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Net Generation: come la generazione digitale sta cambiando il mondo.

Dieci anni dopo “Crescere digitali” Don Tapscott torna ad analizzare la generazione che ha raggiunto la maturità nell’era digitale. Ogni ambito della società sta cambiando, dalla politica all’economia, dal luogo di lavoro agli spazi privati, dalla scuola alla famiglia. E sempre più cambierà, ma la famiglia digitale tornerà a sederci insieme la sera a cena, intorno al desco familiare. Anzi al wikidesco.

di Marco Stancati

Noi senior sproloquiamo spesso della generazione sotto i trent’anni, della quale sappiamo “scientificamente” poco. Anche chi, come me, è a quotidiano contatto con gli studenti universitari aggiorna continuamente le sue sensazioni e la sua visione ma su una base decisamente empirica ed esclusivamente percettiva.

Don Tapscott, solido e pragmatico canadese già notissimo per Wikinomics, la indaga invece a fondo questa generazione facendo seguito alle anticipazioni di dieci anni fa quando dichiarava che i giovani, che stavano crescendo nell’era digitale, erano inevitabilmente diversi dagli altri e che per noi delle generazioni precedenti sarebbe diventato indispensabile apprendere la nuova grammatica digitale.

Dico subito che “Net Generation” non è il titolo originale, che suona invece molto più significativamente “Grown up digital” (“Cresciuto da digitale”), da non confondere con il precedente “Growning up digital” (“Crescere digitale”) del medesimo autore, che è stato pubblicato dieci anni prima nel 1999. Tapscott quando parla di questa generazione ricorre spesso a un’espressione decisamente più schierata (e ammirata): “Smartest Generation”. E analizza questi giovani con oltre diecimila interviste che disegnano il quadro di una generazione, socialmente responsabile, in grado di sviluppare innovazione, di interagire costantemente, di lavorare collaborativamente, di socializzare a prescindere dalle distanze fisiche grazie a tecnologie che essi stessi aiutano a perfezionare continuamente.

Una generazione che guarda molto meno la televisione; più cha altro l’ascolta mentre chatta con gli amici e naviga su Internet. Ha appena iniziato a usare l’immenso potere di questo strumento digitale. E (il sessantenne) Don ritiene, forsanche per un fenomeno inconscio di proiezione, che abbia la possibilità di realizzare il sogno di molti dei loro nonni e dei loro genitori, figli del baby boom: dare potere alla gente comune.

Tapscott definisce “norme” le differenze e le caratteristiche attitudinali e comportamentali che differenziano gli "under 30" dalle generazioni precedenti. E ne elenca otto: libertà, personalizzazione, valutazione, integrità, collaborazione, divertimento, velocità, innovazione.
Queste caratteristiche sono radicate in ogni esperienza di vita dei giovani e derivano in larga misura dalla loro dieta mediatica: individui cresciuti nella “naturale” convinzione di essere attori, creatori, giocatori e collaboratori. Una cosa sicuramente non sono più: meri consumatori, bensì – e sempre più consapevolmente – “prosumer”.

Il mercato alle prese con i Net Gener
Non più consumo quindi, ma “prosumo” che è un’estensione della personalizzazione di massa, della centralità del cliente o di qualsiasi altra espressione riconducibile al fenomeno per cui produttori e consumatori partecipano attivamente alla creazione di beni e servizi in maniera costante: le aziende realizzano prodotti che poi i consumatori, con usi impensabili (o soltanto impensati) contribuiscono a modificare incidendo sui livelli d’innovazione. E sempre più rapidamente - dice Tapscott – ci avvicineremo
alla concretizzazione della predizione ribadita in Wikinomics: l’innovazione tecnologica permetterà alla figura del produttore e a quella del consumatore di fondersi in una sola figura.

La nuova cultura della prima generazione digitale determina i nuovi valori, legami e modelli del marketing di questo inizio di terzo millennio. In pratica, un eptalogo:

- Non concentratevi sui vostri clienti. Non basta. Coinvolgeteli!
- Non create prodotti e servizi; create esperienze di consumo
- Riducete la pubblicità sui media tradizionali. E integratela, fortemente, con quella sui New Media
- Sviluppate una strategia per entrare nelle reti di Net…fluenza (passaparola + passaparola + passaparola)
- Ridefinite il vostro Brand. Che non è più solo un elemento distintivo. Ma è, prima di tutto, "relazione"
- Puntate sull’eticità che deve diventare DNA aziendale
- Puntate sui Net Gener come influenzatori del sistema

Ridefinire talento e management
Con l’ingresso dei Net Gener nella realtà aziendale, la concezione tradizionale sia del talento sia del lavoro si sta progressivamente modificando. Quindi occorre creare e ridefinire filosofie, processi e meccanismi.
Capito, caro Top Management? Devi:

