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I nuovi domini web gTLD: opportunità e rischi
L'ICANN ha stabilito la liberalizzazione dei cosiddetti domini personalizzati, ossia quelli in cui compaia per intero, come suffisso, il nome di un’azienda, di un prodotto, o di una città. Quali ricadute vi saranno per le organizzazioni?
di
Cristiano Alliney
Dopo anni di quiete, nei quali, forse, l’unico elemento di significativa novità era stato rappresentato dall’entrata in vigore dei domini continentali “.eu”, poco meno di due mesi fa il Board dell'ICANN, l’organismo che decide sulle procedure di assegnazione degli indirizzi web a livello mondiale, ha stabilito la liberalizzazione dei cosiddetti domini personalizzati, ossia quelli in cui compaia per intero, come suffisso, il nome di un’azienda, di un prodotto, o di una città.
Le imprese quindi potranno concludere l’indirizzo internet dei loro siti con il proprio marchio, o ragione sociale, superando i domini nazionali (.fr; .de; .co.uk; .it) e superando soprattutto l’ormai “generico” .com che, stando appunto per “company”, era diventato poco attraente sui mercati. In pratica una multinazionale come Fiat potrà acquistare un sito con il suffisso ".fiat" o avere un domain name come per esempio "brava.fiat".
La “Grande Riforma", come è stata battezzata, non riguarderà però solo i marchi, ma, più in generale i “domini di categoria”, sarà quindi possibile registrare domini come ".Roma", ".feta", ".vintage", “chianti”.
Nel corso dei prossimi mesi si potrà anche registrare nomi di dominio nella nuova estensione generica (gTLD) .xxx, ossia quella che gli statunitensi chiamano X-rated e che è da sempre dedicata ai soggetti che lavorano nel settore della produzione di contenuti per adulti.
Personalmente sono un po’ scettico sulla portata della “Grande Riforma”: con l’eccezione delle nuove possibilità offerte alle pubbliche amministrazioni, che potranno comunicare molto meglio via internet e fatta salva una (probabilmente opportuna) identificazione/marginalizzazione dei siti a contenuto per adulti, le effettive ricadute per le aziende sembrano relativamente modeste.
Si aprono certamente delle nuove opportunità tramite le quali si potrà dare massimo risalto ad alcuni prodotti di punta (ad esempio mi posso immaginare un sito www.murcielago.lamborghini, o un www.cornetto.algida). Visti inoltre i costi esorbitanti di tali registrazioni (185.000 Euro per sito!) dovrà essere accurata scelta di marketing capire su quali siti operare tali investimenti e, da un certo punto di vista, questo premierà le aziende più strutturate e capaci di leggere i mercati.
Ma credo sia eccessivo il risalto che la stampa (soprattutto non specialistica) ha dato a queste decisioni dell’ICANN che affinano e sublimano le regole del marketing, ma non le stravolgono.
Più interessante, secondo me, è la conseguenza giuridica di questa riforma, dato che ne dovrà conseguire nel tempo un allargamento dei poteri dei panel arbitrali che decidono sulle controversie sui domini Internet.
Senza essere troppo prolissi pare opportuno fare una breve premessa sul punto.
Negli anni che accompagnarono i primi domini internet, nel silenzio delle leggi, ci fu una vera e propria corsa all’acquisto dei nomi di dominio al solo scopo di rivenderli. Al tempo nessuna norma impediva questa prassi e gli obiettivi principali di questa incetta erano fondamentalmente, come oggi, i titolari di marchi rinomati e i personaggi di fama.
Questa digressione mi serve a ricordare, in questi tempi in cui si inaugurano i nomi Gltd .xxx (al sesso appunto dedicati) e i nomi di dominio personalizzati, come sono nate le norme a tutela dei nomi di dominio e quanto sia strategica la scelta e la difesa del nome di dominio aziendale.
Generalmente i procedimenti di cancellazione o di riassegnazione di un marchio si svolgono secondo le regole della cosiddetta “Politica” UDRP (Uniform Domain-name Dispute Resolution Policy). Il limite di tale procedimento è però legato al fatto che l’UDRP è nata, appunto, per fronteggiare Il fenomeno del c.d. "cybersquatting" , o "domain grabbing", inteso quale incetta abusiva di domini internet identici o simili a marchi (o a nomi di persone celebri).
