidianità – ripeto - è fatta di una integrazione sempre più stretta, e ormai senza soluzione di continuità, tra momenti di incontro fisico e di incontro on line. Certamente con diverse suggestioni di contesto. La tecnologia non può ancora sostituire odori, suoni e miasmi della mensa: l’aroma di caffè che si mischia ai fumi impregnanti delle patatine fritte, il profumo da alcova disfatta del collega palestrato, le risate soffuse delle colleghe che nel tavolo d’angolo parlano fitto fitto di intriganti vicende, l’afrore dei “runners della pausa” che rientrano per idratarsi con improbabili estratti naturali al gingseng, le discussioni accese e le pacche sulle spalle di quelli che hanno trovato la soluzione creativa e vincente che la procedura ufficiale non riesce a fornire.

Mi piace avviarmi a concludere con questa immagine organolettica di un luogo mitico della vita in azienda, la mensa, ricollegandomi proprio all’incipit di Giacomo e al suo collega-lettore Gino.

Saremo sempre all’alba di una nuova era

Oggi si aprono nuove autostrade alla possibilità di fare delle “Risorse Umane” davvero l’asset principale di un’azienda. Restiamo sempre più spesso spiazzati dall’utilizzo in continua trasformazione delle tecnologie e dai confini spostati sempre più in là direttamente da noi utenti. Le aziende devono tornare ad apprendere dalle Persone che ci lavorano, con una consapevolezza: il mercato non ha finito di trasformarsi ma è e sarà in perenne trasformazione. Saremo sempre all’alba di un nuova era: una condizione di perenne prospettiva, di continua trasformazione che non si può affrontare con la rigidità di modelli organizzativi che saranno invecchiati prima ancora di essere approvati.

Oggi fare cultura organizzativa non è disegnare modelli, ma dare chiavi di lettura e strumenti per capire. E una visione per agire.

Giacomo l’ha fatto, condividendo con noi le sue elaborazioni con precisione e puntualità elencando, perfino meticolosamente, azioni e gesti (con la tassonomicità tipica di certi autori americani; sì, in effetti, in alcuni momenti è un po’ Ggimméson). Sapendo che già domani la quotidianità suggerirà integrazioni e cambi di direzione. Ma sarà importante avere dei punti fermi, rispetto ai quali misurare scostamenti e intuizioni.

Intranet 2.0
Gestire la collaborazione e creare le community interne con forum, blog, wiki e social network.
di Giacomo Mason
Editore Tecniche Nuove
Anno 2010

ISBN 978-88-481-2564-2
 

11-12-2010


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Commenti

Commenti

Marco Stancati | 27-12-2010 16:28
Il titolo completo del libro riportato integralmente nel box in fondo all’articolo nel quale si forniscono tutte le indicazioni editoriali, ISBN compreso . Non c’è pericolo di confusione. "Intranet 2.0: dall’organigramma ai social network" soltanto il titolo che introduce la (ri)pubblicazione della mia postfazione. Scelto per privilegiare un aspetto particolarmente significativo dellopera di Giacomo. Con l’occasione auguri di buon anno a Simone e agli altri attenti lettori.

Simone | 14-12-2010 12:54
Il corretto titolo del libro Intranet 2.0: gestire la collaborazione e creare community interne con forum, blog, wiki e social network mentre Dallorganigramma al social network solo il titolo del settimo capitolo. ;) Ciao!

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