- Creare sistemi lavorativi costruiti sulle “norme” della Net Generation
- Ridefinire il concetto di autorità, che deve essere costantemente attenta al feedback
- Riorganizzare il processo di recruting su base relazionale
- Ridefinire il processo formativo come condizione continua di apprendimento
- Non vietare l’uso dei Social Network: (anzi: “date ai Net Gener la possibilità di apportare il loro contributo senza avvertirlo come obbligo”)
- Fare evolvere il rapporto di lavoro in una relazione a lungo termine, creando anche reti di ex dipendenti
- Liberare le potenzialità del capitale umano, chiamando i giovani nelle stanze dove si mettono a punto le strategie e, quindi, dove si progetta il futuro.

Net Generation e Famiglia
La fiducia di Tapscott in questa generazione è totale: sapranno trasformare la società e le istituzioni e anche ridisegnare il modello di famiglia. Una famiglia nella quale si respirerà meglio perché basata sulla comunicazione multidirezionale, la fiducia reciproca e un’autorità genitoriale riconosciuta ma “fluida” (“accetterò che i miei figli abbiano più autorità di me in alcune aree, ma cercherò sempre di aggiornarmi e mettermi in pari. Ascolterò le loro “folli teorie” su ciò che non conosco. Ma non mi farò spaventare; su
Internet posso trovare una rete di sostegno enorme e accedere a fonti inesauribili d’informazioni, che mi aiuteranno costantemente” afferma assertivamente Niki Tapscott, coerente figlia di cotanto ed entusiasta padre). E il pragmatico Don sintetizza in un ennesimo eptalogo il verbo dei “digitali che tengono (o terranno) famiglia”:

- Creare un modello familiare di ampio respiro
- Interagire
- Personalizzare il sistema educativo sul singolo
- Pianificare la vita familiare con un obiettivo prioritario: conciliare vita e lavoro
- Collaborare per la costruzione della comunità
- Ascoltare i figli investendo sugli interessi spontanei e alimentando il gusto della scoperta
- Giocare con loro, con continuità

In questo nuovo modello familiare i genitori daranno ai figli la libertà di curiosare on line e saranno aperti alla discussione delle informazioni trovate in rete e delle relative implicazioni. E “lo spazio del confronto sarà il tavolo del salotto o della cucina, il tempo quello della cena”.

Insomma Tapscott annuncia il grande ritorno del desco familiare in una forma attualizzata che, con una leggera ma esplicativa forzatura, potremmo definire il “wikidesco”.

Obama ha rispettato (e rispecchiato) le “norme” generazionali “E’ la democrazia, bellezza! Quelle 2.0”. Ecco potrei riassumere così l’assunto di Tapscott sul rapporto tra Net Generation e gestione della cosa pubblica. La politica e le amministrazioni devono scegliere
se “mettersi comode ad aspettare che i Net Gener le costringano a essere più trasparenti o se partecipare attivamente alla ridefinizione del flusso comunicativo con i cittadini”. Obama ha impostato la sua campagna su questo assunto e ha vinto. A questo punto poteva il buon Don rinunciare a un nuovo eptalogo per i leader politici e gli amministratori pubblici? Ovviamente no. Eccolo:
- Assumere più giovani perché non è possibile, senza il loro apporto, modificare la struttura dell’amministrazione pubblica e i meccanismi operativi.
- Abbracciare la democrazia 2.0 e lasciate che siano i Net Gener a guidare il processo
- Ridefinire le strategie di e-governement che non vuol dire trasferire la vecchia politica su Internet, bensì significa creare comunità che utilizzino nuovi modelli di gestione dei servizi
- Agire con integrità
- Non usare pubblicità aggressiva e denigratoria. I Net Gener sono stufi di discussioni futili e prive di senso. Vogliono conoscere gli obiettivi dei loro rappresentanti e degli amministratori e sapere cosa intendono fare e cosa hanno fatto per cambiare l’esistente
- Creare un luogo di lavoro libero e condivisibile senza vietare piattaforme di condivisione e social network (“ ma utilizzando voi per primi questi strumenti”)
- Dare retta a Bob Dylan (“ascoltate il richiamo/non rimanete sulla porta…c’è una battaglia là fuori/ che sta infuriando/presto farà tremare i vetri/ e crollare i vostri muri/ perché i tempi stanno cambiando” da The Times They Are A-Changin)

Chi detiene il potere è riluttante a consentire agli altri una partecipazione e un controllo effettivo. Ma dietro l’angolo -aggiungo io- ci sono sempre più spesso un Julian Assange in agguato e un Wikileaks sulla rete.