Per ottenere la cancellazione o la riassegnazione devono sussistere contestualmente tutte e tre le condizioni di seguito riportate:
(a) il dominio contestato è identico o confondibile rispetto ad marchio di cui il ricorrente è titolare
(b) chi ha registrato il dominio oggetto di contestazione non ha diritti o interessi legittimi sullo stesso
(c) il nome a dominio oggetto di contestazione è stato registrato ed è usato in mala fede.
La malafede così come esplicitata in questo decennio dalla giurisprudenza si considera come la registrazione ai soli fini della successiva vendita, cessione, licenza sul domain name, o come registrazione ai soli fini di impedire al titolare del marchio la sua registrazione.
Ma queste norme saranno ancora valide per i casi di domini personalizzati e domini, per così dire, “a luci rosse”? Da un certo punto di vista, sì, perché già ora le decisioni arbitrali hanno tutti gli strumenti per sanzionare comportamenti scorretti; di recente, infatti, nel procedimento Le Boin Coin V/ leboincoinducul.fr un sito francese che “strumentalizzava” un marchio per raccogliere visitatori sulle sue pagine pornografiche è stato cancellato.
Ma che dire se una nota star dei film a luci rosse con uno pseudonimo simile a quello di un’azienda si registrasse un sito “.xxx”? Usando le regole UDRP non si potrebbe impedire ad una star delle produzioni del settore hard di usare un sito con il proprio nome, perché molto simile, o addirittura coincidente con quello di un marchio sia pure supernotorio: mancherebbe la mala fede e anche la non sussistenza di diritti o interessi legittimi del proprietario (la cui notorietà è indiscussa e data dagli anni di lavoro sul set).
A fronte di questi potenziali rischi di “tarnishing”, cioè di infangamento del marchio attraverso il domain name, stante la possibilità di rivolgersi ovviamente a un tribunale, rimane l’ipotesi di riformare le norme di risoluzione dei conflitti e di aggiungere alle tre storiche condizioni il rischio di infangamento del marchio (oggi assente).
Situazione diversa, ma che pure richiederà nel tempo un allargamento dei poteri dei panel, è quella dei domini personalizzati. La diversa procedura di assegnazione e i suoi costi molto più alti dei normali costi di registrazione renderanno più difficili i casi di domain grabbing, perché difficilmente un temerario comprerà a 185.000 euro (o 250.000 dollari) un nome di dominio “.apple”, per esempio, per essere poi costretto a cederlo alla casa madre.
Questo da una parte renderà in parte obsoleto l’attuale arsenale di armi a disposizione dei titolari di nomi di dominio; dall’altra però le nuove registrazioni inseriscono nel contesto dei nomi di dominio il rischio di associazione, di cui di solito si discute solo in tribunale. Di Apple e di Coca - cola ce n’è solo una, ma che dire di tante altre aziende che hanno marchi molto simili, o identici?
Si prendano i casi “Swift” e “Marie-Claire”. La Suzuky ha uno storico marchio, “Swift”, ma ce ne sono diversi altri in diversissimi settori merceologici; “Marie-Claire” è uno dei magazine più noti al mondo (gruppo Hearst editoriale), ma è anche il marchio di lingerie de “L’Oreal”. Sarà sempre facile dietro un domain name in cui si presenti “Marie-Claire” distinguere se si tratti della fanzine inglese, o dell’intimo francese? Si tratta di temi evidentemente già presenti nel mercato, ma a cui la grande vetrina virtuale era meno soggetta.
Forse l’aspetto veramente innovativo e il cambiamento più sostanziale non sarà tanto rappresentato dal versante aziendale delle nuove iniziative di marketing, quanto dall’emergere di un consumatore sempre più attento e formato, capace di riconoscere l’origine imprenditoriale dei prodotti e dei servizi a fronte di un’offerta sempre più complessa, multiforme e in parte ingannevole. O almeno questo mi sembra l’aspetto più interessante e sul quale queste due importanti decisioni dell’ICANN avranno un grande impatto.
19-8-2011
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Commenti
Marco
| 27-8-2011 17:51 Interessante e anche io dubito che le ricadute industriali possano essere quelle che alcuni attendono. I domini xxx credo daranno più problemi dei nuovi siti personalizzati, per via dei costi e delle idee associabili al marchio. Sulla maturazione degli utenti sarei meno ottimista, invece
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