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Come e perchè acquistiamo: lo spiegano le neuroscienze
Il volume “Neuroshopping” di Gianpiero Lugli, edito da Apogeo, guarda letteralmente nella testa del consumatore e spiega le componenti razionali ed emotive che regolano il comportamento d'acquisto.
di
Elisa Scarcella
Neuroshopping. Dopo aver letto questo libro, nessuno sarà più in grado di fare la spesa spensieratamente. Si, perché il volume entra letteralmente nel nostro cervello - includendo galleria di immagini delle aree cerebrali attivate alla vista di determinati prodotti e prezzi - fino a sezionarlo minuziosamente, neurone per neurone (da qui il termine “Neuroshopping”) per spiegarci “come e perché acquistiamo”.
L'approccio è quello delle neuroscienze, le cui recenti scoperte, secondo l'autore Gianpiero Lugli – Preside della Facoltà di Economia dell'Università di Parma e specializzato nell'attività di ricerca sui temi del marketing distributivo e del trade marketing - sarebbero in grado di offrire una nuova prospettiva di analisi e gestione del comportamento di acquisto, contribuendo ad aiutare le imprese a ri-orientare gli strumenti del marketing per sostenere le vendite e fidelizzare la clientela.
Con rigore scientifico, ampia documentazione e sperimentazioni su campioni, l'autore si avventura in un campo ancora poco esplorato e che fa capo alla cosiddetta economia comportamentale, secondo la quale le decisioni d'acquisto scaturiscono dalla combinazione di processi mentali controllati e consapevoli con quelli automatici e inconsapevoli, in un interscambio continuo tra mente cognitiva ed emotiva regolato da meccanismi di interpretazione, cooperazione e competizione.
“Un libero mercato basato su domanda, offerta e nessun attrito sarebbe l'ideale se fossimo veramente razionali, tuttavia, visto che non siamo razionali ma irrazionali, le politiche devono tenere conto di questo fattore”. Il comportamento dei consumatori è quindi solo il punto di arrivo di processi di cui egli non è del tutto consapevole e sui quali influiscono moltissime dinamiche, di vario tipo, fattori economico, psicologico, socio-culturale etc.
Per analizzare questi processi sono state sviluppate metodologie che registrano l'impatto fisico di determinati stimoli e studiano i processi anatomici alla base del comportamento di acquisto attraverso l'attività elettrica del cervello, la conduttanza cutanea, l'eyetracking, il battito cardiaco, la risonanza magnetica funzionale fMRI etc.. Queste indagini si basano su numeriche di soggetti sperimentali molto inferiori a quanto richiesto dalle tradizionali tecniche di ricerca di mercato eppure sono in grado di fornire risultati molto più precisi e affidabili. Questo perché la varianza delle menti è molto contenuta e si basa soprattutto sulle differenze tra uomini e donne e tra i giovani e gli anziani. Un approccio che permette quindi una nuova segmentazione del target, basata sui processi mentali che portano all'acquisto.
Risultati sorprendenti sono stati ottenuti applicando le tecniche di fNMRI – che consente di ottenere immagini tridimensionali del cervello in azione, fotografandone quindi la morfologia ma anche il funzionamento- - per valutare l'efficacia dei messaggi dissuasivi sui pacchetti di sigarette; si è dimostrato che essi non solo non riescono a distogliere dal fumo ma, attivando il “nucleus accumbens” (la componente essenziale del circuito della ricompensa), di fatto incoraggiano i consumatori a fumare. Ed ecco che “le grandi aziende del tabacco sempre più investono nella sponsorizzazione di gare di Formula Uno e nella comunicazione di immagini apparentemente innocenti come l'ovest americano, il sesso, il potere, la velocità, che gli individui trasformano inconsciamente in una rappresentazione positiva del brand”.
La fNMRI è stata utilizzata anche in esperimenti di misura dell'impatto emozionale degli spot, che ha permesso di individuare le aree cerebrali coinvolte da un messaggio pubblicitario, unitamente alla misura dell'eccitazione neuronale, consentendo di valutare ex ante il livello di interesse e il potenziale di ricordo associato all'attivazione delle capacità di memoria.