Sette consigli per una nuova generazione
Don Tapscott, come lui stesso ripetutamente afferma, è un ottimista. Globale. E in questa nuova generazione crede, come detto, senza limiti. E sulla sua generazione (quella dei sessantenni) e su quella dei Baby boomer che ha delle riserve. E cioè sulle generazioni che hanno creato i modelli di massa a livello mediatico, aziendale, economico, familiare, ludico e sociale: “Il nuovo Web (quello 2.0; n.d.r.) e la nuova generazione stanno abbattendo tali modelli uno a uno e i risultati delle nostre ricerche lasciano presagire la nascita di una società migliore. Dobbiamo solo dare il via libera ai giovani…Per la prima volta ci troviamo di fronte ad un’unica generazione globale i cui membri imparano insieme agli altri e…cercano di condividere la ricchezza che creano…”.

Questa cessione di testimone non gli impedisce però, da padre partecipativo, di elargire ai Net Gener alcuni consigli. Quanti? Sette ovviamente! Eccoli:

- Andate all’Università o al college perché restano tappe fondamentali anche nel nuovo processo di apprendimento continuo
- Siate pazienti sul luogo di lavoro: al modello gerarchico-burocratico contrapponete, con umiltà, la vostra filosofia collaborativa
- Non acquistate prodotti di aziende sospette
- Ricreate il momento della cena in famiglia dando valore al tempo della relazione familiare
- Non sottovalutate le vostre esperienze ma restate continuamente attenti al contesto e alla sua evoluzione
- Conducete una vita onesta e di valore: lavorate nella e per la comunità
- Non arrendetevi. Mai. Avete a portata di mano un mondo migliore. Afferratelo.

Qualche considerazione finale.
Sì, indubbiamente “Net Generation” è un libro da leggere. Da chi? Un sacco di gente: tutti quelli che “con questi giovani non ci capisco niente”, i manager che ancora s’interrogano sull’introduzione delle piattaforme di condivisione nella Intranet aziendale, i politici che dichiarano (e quasi si vantano; sic!) di “non essere digitali”, i giornalisti analogici che si sentono minacciati dalle nuove forme di “citizen journalism”, i baby boomer che stanno sul confine analogico/digitale, tutti quelli che si fanno (ed esprimono!) un’opinione sui Net Gener senza conoscerne nulla e, infine, tutti quelli che non vogliono essere d’accordo ma con cognizione di causa.

Indubbiamente il merito maggiore del libro è di disegnare i tratti distintivi di una generazione sulla base di un’indagine meticolosa e di una serie di verifiche che rifuggono dai sentito dire. E si basano su elementi e dati acquisiti direttamente e quindi di prima mano anche grazie a metodiche coerenti: community su Facebook, network globali, collaborazione intergenerazionale padre-figli (oltre a Niki, sempre in agguato nelle pagine con le sue esternazioni scandite, anche Alex Tapscott non fa mancare il contributo di un
figlio collaborativo e pronto a dare lustro al Brand di famiglia).
E perdoniamogli pure a papà Don, in nome della sacralità del numero sette, questo ripetuto ricorso (francamente un po’ ossessivo) agli elenchi che sono sempre bloccati su “sette voci sette”, con la sola eccezione delle “norme” che sono otto (ah, la
trasgressione dei pignoli…che tenerezza!).

Certamente Tapscott contestualizza poco la sua visione rispetto alla congiuntura di crisi e all’odierna instabilità di ogni situazione lavorativa nel mondo occidentale. E soprattutto non prende in considerazione che Internet ha offerto modelli di business, talvolta perfino sontuosi come Mark Zucherberger insegna, ma a un numero ancora limitato di giovani; per il resto, sotto quest’aspetto, ha alimentato e alimenta Aspettative. Che nella visione di Don si traducono in Fiducia e Certezza.

Chiudo con alcune osservazioni sugli aspetti editoriali. Del titolo ho già detto. Copertina un po’ anonima, ma che sarebbe stata pulita, come risulta dal frontespizio, se non si fosse inopinatamente introdotta, in testa, una citazione del Ceo di Google che “sbilancia” la pagina (anche nella versione originale inglese per verità; ma una tradizionale “fascetta”, no?). Aggiungo che un maggior sezionamento dell’indice avrebbe giovato alla consultazione randomica e alla rilettura di passaggi significativi. Inoltre, come troppo spesso succede, mancano un indice analitico e un indice dei nomi; assolutamente consigliabili in un saggio di oltre trecento pagine. E dire che con gli strumenti che abbiamo a disposizione oggi, sarebbe operazione davvero semplice. Continuerò a segnalarlo, visto che qualche editore sta dando segni di ravvedimento operoso.

Buona la rilegatura che resiste allo strapazzo di letture, interrotte e riprese, e alle piegature violente..

Net generation.
Come la generazione digitale sta cambiando il mondo

di Don Tapscott
pp. 320
Editore Franco Angeli
Anno 2011

20-2-2011


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