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La collaborazione di massa che sta cambiando il modo di fare impresa
Wikinomics 2.0 è il libro di Don Tapscott e Anthony D. Williams sulle forme di business fondate sulla condivisione del sapere reso possibile dalla tecnologia Wiki. Da IBM a Procter&Gamble, fino alle PMI del mondo, una nuova strada per crescere e ritrovare competitività.
di
Enrico Ratto
L’archivio globale creato da internet diventa fonte di vera e propria conoscenza nel momento in cui le informazioni vengono scambiate, commentate e ragionate attraverso i cinque continenti. Questo è il Web 2.0.
E se questa condivisione riesce a trasformarsi da no-profit, in quanto cultura fine a sé stessa, a profit, in quanto valore aggiunto conferito a prodotti attraverso la ricerca, allora anche le imprese si avvicineranno con nuovo spirito al web 2.0.
E’ la Wikinomics analizzata da Don Tapscott, economista nord-americano, e da Anthony D. Williams, professore alla London School of Economics, dall’altra parte del mondo. Gli stessi due autori incarnano la cultura che attraversa il globo e si incontra nella rete per creare qualcosa di tangibile, un progetto a fine di lucro come un libro.
Ma gli esempi di Wikinomics 2.0 non riguardano solo i prodotti culturali come libri, musica, video e grafica. Le realtà che in questi ultimi anni hanno tratto vantaggi e crescita dalla cultura Wiki sono ai più alti livelli: i precursori, infatti, sono le grandi multinazionali americane che hanno saputo cavalcare il fenomeno, Procter & Gamble e IBM in testa. E sarebbe banale dire che si tratta di aziende che per la loro stessa grandezza possono dare spazio più di altre alla ricerca, alla cultura fine a sé stessa, senza certezze sul risultato. IBM è uscita dalla grande crisi dell’ICT in licenza puntando tutto sulla condivisione della conoscenza. In altre parole, aprendo i propri codici, i propri script, le proprietà intellettuali, alla rete per trarne beneficio e nuova propulsione. IBM è diventata così una delle aziende simbolo della Wikinomics, e lo è diventata quando si trovava ad un bivio, non certo in momenti di crescita e surplus.
Per non parlare dei principali beneficiari della cultura condivisa: le piccole e medie imprese. Nel mondo, secondo Tapscott e Williams, esistono milioni di problemi quotidiani, di fronte ai quali aziende che non possono permettersi un centro ricerca e sviluppo ai massimi livelli indietreggiano, ripiegando su soluzioni standard – nel campo dell’informatica spesso sono soluzioni in licenza e con orizzonti temporali limitati – o, a volte, tirando i remi in barca di fronte alla crescita della concorrenza.
Se si mette al centro dello sviluppo di un’impresa la cultura, la spinta propulsiva data dalle idee prima che dalla situazione economica, questa oggi può essere ottenuta a costo zero, semplicemente con la condivisione. “To share” è stato il verbo che ha risollevato le sorti di grandi aziende come IBM, ma anche di piccole e media aziende produttrici e manifatturiere. Sono gli “imprenditori illuminati”, come li definiscono Tapscott e Williams, che hanno eliminato i vincoli sulle informazioni interne, le hanno messe a disposizione della rete e – al contrario del senso comune che vede la conoscenza interna come il bene più prezioso da difendere – ne hanno tratto vantaggio.
Infine c’è il rapporto con il cliente che, da top-down, diventa collaborativo su ogni fronte. Il centro ricerca BMW oggi può far seguire dagli ingegneri di tutto il mondo – potenziali clienti - lo sviluppo informatico della nuova Serie 7 a idrogeno. Non si tratta di “personalizzazione”, come troppo spesso viene confusa la possibilità di coinvolgere il cliente nella scelta del prodotto: la personalizzazione è un concetto top-down leggermente addolcito. Si tratta di sviluppo e ricerca condivisa attraverso script che vengono scambiati, in corso d’opera, nella rete. Ognuno ne segue una parte, e alla fine qualcun altro assembla il risultato.
Il beneficio? Senza dubbio la crescita, sapere che esiste l’eventualità di trovarsi, un giorno, dall’altra parte e di aver necessità di un nuovo script che faccia crescere il fatturato della propria azienda. E’ il do ut des a cui si sono adeguati i grandi gruppi informatici e al quale stanno arrivando anche gli industriali, i finanziari, i farmaceutici. Questa è la Wikinomics. Il successo del verbo “to share” si manifesta quando l’Enciclopedia Britannica viene battuta per la prima volta dal web, ma non soccombe di fronte alla concorrenza su valori come il costo della carta e della stampa, ma su tutto ciò di cui, fino a ieri, deteneva il primato: la cultura. Tra cultura immobile e cultura in movimento, ha vinto la seconda.
E sulla Wikinomics molto ben descritta in questo libro – fondamentale per chi fa impresa oggi – da Tapscott e Williams, sembra sia arrivato adesso il momento di investire.
Vai alla scheda del libro ->
Wikinomics 2.0.
La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo.
di Don Tapscott e Anthony D. Williams
pp. 405
Etas
Anno 2008
ISBN 978-88-453-1488-9
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9-10-2008
Contenuti concessi sotto Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Unported
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