Le nuove tecniche di monitoraggio dell'attività cerebrale sono particolarmente utili anche per il design del packaging, ad esempio pesando l'importanza dell'estetica rispetto alla funzionalità nel gradimento espresso dal consumatore.
Focalizzando il pricing distributivo sulle componenti cognitive ed emotive del comportamento di acquisto, le imprese commerciali adottano politiche di marketing ispirate dalla conoscenza del funzionamento della mente del consumatore che decide dove, cosa e come acquistare. Infatti le nostre decisioni d'acquisto si basano sempre su una leva, un'àncora che svolge un ruolo di driver nelle diverse alternative.
Questi i principali costrutti neuropsicologici utilizzati nel pricing e descritti dettagliatamente nel libro. Cominciamo con il calssico “digit o 9-ending price”, ossia la proposta di un prodotto ad un prezzo dalla cifra piena o dispari, che invita il consumatore a percepire un livello di convenienza superiore allo scarto del prezzo pieno (euro 1,95 o 2,00) e tiene conto del peso maggiore dato alla cifra di sinistra del prezzo totale. C'è poi la leva della gratuità, con le offerte “paghi 2 e prendi 3” (illudendo che il terzo prodotto sia offerto gratuitamente) oppure le offerte di pagamento rateale “a costo zero” (e qui l'autore parla di “insulto alla mente cognitiva”, visto che si afferma di aver azzerato il tasso di interesse semplicemente evitando di esporlo). Di fronte poi allo sconto l'acquirente valuta non – come sarebbe importante – il prezzo finale in sé ma compara l'offerta al prezzo pieno, spingendo così il venditore ad aumentare ex post quest'ultimo per rendere più appetibile il nuovo prezzo scontato. Si tiene poi conto della propensione a concentrare gli acquisti nel minor numero di shop expedition, non tanto per la necessità razionale di risparmiare tempo, quanto per fattori a-razionali come la propensione a cumulare in un acquisto solo le perdite (di denaro) e ridurre l'emozione negativa associata a più acquisti. Anche le emozioni sociali dell'empatia ed equità possono essere assunte come strumento del marketing di acquisto: basti pensare alla crescente consistenza del numero di consumatori che “votano attraverso il carrello della spesa” ed acquistano prodotti equo-solidali e locali, seguendo la mente emotiva più che quella cognitiva e razionale (sono ben consapevoli infatti di non poter risolvere attraverso l'acquisto di questi prodotti il problema della povertà nel terzo mondo o aumentare la sicurezza alimentare).
La mente emotiva a-razionale guida inoltre il percorso dell'acquirente all'interno del punto vendita, un percorso che l'autore descrive come “una battuta di caccia per procacciare il cibo nei Serengeti”: stiamo attenti ai minimi segnali di cambiamento perché possono nascondere un pericolo (o un'opportunità) e manteniamo il percorso che che ci offre più sicurezza in termini di vie di fuga da un nemico che non siamo in grado di affrontare (cioè da prodotti che non ci servono).
Si è rilevata anche la propensione ad acquistare soprattutto prodotti presentati all'inizio dello scaffale rispetto al senso di percorrenza; essa deriva dalla nostra “impazienza limbica” cioè dal lasciarsi prendere dalle emozioni generate dalla vista di prodotti che si succedono sullo scaffale.
Percorsi e comportamenti ricorrenti all'interno dei punti vendita possono essere utile agli esperti di marketing per comunicare attraverso segnali grafici o visivi in determinati punti dello store.
Sempre tenendo conto delle componenti psicologiche e relazionali del comportamento d'acquisto, si è diffusa la scelta di marketing di creare il working shopper, ossia attribuire al consumatore funzioni prima destinate al personale di vendita (ad es. il peso delle merci, il mobile self scanning, il trasporto di merci ingombranti come i mobili - vedi IKEA- fino a casa).
Riepilogando, con le parole dell'autore: “Quando la corteccia orbito frontale orienta la scelta, la mente emotiva ha già deciso. Le emozioni sono dunque una componente intrinseca del processo decisionale”. E quindi: “Se non fosse per le nostre emozioni, la ragione non esisterebbe”.
4-2-2011
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